domenica 18 dicembre 2016


PROVERBI.


In attesa di avere, per il regalo di Natale, un libro molto interessante: “Proverbi toscani”, di Giancarlo Vannuccini, cioè 7500 esperienze di vita, una raccolta ampliata e trattata con il supporto del computer dalla sua Tesi di laurea, discussa presso l’Università di Siena, relatore Pietro Clemente, AA. 1978/79, opera dalla quale spero di attingere qualche centinaio di proverbi, considerati conosciuti in Toscana, da poter accogliere nella mia pur vasta ricerca partita da oltre mezzo secolo con il solo tema della “licenziosità” , in un ambito territoriale molto ristretto, essendo quello identificato sulle mappe  “Colline Metallifere Toscane”, del quale pubblicai un fascicoletto con 1200 proverbi dal titolo allusivo “Di passere e d’altri uccelli…”, seguito poco dopo da un altro piccolo testo con proverbi sulla pastorizia in Alta Maremma dal titolo “Fiorin di cacio, facciamo finta di chiamare il micio…”. Negli ultimi vent’anni tali mie ricerche e trascrizioni si sono ampliate fino a raggiungere, ad oggi 18 dicembre 2016,  i 7838 proverbi ordinati alfabeticamente, insieme ad aforismi, detti, stornelli, motti ecc. ecc.,  entro i quali il tema della licenziosità mantiene uno spazio considerevole. Lavoro improponibile per una pubblicazione, data la sua mole! Se non attraverso più selezioni tipologiche, per tema, per territorio, per periodo storico. Ma, intanto, mi diverto moltissimo. Non rientrava nel mio scopo eseguire un lavoro scientificamente impostato, ma soltanto appagare l’antico desiderio di mettere nero su bianco una parte di quel patrimonio, della licenziosità, considerato, non a torto, “la scienza dei poveri”, così volgare, tenero e corposo che ci accompagna nella vita quotidiana, quanto più è nascosto nella cultura ufficiale e scolastica, onde salvaguardarne il bagaglio di sapienza, di ironia, e di saggezza che esso racchiude. Apparirà al lettore moderno, anacronistico e superato il preconcetto, se non disprezzo, del maschio verso la femmina, ispiratore della maggior parte dei proverbi da me registrati, frutto di una cultura millenaria non ancora del tutto rinnovatasi, che trasforma la donna in mero oggetto di piacere e di utilità domestica; una creatura inferiore di cui non fidarsi mai; tuttavia non potevo operarne l’oscuramento. Al contrario, la visione in negativo del ruolo femminile consente di apprezzarne il progresso sulla strada della piena emancipazione e parificazione sessuale, quando la tragica fase in cui viviamo, per brevità definita impropriamente del “femminicidio”, che non intendo amplificare in nessun modo,  tantomeno con la stampa di questo lavoro, sarà conclusa. Vi saluto con le parole del “maestro”, l’incantevole Rabelais:
 Lettori amici, voi che m’accostate,liberatevi d’ogni passione,/e, leggendo, non vi scandalizzate:/qui non si trova male né infezione./E’ pur vero che poca perfezione/apprenderete, se non sia per ridere:/altra cosa non può il mio cuore esprimere/vedendo il lutto che da voi promana:/meglio è di risa che di pianti scrivere,/ché rider soprattutto è cosa umana.

Si, ridere è cosa saggia e salutare! come recita un antico proverbio: “Chi ride leva un chiodo alla bara!”, ossia vive più a lungo e meglio di chi non lo faccia. Infine, per segnalazioni di ulteriori aggiunte, anche bibliografiche, sarò contento di riceve e mail all’indirizzo: karl38cg@gmail.com e in anticipo ringrazio chi lo farà.

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