Campo ai Bizzi
2015. 14 febbraio 2015, ore 10,30 Teatro del Ciliegio a Monterotondo Marittimo
“Le scuole incontrano la Resistenza ”
Ringrazio gli organizzatori di
questo “incontro”: l’ANPI, il Coordinamento antifascista/antinazista alta
Maremma e Alta Val di Cecina, gli insegnanti e gli studenti, il sindaco di
Monterotondo Marittimo, Giacomo Termine, e Paolo Edoardo Fornaciari, ossia
Pardo, filosofo, ricercatore e cantore della Resistenza, che sono convinto vi
emozionerà con le sue ballate più delle
mie sommesse parole. Sarebbe stato bello
se tra noi ci fosse stato anche il babbo di Pardo, Pierino, detto “Pedro”,
antifascista e comunista, che operò con la XXIII Brigata Garibaldi nel
nostro territorio e, all’avanzare degli Alleati, vi si unì combattendo sul
fronte del fiume Arno ed entrando tra i primi liberatori a Fornacette, Cascina
e Pisa nel settembre 1944. Dopo la sua morte, a testimoniare l’amore che lo univa alla Resistenza, volle che le
sue ceneri fossero disperse sui monti della Carlina, presso il podere
Cetinelle, al Capanno dei Partigiani.
Io ho solo un titolo da esibirvi,
ed è il certificato di nascita: 3 settembre 1938. Ero dunque presente agli
avvenimenti della guerra e della Resistenza, anche se non me ne rendevo conto,
ma a poco a poco ho iniziato a interessarmi e fare ricerche locali: sulla
resistenza, sulla Shoah, sul CLN, sulle biografie di partigiani e partigiane.
Forse spinto dal fatto di essere nato nel fatidico anno, il 1938, l’anno della
promulgazione delle tristemente note Leggi Razziali di Mussolini che portarono
ad Auschwitz oltre settemila ebrei italiani, oltre cinquanta dei quali partendo dal Campo di
Concentramento di Roccatederighi, ubicato a pochi chilometri da Monterotondo
Marittimo.
Ma stamattina sono qui per commemorare,
come facciamo ogni anno, un avvenimento che interessa direttamente il vostro
territorio e cioè la vicenda del 16
febbraio 1944 al podere Campo ai Bizzi,
nei pressi della borgata del Frassine con la morte di cinque partigiani e
l’arresto di numerosi altri, e domani ci recheremo a Campo ai Bizzi per non
perdere la memoria della loro morte e del loro eroismo e il senso dei valori che
animarono i
partigiani maremmani (coloro che, tra i primi in Italia, impugnarono le armi
contro i fascisti e i nazisti già nel settembre 1943, percorrendo su sentieri e
strade campestri l’anello intorno al Frassine dal podere Campo ai Bizzi, a Fonte
Larda e Poggio Rocchino.
Si tratta, in tale vicenda, di
un avvenimento che vide protagonisti soltanto italiani: da una parte i partigiani
della III Brigata Garibaldi, Banda Camicia Rossa, al comando di Mario Chirici e
Alfredo Gallistru, dall’altra i fascisti delle Brigate Nere della RSI, al
comando di ufficiali italiani, in una vasta azione di annientamento delle bande
partigiane che ormai si stavano organizzando in vere e proprie formazioni
militari in molte aree della Maremma. A dirigere tali operazione di repressione
c’erano il Capo della Provincia di Grosseto, Alceo Ercolani, il capitano De
Anna, insieme a Barberini e Maestrini, rispettivamente comandante e
vicecomandante della 98^ Legione della GNR e dal capitano Giovanni Nardulli,
coadiuvati da un centinaio di “camicie nere” quasi tutte della provincia
grossetana, ma alcune provenienti da quelle di Siena e di Pisa ed anche dall’Alta
Val di Cecina, come ebbe a scrivere del suo diario un impiegato della Larderello SpA di tendenze
antifasciste: “…16 FEBBRAIO: AL FRASSINE SI E' SVOLTO UNO SCONTRO FRA RENITENTI
ALLA CHIAMATA DI GRAZIANI CHE SI TROVANO ALLA MACCHIA E MILITI DELLE BRIGATE
NERE. CI SONO STATI MORTI E FERITI. CIRCOLANO VOCI CHE I CADAVERI DEI PARTIGIANI
SIANO STATI SEVIZIATI, E CHE P. E B. ED ALTRI CONOSCENTI SIANO TRA GLI
ESECUTORI”.
E sarà proprio per questo fatto
di sangue e crudeltà e per l’uccisione di 11 partigiani a Istia d’Ombrone e 14
partigiani a Scalvaia, più altri in Maremma,
che il Segretario Generale del Partito Fascista Repubblicano, Alessandro
Pavolini, invierà un cinico messaggio ad Ercolani, nel quale plaude “…con
ammirazione ai legionari fascisti che, in nome della patria e dell’idea, si
battono per conseguire l’epurazione degli elementi avversari alla gloriosa
marcia per la grandezza dell’Italia fascista repubblicana” (pensate che quando
si scrivono queste incredibili ed assurde parole la sconfitta del nazifascismo in Europa e nel
mondo, è ormai irreversibile!)
Intorno al Frassine, nelle
colline che gli fanno corona, su una delle quali era il podere Campo ai Bizzi,
si erano installate da poco le squadre del maggiore Chirici con 65 di
partigiani. Campo ai Bizzi, nel Comune di Monterotondo Marittimo, era il podere
dove una apposita squadra di 6 partigiani cuoceva il pane. Esso fu
completamente circondato dai fascisti, armati fino ai denti, che aprirono il
fuoco contro porte e finestre, alla cieca, utilizzando anche un mortaio. I
partigiani, sorpresi nel sonno, risposero al fuoco, fino a che non finirono le
munizioni. Allora uscirono sull’aia, con le mani alzate, ma anziché essere
fatti prigionieri, come avrebbero voluto le leggi di guerra, furono tutti
uccisi, salvo uno, Canzio Leoncini di Massa Marittima, che gettandosi nella macchia fu soltanto
ferito. Dopo morti i loro corpi furono straziati a colpi di pugnale e
abbandonati sul terreno. Tra i morti c’era un volterrano, Silvano Benedici e
con lui erano Pio Fidanzi e Otello Gattoli di Massa Marittima, Salvatore
Mancuso di Catania e Remo Meoni di Montale (PT). Il podere fu dato alle fiamme
e nella stalla bruciò vivo anche l’amato cavallo dei partigiani: Sauro. Nell’operazione di rastrellamento, che
comprese anche il podere Uccelliera, furono fatti prigionieri 16 partigiani e 2
mezzadri che, condotti a Massa Marittima furono esibiti alla popolazione come
“trofei di caccia”, insultati e picchiati, e da Massa a Grosseto e
successivamente al carcere delle Murate di Firenze.
Alla
fine della guerra furono avviati i primi ed unici processi contro i criminali
nazifascisti, uno per gli eccidi compiuti in Maremma e nella provincia
grossetana e l’altro per quello contro i minatori di Niccioleta. Alceo Ercolani
fu indicato come il maggiore responsabile delle stragi e nella sentenza presso la Corte d’Assise di Grosseto
pronunciata il 18 febbraio 1946, furono emesse
condanne esemplari: De Anna, Maestrini, Pucini, Ciabatti, Gori: alla
pena di morte per fucilazione; Ercolani e Scotti: 30 anni di reclusione.
Giovanni Nardulli, un efferato criminale fascista, catturato ad Asti era stato
condannato a morte e fucilato nel settembre 1945. La Corte di Cassazione, alla
quale fu appellata la sentenza, annullò le condanne e riaprì una nuova fase
processuale (nel mutato clima politico che si era instaurato in Italia coi
governi democristiani appoggiati dalla destra neofascista), fino a giungere,
nel 1954, alla cancellazione di molte pene e rinviando il giudizio
definitivo ad una nuova istruttoria presso la Corte di
Perugia. Di fatto le pene furono tutte ridotte e annullate e gli imputati
rimessi in libertà. Come saprete, molte di queste carte sono state per decenni
occultate nei cosiddetti “armadi della vergogna” e soltanto da poco i medesimi
sono stati aperti portando ai processi per
i nazisti della strage di Sant’Anna di Stazzema, processi ininfluenti
sul piano effettivo delle pene, data la morte di quasi tutti gli imputati, ma
di grande valore morale perché, come è noto, i crimini commessi contro
l’umanità non cadono mai in prescrizione! L’unico fucilato, come ho detto, fu
Giovanni Nardulli, il comandante della GNR di Massa Marittima, al quale
risultano addebitati molti delitti perpetrati nel territorio maremmano, compreso
quello di cui fu sicuramente il mandante, contro Norma Parenti, vostra
concittadina, essendo nata a Monterotondo. Risulta che Alceo Ercolani rientrò
prestissimo al suo paese natale in provincia di Viterbo dove si godette la
pensione della Repubblica Italiana tra l’amicizia e la stima della popolazione.
A seguito dei fatti di Campo ai
Bizzi, la Brigata
di Mario Chirici, si divise in alcuni gruppi partigiani, uno dei quali,
comandato da un massetano, Elvezio Cerboni, capitan Mario, si spostò nei boschi
di Berignone tra Volterra e Pomarance,
mentre un altro, alla guida di Velio Menchini, si portò nell’area senese, da
dove proveniva. Per profondi contrasti ideologici e strategici, anche un gruppo
di partigiani comunisti e azionisti lasciò la Brigata del Chirici, e si
installò sui monti della Carlina al comando di Bargagna e di Stoppa dando vita
alla XXIII Brigata Garibaldi, mentre altre bande, tra le quali la “Camicia
Bianca” comandata da Renato Piccioli, si sposteranno tra Massa Marittima e
Suvereto, ed altre ancora tra Suvereto e la costa livornese. Tuttavia nuove
forze arrivarono ad ingrossare la formazione di Mario Chirici fino a
trasformarla in una vera e propria brigata, la
III Brigata Garibaldi, Banda Camicia
Rossa”.
La complessa storia di questi
avvenimenti, delle azioni militari, spostamenti, sconfitte, errori e anche le
drammatiche frizioni ideologiche all’interno delle Brigate Partigiane, è adesso
impossibile esaminare e presenta ancora, per gli studiosi, molti lati lacunosi
nonostante l’immensa mole di documenti e pubblicazioni, tra i quali il noto
“Diario partigiano” di Mauro Tanzini, le memorie di Chirici, Sorresina e
Tartagli, nonché la presenza in Toscana di importanti Archivi Storici della
Resistenza e della Liberazione.
E
così, per merito dei suoi 1302 partigiani, dei suoi 1.568 patrioti, dei suoi
166 caduti per la causa della Liberazione, dei suoi 155 caduti in
combattimento, dei suoi 4 dispersi, del suo altissimo e imprecisato numero di
feriti, imprigionati e torturati, dai
nazifascisti, la provincia di Grosseto ha l’orgoglio di essere stata la prima
in Italia a venir liberata dalle formazioni organizzate della Resistenza. Credo
che avremo in quest’anno l’occasione di celebrare il 70° della Liberzione
d’Italia dal nazifascismo rievocando la famosa battaglia Monterotondo del 10
giugno 1944 e l’eroica morte dei partigiani: Alfredo Gallistru (Ruinas, SS),
Mario Casalini, (Piombino, LI), Mario Cheli (Monterotondo Marittimo, GR), Gino
Borsari (San Felice sul Tanaro, MO), Ercole Ferrari (Sassuolo, MO).
Gli alleati, quando arrivarono
nell’estate 1944, trovarono quasi ovunque l’ordine, trovarono i governi locali
funzionanti con alla guida gli uomini del CLN, e fu facile per il Governatore
Alleato insediare il Sindaco e la
Giunta , espressione democratica di tutti i partiti
antifascisti.
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