lunedì 7 marzo 2016







Solitudine.


Amo questo piccolo borgo toscano, nonostante tutto. Qui ho i miei ricordi e molti dei miei affetti. Ma, forse per la mia tarda età, forse per i miei occhi che vedono meno, forse per il mio sangue che scorre più veloce soltanto grazie alla cardioaspirina, forse perché molti dei miei amici non ci sono più, e dormono lassù all’Olmone tutti i miei antichi maestri, forse perché ci vorranno due o tre generazioni per far integrare le centinaia di extracomunitari, non dico con noi vecchi, ma anche coi nostri figli e nipoti, avverto pungente il senso della solitudine. Non ho ricette. Percorro le strade semideserte, ricostruendo nella memoria fatti, volti, amori, morti, lotte, balli, riunioni, passioni, che non esistono più. Mentre siamo abbandonati a noi stessi, non ci garantisce una soddisfacente qualità della vita la nostra “presunta” autosufficienza di governo, e per verificarlo basta allontanarsi di qualche centinaio di metri  dal “centro”. 

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