PUBBLICAZIONI DI CARLO
GROPPI
(V)
1998, aprile, esce per le
Edizioni Libreria di Gian Piero Migliorini di Volterra, il volume “FABBRICA AMICA. Sindacato e
lotta politica a Larderello (1944-1956)”, 2° tomo del volume 5
della Cronologia storica della Comunità di Castelnuovo di Val di Cecina (Pisa),
brossura, pp. 368 con 32 ill.ni e una densa appendice contenente: sintesi
cronologia (1943-1963); elenco delle Fonti e Bibliografia; indice dei nomi di
persona, indice delle sigle. Si tratta di uno dei saggi più importanti di Carlo
Groppi. Il sottotitolo recita: “Riflessioni e dati per una storia del movimento
operaio a Larderello: dalla egemonia della sinistra (PCI-PSI-Pd’A) e della
CGIL, al “sorpasso” della CISL nel più grande stabilimento toscano, tra la Piaggio di Pontedera,
l’Ilva e la Magona
di Piombino. Libro che ottenne un ampio consenso è attualmente esaurito.
L’intenzione dell’autore era quella di proseguire la ricerca fino al 1985,
trattando la fase della nazionalizzazione della Larderello SpA nell’ENEL e il
primo ventennio successivo, ricco di aspettative e che man mano si andavano
esaurendo. Alla data odierna l’autore ha completato il volume manoscritto “Passioni,
speranze, illusioni” che copre il periodo 1972 – 1985.
"Il lavoro è poesia quando non è
schiavitù"
(operaio anonimo di Larderello, 1952)
Caro amico lettore, nel momento stesso in cui abbiamo deciso di
mantenere la breve sintesi di questo volume
pensando come spiegare il senso della ricerca a chi, in particolare, non
ha vissuto direttamente le vicende descritte, siamo stati assaliti dallo
sgomento. Qui non ci sono le gesta epiche del medioevo, non ci sono i
vescovi-conti, non ci sono i castelli, le tombe, le torri e le chiese
romaniche; non ci sono le croci e gli stendardi delle antiche confraternite.
Presenze disperse nel passato, ma che ci vengono richiamate alla mente da ruderi, poesie,
racconti o dai moderni mezzi che da esse sono scaturiti; mentre non è difficile
scorgere sullo sfondo della storia gli uomini in carne ed ossa, del resto
lontani da noi soltanto poche generazioni. Tutto è stato perciò più facile,
finora. Ma la "fabbrica amica" come spiegarla? Bisogna averla
vissuta, per capirla, per amarla o per odiarla. Eppure, come appare evidente,
la "fabbrica" ha ancora una grande rilevanza nel territorio dell'Alta
Val di Cecina. Là è tutto cambiato, come ovunque, ma poichè noi vi abbiamo
vissuto il passato prossimo, questo cambiamento non solo è lacerante, ma spesso
incomprensibile. Perché è avvenuto senza di noi. Noi c'eravamo nei tempi
cosiddetti eroici, i tempi della nostra giovinezza:
...si leggevan Maiakovskj e Makarenko,
Pavese e Vittorini,
si sognava di Chaplin, di Visconti,
di Picasso e di Léger,
con il Calvani, Gigi Rossi, il
Pierattini:
Stalin per il Marconi era un Dio,
Nikita un impostore,
Lukacs un cretino, Nagy un traditore
e ci credevo anch'io.
Ora, nei tempi bassi,
s'è spenta ogni magia.
Tutto è ovvio, banale,
già visto alla tivù
- anche tra i compagni, alla sbarra,
non ci si parla più -
ognuno ha una sua pena segreta,
uno schema, per uscire
dal labirinto del sistema,
un'utopia tenace, nutrita
di inesistenti certezze
e il tempo avaro
i ricordi, i sogni, le carezze
cancella nell'amaro vento
che non ha memoria.
I miei pensieri, la mia nostalgia,
incessanti ritornano al passato
al favellar di Coppi e di marxismo,
con Bino, il Mori, Passetto e Carlino
e con Lando d'amori in Lucchesia
e con Lorenzo di bestie da macello
e con Dantino di filosofia
e del sorriso d'Imperia
ch'era bello!
E dolce e amaro insieme
a Larderello, fabbrica amica,
scuola di vita,
scendendo tutti insieme da Giambino
il sol dell'avvenir
parea vicino.
Migliaia di uomini e donne sono cresciuti dentro la fabbrica
scoprendo il valore della solidarietà, soffrendo le sconfitte dell'egoismo, la
paura della discriminazione politica e sindacale, assaporando il dono della
creatività e della bellezza del lavoro. L'onore del lavoro. Sono ancora
vivissimi nella nostra memoria gli operai dell'officina elettromeccanica o
dell'officina saldatura seduti in uno spicchio d'ombra dopo la refezione del
mezzogiorno a discutere tra loro, con gesti e sorrisi di grande dignità e
fierezza, senza palesare noia e frustrazione, nell'attesa del
"fischio" che chiamava alla ripresa del lavoro. Parlavano di
politica, di libri e di film, di belle donne e di sport: a noi quasi bambini
sembravano "maestri", di scienza, ma soprattutto di vita. Parlavano
sovente del loro lavoro, anzi dei loro "capolavori", come se l'avvolgimento di un rotore o la saldatura
di un "gomito", la fresatura di una "paletta", fossero
davvero opere d'arte! E, in realtà, lo erano. Ebbene in questo nostro libro c'è
innanzitutto una dichiarazione d'amore: agli uomini, ma anche alla
"fabbrica". Ai compagni e agli amici, ma anche ai padroni e agli
avversari. E c'è l'ansia di ricordare ai giovani, di trasmettere loro un
patrimonio così importante, ma così delicato, che può rapidamente disperdersi e
annullarsi. Una fabbrica è un monumento, è un museo, è un universo irripetibile
che richiede conoscenza e amore.
Per questi motivi abbiamo deciso di inserire nel piano di
lavoro di un'ampia ricostruzione storica della Comunità di Castelnuovo Val di
Cecina, il presente testo, che traccia una prima approfondita analisi degli
avvenimenti che hanno contrassegnato lo scontro sociale e politico nel
complesso industriale della "Larderello", dalla Liberazione alla metà
degli anni '50, in
particolare attraverso l'esame del comportamento elettorale delle maestranze in
occasione dei rinnovi della Commissione Interna, organismo rappresentativo di
tutte le "fabbriche" boracifere.
L'importanza della "fabbrica" rispetto al territorio
della Comunità e, più in generale, dell'Alta Val di Cecina e delle Colline
Metallifere emerge con evidenza, non solo perché la "fabbrica" ha
costituito e costituisce la principale fonte di occupazione di una vasta zona,
ma perché, allo stesso tempo, essa ha rappresentato, per quasi due secoli, un
elemento fondamentale di cultura che ha contraddistinto il formarsi delle
coscienze, delle attitudini e dei modelli di vita degli abitanti dei paesi e
dei villaggi delle fabbriche del boro e dell'elettricità, fino a renderli assai
diversi rispetto al vasto mondo agricolo e artigianale circostante.
La centralità e l'importanza della "fabbrica"
derivano, in larga parte, dalle dimensioni strutturali del complesso
industriale nella forma organizzativa che si va delineando nel periodo preso in
esame: articolato in uno stabilimento principale (Larderello) che ne è il
cervello, il centro logistico e il centro manutentivo; in sette stabilimenti
satelliti più o meno estesi (Lago, Lagoni Rossi, Monterotondo, Serrazzano,
Sasso, Castelnuovo, Travale), ai quali sono generalmente aggregati i
"villaggi boraciferi" (piccoli complessi residenziali di proprietà
della "Larderello" dove abitano, a condizioni favorevoli, parte delle
maestranze con le loro famiglie); un vastissimo sistema infrastrutturale (fatto
di strade, ponti, circoli ricreativi, chiese e cappelle, cinema, asili
infantili, impianti sportivi, ambulatori medici), per servire gli oltre 1700
dipendenti, i circa 5000 familiari, le centinaia di operai delle ditte e
cooperative appaltatrici e quelli di
imprese addette alla costruzione delle
centrali geotermoelettriche. Tutto ciò ne fa la più rilevante struttura
produttiva della Toscana sud-occidentale, quel territorio che si colloca tra le grandi industrie della
Piaggio di Pontedera a nord, dell'Ilva e della Magona di Piombino ad ovest e
l'apparato minerario della "Montecatini", gravitante intorno a Massa
Marittima, a sud-est; settore, quest'ultimo, recentemente smantellato.
L'arco di tempo da noi analizzato (1944-1956) è quello che vede, non solo sul piano industriale, ma anche su quello sociale, le
maggiori trasformazioni e i più rilevanti cambiamenti strutturali nella storia
dell'industria geotermica dopo la fase pionieristica della
"fondazione" da parte dei Larderel (1818-1827) e, successivamente,
dopo gli anni dell'ascesa al vertice dell'Azienda di Piero Ginori Conti
(1904-1912).
Significativi avvenimenti si erano pure verificati nel biennio
1919-1920, analogamente alle altre aree industrializzate del Regno, in sintonia
con le lotte di un proletariato che pareva dovesse fare in Italia "come la Russia ", instaurare la
dittatura comunista e aprire l'era vagheggiata del socialismo! Sogno dal
quale la classe operaia larderellina sarà
risvegliata bruscamente dal riverbero delle fiamme, dal rumore sordo del
manganello e dalle purghe d'olio di ricino propinate dei gregari del principe
Piero Ginori Conti.
Alle purghe, al fuoco e al manganello si accompagnerà il
terrore provocato dall'ondata di violenza bruta che, oltre alla esecuzione di
clamorosi delitti, porterà in brevissimo tempo alla distruzione di circoli
democratici, cooperative, società di mutuo soccorso, sedi operaie e dell'associazionismo
popolare.
Tuttavia le vicende che si snodano dal 1944 al 1956 evidenziano
caratteristiche tali da farli considerare non solo tra i più importanti, ma
addirittura quelli nei quali si sono compiute scelte irreversibili.
Cade il fascismo, che aveva dominato per circa un quarto di
secolo, alla cui testa si trovano i Ginori e i loro tirapiedi; gli stabilimenti
di Larderello e Castelnuovo sono distrutti dal passaggio del fronte di guerra e
dai guastatori tedeschi in ritirata e il patrimonio industriale complessivo
della "Boracifera" risulta fuori uso per circa il 25 %.
La fase della ricostruzione e della rinascita della vita
democratica è vissuta in modo epico. La classe operaia è animata da una forte
tensione ideale che richiede e fa sopportare immensi sacrifici. Ciò
contribuisce alla rapida ripresa produttiva e all'espansione delle attività
tradizionali, sia chimiche che elettriche. Il Comitato di liberazione nazionale
(Cln), espressione dell'unità raggiunta nella Resistenza tra diverse componenti
politiche e ideologiche, ne è l'attore principale. Le forze di sinistra
(socialisti, comunisti, azionisti) sono ormai maggioranza assoluta, sia nel
territorio che all'interno degli stabilimenti.
Alla frenetica opera di ricostruzione si accompagna la speranza
che il governo del Cln prefiguri non solo la liquidazione della monarchia e del
retaggio fascista, ma l'avvento del socialismo. La Confederazione
generale italiana del lavoro (Cgil) si è rapidamente ricostituita; è unitaria e
dirige con saggezza questo immenso sforzo fino agli anni della rottura
internazionale tra le grandi potenze e all'instaurarsi del clima di
"guerra fredda" che accentuerà ancor di più la spaccatura in blocchi
e sfere di influenza; si spezza allora la Cgil , nasce una pluralità di sindacati; si rompe
l'unità antifascista tra le forze politiche che avevano dato vita ad una delle
Costituzioni più democratiche e socialmente avanzate esistenti nel mondo; si
rafforzano i poteri del capitalismo, che inizia la scalata al dominio assoluto
nelle fabbriche e nella società.
Grandi lotte operaie caratterizzano, anche a Larderello, questo
periodo: lotte economiche, per raggiungere un migliore contratto collettivo di
lavoro e lotte sociali per l'espansione produttiva e l'incremento dell'occupazione.
La Direzione
risponde con l'arma della divisione, del ricatto, dell'intimidazione. Tre
differenti contratti di lavoro vengono applicati alle maestranze; si concedono
agevolazioni ad una parte dei dipendenti; per un'altra parte ci sono rappresaglie,
multe, licenziamenti. Allo stesso tempo la dinamicità del capitale investito
richiede notevoli trasformazioni industriali con l'introduzione di nuove
tecnologie per ottenere l'aumento delle produzioni e la conquista di più ampi
mercati per la vendita dei prodotti chimici.
Portata a compimento nel corso del 1947 la ricostruzione degli
impianti elettrici (138.500 kW installati contro i 135.800 di prima della
guerra) e introdotti miglioramenti tecnologici nel ramo chimico per prodotti
aventi un sempre più alto tenore di purezza, l'attenzione dei vertici aziendali
si indirizza sul problema dell'approvvigionamento di vapore endogeno, sia per
il ripristino del naturale decremento dei campi geotermici, sia per reperirne
una maggiore quantità.
Il "tema minerario" è senz'altro quello ove si
impiegano le maggiori risorse economiche, tecnologiche e scientifiche, ma è
anche quello che registra i più esaltanti successi. Si riconverte il vecchio
parco sonde (di importazione tedesca) con acquisto delle più moderne trivelle
esistenti al mondo (di produzione americana), passando dal sistema diffuso
della "percussione" a quello più veloce della "rotazione con
distruzione di nucleo", ovvero sistema "rotary"; si effettuano
estese indagini geofisiche, avvalendosi di una Compagnia di assoluto valore
mondiale (la
Compagnia Generale di Geofisica con sede a Parigi), che
individuano nuove aree geotermiche
(Valle Secolo) e più profondi serbatoi produttivi; si sperimenta la chiusura di
potenti soffioni; si effettuano perforazioni profonde stratigrafiche; si
perfora in nuove aree geotermiche al di fuori dei bacini tradizionali
(Rapolano, San Filippo); si eseguono perforazioni per conto terzi nei campi
petroliferi emiliani e abruzzesi, rivelando una preparazione professionale delle
maestranze di assoluto livello mondiale. Il 16 luglio 1951 entra in produzione
il "soffionissimo" dei tempi postbellici, il pozzo N. 82, ubicato
nella valle del Secolo, con circa 300 t/h di vapore.
Un gruppo di esperti consulenti, il fior fiore dei ricercatori
universitari italiani, sostiene questa fase di sviluppo, che consente di
proiettare la "Larderello" da un contesto localistico e regionale,
pur di grande importanza, ad azienda di valore mondiale. Allo stesso tempo
"rivoluzionarie" teorie scientifiche (in particolare del francese
Goguel, 1953) mettono finalmente in chiaro l'origine e la formazione dei campi
geotermici, permettendo di affrontarne l'individuazione e la coltivazione in
modo del tutto nuovo e con minor rischio minerario, rispetto al passato.
Anche nel ramo chimico si compiono eccezionali progressi. Non
solo diversificando la produzione dei borati e accentuandone la purezza, ma
avviando impianti pilota per nuove sostanze, quali lo solfo, il solfato
ammonico, il carbonato ammonico. Di fronte all'evidente esaurirsi del titolo di
acido borico nel fluido geotermico si provvede ad assicurarsi un rifornimento
di minerali di boro dalla Turchia a prezzi più che favorevoli. L'antichità e la
sicurezza del nome "Larderello", adeguatamente valorizzato da
intelligenti campagne pubblicitarie, facilitano il collocamento dei prodotti
sui mercati internazionali.
Le centrali geotermoelettriche vengono tutte ricostruite con il
nuovo ciclo di utilizzazione del vapore, cioè passando dal ciclo indiretto a
quello diretto. Le turbine sono azionate dal vapore naturale e sono munite di
condensatori dai quali vengono estratti, mediante compressori centrifughi, i
gas incondensabili contenuti nei fluidi geotermici. Nel corso del 1950 entra in
servizio la centrale "Larderello 3", allora la più moderna e potente
del mondo. Tutta la rete dei vapordotti viene razionalizzata, i diametri delle
tubazioni allargati, i tracciati rettificati, la dispersione termica ridotta.
Si iniziano gli studi sul "lavaggio" del vapore onde eliminare o
ridurre la corrosività, si sperimentano nuove leghe metalliche per la
palettatura dei rotori, si avviano studi sulla modulazione delle pressioni dei
campi geotermici. Infine, con il 1947, riprende l'attività della scuola
aziendale, una scuola che fornirà maestranze di notevole livello professionale
alla "Larderello" fin oltre la metà degli anni '50, maestranze che
daranno un valido sostegno ai vertici aziendali, peraltro caratterizzati dalla
presenza di valenti tecnici.
Al nascere dell'industria boracifera una preoccupazione
costante dei Larderel fu l'acquisizione in proprietà dei terreni dove
storicamente erano presenti le manifestazioni geotermiche naturali, cioè quelli
ove poi sorgeranno gli stabilimenti chimici, le centrali elettriche, i palazzi
dei "ministri" e i villaggi operai. Mano a mano che le ricerche di
vapore si ampliarono la "Larderello" entrò in possesso di una
vastissima area agricola e boschiva nei comuni di Pomarance, Castelnuovo, Massa
Marittima e Montieri, pari a oltre 1800 ettari , avviando interessanti colture e
sperimentazioni, sotto la direzione di tre fattorie che amministravano 52
poderi condotti a mezzadria.
Benché gli investimenti economici della "Larderello"
nell'attività agricola abbiano sempre rappresentato una percentuale complessiva
oscillante intorno ad un millesimo del bilancio, ad essi sarà dedicata molta
attenzione dai massimi organismi aziendali, nel solco di una mentalità
capitalistica ottocentesca di tipo prettamente padronale. Desta infatti un
certo stupore leggere nella "Relazione sull'andamento della società
durante il 1958", riferimenti ai prezzi del grano e del bestiame, del
fieno, del latte e del vino, della produzione in un "orto
sperimentale" e nelle serre geotermiche, trattandosi di cifre assai
esigue. Ma non tanto sul risultato economico si voleva richiamare l'attenzione
degli azionisti, bensì su un lungimirante indirizzo sociale avvertendo che
"in questo comparto si potrebbero assorbire numerose unità
lavorative".
La ricostruzione delle vicende del settore agricolo, per il
taglio che abbiamo dato al nostro lavoro, benché di grande novità e interesse,
non sarà sviluppata. I lavoratori salariati, i mezzadri, i fattori e i pochi
tecnici, seguiranno le sorti complessive della "fabbrica"
partecipando sia alle lotte generali sia a quelle più strettamente legate ai
problemi della mezzadria e subendo, con disdette e licenziamenti, una
repressione ancor più marcata rispetto al ramo industriale, fino alla
nazionalizzazione della "Larderello" e alla cessione del patrimonio
agricolo, ormai in disfacimento, ad Enti pubblici.
A questo progetto industriale di grande rilevanza si
accompagna, nel campo sociale, il concetto di "globalità" che
contraddistingue la visione morale del presidente Aldo Fascetti (28 maggio 1954
- 10 gennaio 1957), nell'intento di creare un villaggio ideale, in un
territorio ideale, ove possa vivere un uomo ideale: "Larderello, nel
Comune di Larderello, il larderellino". E di questo altrettanto immane
sforzo, che ha luci ed ombre, noi cercheremo di cogliere gli aspetti più
significativi. Nel racconto assume una evidenza primaria il ruolo dei
sindacalisti, dei comunisti, dei socialisti, degli amministratori, sia nella
forma corale che in quella individuale. In quest'ultima le figure di Luigi
Calvani e di Aldo Fascetti rivestono un'importanza basilare e noi ne tratteremo
ampiamente.
L'esame dei risultati delle elezioni per il rinnovo dei
componenti la
Commissione Interna ripercorre passo passo questa epopea e
l'accompagna, dalle prime plebiscitarie affermazioni della Cgil unitaria, alla
nascita della Libera Cgil, della Cisl e della Uil, fino al clamoroso ed unico
sorpasso avvenuto nella storia del movimento operaio nella "fabbrica"
di Larderello prima della sua nazionalizzazione nell'Enel: alle elezioni del
1956 la Cisl
elegge cinque rappresentanti contro i quattro della Cgil e in tal modo può
assecondare, per un breve periodo, la politica fascettiana ormai all'apice del
successo.
L'analisi degli errori della Cgil e dei partiti di sinistra si
intreccia con la cronaca delle discriminazioni e delle mortificazioni, con le
bassezze e gli opportunismi: sarà infatti la maggioranza socialcomunista di
Castelnuovo a conferire a Fascetti la cittadinanza onoraria, immediatamente a
ridosso dell'aspro scontro politico che fa seguito al licenziamento del
dirigente comunista Luigi Calvani.
La conclusione della ricerca si affaccia su uno scenario nuovo:
Fascetti, nominato presidente dell'Iri nel gennaio 1957, lascia la presidenza
della "Larderello" morendo prematuramente nel 1960, ad appena 59 anni
di età. Da pochi anni è deceduto anche
il segretario generale della Cgil, Giuseppe Di Vittorio e il sindacato
socialcomunista si interroga profondamente analizzando gli errori commessi e
lanciando nuovi obiettivi alle forze del lavoro.
La salda tenuta delle
posizioni di forza dei comunisti e dei socialisti in pressoché tutte le
amministrazioni comunali dell'area geotermica fa intendere che il disegno di
una restaurazione in senso clerico-moderato, messa in atto dalle forze
padronali e da quelle sindacali e politiche fiancheggiatrici, non è passato e
che tra non molto si apriranno alla zona nuove occasioni di crescita e di
progresso.
E' l'Italia che sta cambiando. Sconfitto il disegno politico
reazionario, si avvia il riavvicinamento tra socialisti e socialdemocratici; si
attuano i primi esperimenti dei governi di centro-sinistra; si realizza la
nazionalizzazione dell'industria elettrica.
Con la fine degli anni '60 comincerà infine il grande movimento
riformatore che porterà nelle fabbriche una nuova linfa di democrazia dal basso
e ricompatterà il mondo sindacale rivalutando la centralità del lavoro e del
lavoratore nella società italiana.
Molti di quegli uomini forti e combattivi che abbiamo
conosciuto nell'attesa dei pullman in Piazza Leopolda e sulle soglie delle
officine prospicienti la strada del Poggione, molti tra coloro che ci hanno
dato i primi ammaestramenti di "classe" aiutandoci a crescere, non ci
sono più. Ed è proprio a loro che oggi vorremmo dire: "... alla fine di un
percorso non sempre facile e lineare, vi portiamo la nostra riconoscenza e il
nostro amore; accettateli con benevolenza, voi che non potevate essere sempre
benevoli, e godete di questo amore che finalmente si palesa senza paura nelle
sue contraddizioni, perché ci siete stati maestri e compagni. E perdonateci
anche voi, figure più indistinte e controverse nella nostra memoria, voi che ci
avete causato umiliazioni e timori, perché avevate una parte di ragione, seppur
perdenti. Quella parte di ragione, che ha impedito su una scala più estesa
l'avvento di una ottusa dittatura o la guerra civile, vi riscatta in parte
dagli errori e vi innalza, insieme agli altri, a ricostruire quel mondo perduto
al quale incessantemente ritorniamo per comprendere il nuovo che tumultuoso
sboccia".
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