domenica 13 agosto 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 30.


48. Lettera a Renato Frosali, segretario di zona del Pci, sulla situazione della Fabbrica (10 agosto 1977)

         Caro Renato,
la recente presa di posizione del Pci di Zona della Valdicecina induce ad una ulteriore, breve, riflessione sulla situazione della Fabbrica e su alcune cose più vaghe che marginalmente la riguardano e ci riguardano.
         Com’è avvenuto e avviene quasi ovunque, la mancata tempestiva soluzione di vecchi problemi origina estenuanti vertenze che, dilungandosi a dismisura nel tempo, non solo riescono a sfilacciare il movimento per la diminuita tensione, ma contribuiscono a determinare posizioni confuse e anche contraddittorie, sulla spinta di visioni settoriali e corporative, che di tanto in tanto intorno ai problemi di fondo si manifestano. Anche tra di noi e nel nostro Partito.
         La “vertenza Larderello” o “vertenza geotermia” è aperta da decenni. E non potrebbe essere altrimenti essendo questo un settore strettamente legato alla evoluzione della tecnica e della ricerca scientifica, nonché ad un diverso intendere la politica economica, specialmente per la parte energetica (decentramento, autonomia nazionale, uso completo delle risorse, ecologia...).
         Ma anche se essa sarà una vertenza infinita, per il periodo a breve e medio termine alcuni obiettivi primari sono stati evidenziati e intorno ad essi si è creato dibattito e si sono costruite alleanze. Gli obiettivi si possono così riassumere:
1 - contribuire all’affermazione di una volontà politica nuova nella Direzione dell’Ente ed in quella specificatamente inerente la geotermia;
2 - intendere la geotermia sempre più un “bene collettivo” da gestire sul territorio, coinvolgendo gli Enti Locali nello sfruttamento completo e diversificato di questa risorsa, attraverso una politica di piano a livello regionale;
3 - sviluppare la ricerca in tutte le direzioni, in una visione di stretta collaborazione internazionale capace di consentire al nostro Paese la esportazione di tecnologie ed impianti;
4 - lo sviluppo e l’unitarietà della ricerca deve essere alla base di uno sviluppo produttivo sia per quanto concerne gli usi tradizionali (elettricità) sia per le nuove forme di utilizzazione (agricoltura-chimica-riscaldamento civile ed industriale);
5 - la ricerca e l’utilizzazione della geotermia deve estendersi a tutto il Paese attraverso collaborazioni ed accordi (Enti,
Cnr, Università) impegnando al massimo e razionalmente tutte le risorse;
6 - lo sviluppo della ricerca, le nuove tecnologie, la diversificazione nello sfruttamento, una precisa programmazione degli investimenti, dovranno consentire un reale sviluppo produttivo del settore geotermico, anche nell’area di Larderello (Larderello, Radicondoli, Amiata);

7 – realizzando una espansione produttiva sarà possibile una ulteriore crescita della occupazione operaia e tecnica in quella visione di giusto equilibrio tra produzione/occupazione che è alla base di ogni corretta gestione aziendale.
         Se gli obiettivi sono stati individuati abbastanza chiaramente altrettanto non si può dire dei metodi, delle forme, dei tempi per realizzarli, ed è in parte da questo tipo di ritardi che poi nascono le contraddizioni e i problemi, i distacchi tra vertice e base, l’apatia dei lavoratori e delle popolazioni delle quali dirò nel seguito.
         Non possiamo nasconderci che esistono ritardi evidenti, di natura politica, risalenti all’Enel in primo luogo, al Governo e, in varia misura, riscontrabili negli Organismi di Ricerca, negli Enti Locali e nelle forze politiche. Ma non possiamo fare a meno di constatare che negli ultimi cinque anni è avvenuto un cambiamento profondo nel modo di pensare la “geotermia”, nel mondo scientifico e in quello politico, e che la discussione aperta su questo tema ha destato un vivo interesse anche tra i non esperti, contribuendo a favorire aggregazioni di forze tese al suo rinnovamento e sviluppo. Ultimo esempio il Convegno Nazionale di Chianciano sul tema “Geotermia e Regioni” svoltosi dal 14 al 16 aprile 1977 nella cittadina termale.
         Io credo che all’apertura di questa problematica nuova e di questo interesse abbia contribuito in maniera determinante la linea delle Organizzazioni sindacali di Larderello e la lotta dei lavoratori elettrici. Ma per il futuro occorrerà fare qualcosa di più, intensificando le lotte, estendendo le alleanze, ponendo obiettivi ravvicinati e verificabili.
         L’Enel-Larderello è una Fabbrica complessa, piena di problemi e di contraddizioni. A piccoli gruppi di lavoratori politicizzati fa riscontro un vasto strato di lavoratori apatici alle questioni generali, disimpegnati e tesi all’appagamento individuale attraverso un carrierismo sfrenato e l’acquisizione degli ancora troppi privilegi che una paternalistica gestione direzionale sapientemente diffonde, per fiaccare tutto il movimento sindacale, creando contrasti e lacerazioni tra gruppi e singoli lavoratori.
         Ci sono organici “impiegatizi”, gonfiati da anni di scelte clientelari e di prestigio, che andrebbero ridimensionati, riqualificando il personale ed inserendolo nei Reparti operativi, e organici di reparti operai sottodimensionati, in una fase di espansione delle attività qual’è quella che viviamo attualmente (perforazioni ed officine).
         C’è la netta sensazione di una organizzazione del lavoro che mortifica la professionalità, che favorisce l’insorgere del lassismo, la ricerca del poco lavoro e del tanto guadagno e che, accompagnandosi a un clima generale di insufficiente tensione ideale, genera quelle note e diffuse posizioni di distacco dalla fabbrica, di disprezzo o sottovalutazione del valore della creatività del lavoro, di fuga nel privato (nel cosiddetto tempo libero e, in generale, nelle sue manifestazioni più deteriori). Il desiderio più evidente è quello di "far festa". Si comincia la giornata pensando al fischio delle cinque, la settimana pensando al venerdì, e non è infrequente sentire giovani operai parlare di "pensione"”
         Se si manifestano in maniera diffusa questi comportamenti è per dei motivi seri, strutturali, esistenti all’interno della Fabbrica, che nascono da limiti, carenze, errori, passati e presenti, compiuti dai sindacati; o insufficienze del Consiglio dei delegati, comportamenti che vengono incessantemente alimentati dalla politica della Direzione. Ma, probabilmente, ci sono motivi esterni alla Fabbrica avvertibili in carenze nell’azione di politicizzazione e di orientamento che riscontriamo sul territorio tra organizzazioni politiche e sociali,  le quali sembrano più interessate al consenso elettorale che non a determinare una più consapevole presa di coscienza sui problemi dei lavoratori e del popolo e sulle iniziative per affrontarli in una visione di trasformazione della società, di unità di classe e di prospettiva rivoluzionaria.
         Tutto contribuisce a creare quella sensazione strana che si prova vivendo a Larderello: cioè, che non succeda mai niente. E nulla è più pericoloso e contagioso di questo immobilismo stagnante, di questo clima soporifero che non si riesce a spezzare e che ci avvelena i giorni e la vita.
         Ognuno di noi può avere un’idea di soluzione, un’idea parziale. Può essere la politica contrattuale egualitaria che affronteremo nell’autunno (all’interno, ma soprattutto all’esterno); l’incentivazione della professionalità operaia e tecnica; l’impegno rinnovato per lo sviluppo produttivo e la limitazione degli sprechi (quindi rapida realizzazione delle 5 nuove centrali elettriche, compresa quella di Radicondoli che deve essere autonoma, modulare, deve avere personale locale da reperire anche con concorsi di assunzione in quella zona, ripristino di quelle esistenti con le trasformazioni e le manutenzioni indispensabili, pluriennali programmi di ricerche e di perforazioni, quest’ultime eseguite con nuove tecnologie per pozzi profondi e deviati e per ricarica artificiale dei bacini produttivi con controllate reiniezioni di acque, ruolo trainante di tutte le officine in fase costruttiva e manutentiva, unitarietà degli apparati predisposti alla geotermia già operanti nell’Enel e sviluppo della collaborazione con l’esterno); la fine del monopolio occupazionale dell’Enel in Valdicecina che tante contraddizioni ha scatenato tra i giovani e sul territorio, e quindi, la diversificazione dello sfruttamento geotermico con nuovi sbocchi per le assunzioni, comprese quelli femminili; una vigorosa ripresa della iniziativa politica, non solo in fabbrica, ma sul territorio, che non miri a fare da supporto alla gestione del potere, ma che sollevi problemi, apra prospettive, maturi e faccia crescere le coscienze nel dibattito e nel confronto con gli altri.

         Questioni complesse, confuse, una ragnatela fittissima nella quale mi sento avviluppato e, spesso, impotente a liberarmene. Anch’io ho aggiunto confusione a confusione, altri dovranno dare risposte più precise, individuare le questioni profonde, i centri nodali su cui intervenire. La mia è una voce molto flebile e incerta che avverte un estremo disagio vivendo in mezzo ai lavoratori e alla gente. Avverte una regressione culturale, morale e politica dentro la Fabbrica, poiché sembra quasi che essa renda peggiori e non migliori gli uomini che vi entrano. Si potrebbe dimostrare con mille esempi quotidiani. Avverte anche che le prese di posizione su questi problemi e su altri che ci riguardano sono spesso dettate da demagogia o da ristretti interessi e ciò, quando viene da un partito come il nostro, mi sembra particolarmente grave, noi, che vogliamo costruire ed inventare il nuovo e che invece, per tanti aspetti, siamo ancora così legati al passato, al vecchio odiato sistema del quale siamo permeati. 

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