sabato 27 febbraio 2016





Qualcosa sul mio nonno Dario.

Del mio nonno paterno, Dario, non ricordo praticamente nulla. In questo preciso momento (ore 17.16 del 27/02/2016) compio uno sforzo eccezionale cercando di andare indietro il più possibile, tentando un improbabile percorso cronologico, non sostenuto da documento alcuno. Fino all’età di cinque anni Dario e sua moglie, Enélide, abitavano in una casa del Borgo diversa da quella dei miei genitori, e perciò io e mia sorella, di tre anni più piccola,  non abbiamo avuto modo di frequentarli. Nell’estate del 1943 (non avevo ancora compiuto i cinque anni) i miei genitori si separarono legalmente, e così, essendo noi bambini troppo piccoli, mia madre ci portò dai suoi genitori che abitavano in un podere molto lontano dal paese. Non si deve dimenticare che in quegli anni l’Italia era in guerra (avevo uno zio materno a combattere sul fronte orientale, e di lui non abbiamo più saputo nulla, né se sia morto o, magari, vivo), e inoltre, proprio dal settembre 1943 alla Liberazione (29 giugno 1944), il nostro territorio delle Colline Metallifere Toscane era attraversato dal “fronte” di combattimento. Era perciò impensabile allontanarsi dal quel podere, così remoto. Fu soltanto nella primavera del 1946 che riuscii a fuggire per andare a cercare mio padre e i nonni paterni che adesso abitavano insieme a lui. Nonno Dario era in pensione credo dal 1944, avendo lavorato alla Società Boracifera di Larderello, per diversi decenni, più un intermezzo di emigrante nelle miniere di carbone della Pennsylvania nei primi anni del ‘900. Ma, oltre ad essere un buon operaio alle caldaie del sal borace, e un tenace lavoratore, aveva anche appreso il mestiere di calzolaio, con una buona fama nel paese e nelle campagne vicine. Certo, la sua vera fama, era affidata alla musica, nella quale eccelleva come clarinettista. Infatti la pensione era misera e nonostante che i suoi due figli lavorassero ed avessero famiglie indipendenti, da sola non sarebbe stata sufficiente per vivere, seppur modestamente in una casetta in affitto. Tutto questo per giustificare, in parte, la sua non presenza nei miei primi ricordi, dato che soleva recarsi anche in poderi molto lontani dal paese, e rimanerci per più giorni. In quella casa, tra la primavera del 1946 e la sua morte nel luglio 1948, io dormivo col babbo e lui e la nonna avevano un’altra stanza nella parte opposta alla nostra. Diciamo pure che i momenti dello stare insieme devono essere stati esigui. Quel poco che so’ di lui si deve a qualche accenno del babbo, ai racconti della nonna, a qualche commento dei padri dei miei piccoli compagni di scuola e delle mie cugine, nonché a rarissime fotografie, soprattutto quelle  del Corpo Filarmonico Principe di Piemonte, nel quale era primo clarino. Dunque sapevo di lui: che era miope, tanto che per leggere gli spartiti musicali si era fatto fare una apposita “prolunga” da applicare allo strumento, ma per lo più suonava tutte le sinfonie allora diffuse in Italia, “a mente”; sapevo anche che era di carattere “burbero” e riservato, e forse di lui rammento che qualche volta  mi abbia minacciato, per aver commesso una monelleria, di “farmi provare il pedale”, cioè la correggia di cuoio che gli serviva per fare il filo ai trincetti per tagliare il cuoio o la vacchetta, sempre appesa ad un lato del piccolo banchetto quadrato di lavoro! Ma ritengo che non l’abbia amai usato sulle mie gambe nude! Questo banchetto, che si era costruito da solo, aveva il pregio di potersi chiudere su se tesso in modo da poter essere facilmente trasportato, a mo’ di zaino, nelle sue peregrinazioni nelle campagne. Qualcuno m’ha raccontato che era un buon mangiatore, quando capitava l’occasione! Naturalmente, quando andava “a opre” presso una famiglia di mezzadri, e ci rimaneva tutto il giorno, la massaia si faceva in quattro per preparargli qualcosa da mangiare. Un giorno questa mezzadra ebbe a chiedergli: “Dario cosa volete mangiare oggi a desina, due uova, due salsicce e pane…” al che Dario rispose pronto “Si, si, due uova e due salsicce!” Della sua vita di emigrante ho saputo che era insieme a molti altri compaesani  (in quegli anni a cavallo del ‘900 si calcola che circa 400 giovani castelnuovini siano emigrati nelle miniere di carbone della Pennsylvania, nel distretto di Pittysburg) e che facesse parte di una band di musica leggera che si spostava nei vari villaggi per suonare alle feste da ballo, e che durante uno di questi spostamenti il treno fosse assalito dai banditi, contro i quali, dai finestrini, i musicanti puntarono quartini e clarinetti, a mo’ di schioppi, mettendoli in fuga. Ma forse questa è solo una vanteria. Rientrato dall’America senza un dollaro, perché rapinato alla vigilia della partenza dai gangester della “Mano nera” (tutti italiani!) che li narcotizzarono nelle camerette dove dormivano l’ultima notte prima di salpare da New York! Fu soltanto grazie alla colletta dei compagni lavoratori che ebbero qualche soldo per affrontare il rientro. Tuttavia, giunto a casa, trovò subito il lavoro alla Boracifera e poco dopo sposò la nonna, allora brava cantante e bellissima ragazza. Si erano conosciuti durante la messa in scena delle operette, lui vi suonava e Enélida cantava! Nel 1906 nacque il loro primo figlio maschio, forse un po’ troppo prematuro per il loro matrimonio, ma di questo simpatico scandaletto, anche la nonna è sempre stata reticente. Nel 1915 nacque il secondo figlio, mio padre, Renzo. Tutti e due i figli assomigliarono hai loro genitori e sono stati eccellenti musicisti, come anche una mia cugina, Jolanda, mentre gli altri nipoti hanno dirazzato! Nonno Dario era figlio di Natale e Rosa Donati, famiglia poverissima. Natale faceva il portalettere ausiliario tra il capoluogo e una sperduta frazione, prima di entrare con il Conte de Larderel alla fabbrica dell’acido borico di Larderello. Ebbero diversi figli ed io ricordo di aver sentito parlare di Maria, Zeffiro (emigrati a Grosseto e Siena) e di Stanislao (frate alla Scala Santa di Piazza Santa Maria Maggiore di Roma), ma forse ce ne furono altri, come ad esempio un Luigi ed una Ottavina…di loro (a parte mio zio Zeffiro che ho conosciuto di persona e gli ho voluto molto bene) ho perduto ogni traccia. Questa famiglia del clan “Groppi” di Castelnuovo, era di idee socialiste, così avevo sentito dire in casa, ma non avevo alcuna certezza. Molti altri, invece, furono anarchici, ed anch’essi emigranti e un Groppi Luigi fu segretario del Partito Comunista dopo il Congresso di Livorno. Il mio babbo, cresciuto sotto il fascismo, non aveva idee precise, sarà arrivato al rango di “avanguardista”, poco più, ma non risulta negli elenchi degli iscritti al PNF né, tantomeno, alla RSI. Anche lui entrato all’età di 12 anni a lavorare sotto la Società Boracifera di Larderello, comandata dal Principe Piero Ginori Conti, lo deve alla sua abilità musicale, e come si nota in una fotografia del famoso “Bandone” di Larderello della fine degli anni ’20, egli è accanto a suo padre Dario, proprio in prima fila! Oggi si direbbe che Dario e Renzo fossero “bigi”, cioè né neri, né bianchi né tantomeno rossi, durante il fascismo e che “stessero al loro posto, senza noiare né esser noiati”. Dopo la Liberazione, nel 1945, mio padre si iscrisse al PCI e in casa cominciò ad arrivare la stampa comunista, sulla quale anch’io posi le prime fondamenta: l’Unità, Il Calendario del Popolo, le opere di Gramsci, Togliatti, Marx, Stalin e Lenin! Poi vennero Il Pioniere, Vie Nuove, Rinascita, Critica Marxista, Il Contemporaneo…ma allora ero già cresciuto. La nonna Enélida è vissuta fino a 90 anni, al 1974. Ha sempre votato per il “suo Dario” diceva, cioè per il PCI!  Però pregava sempre per lui, anche se non l’ho mai vista entrare in chiesa, e per i suoi genitori che mai dimenticava: suo padre Salvadore Benucci e sua madre Angiolina Cascinelli. Era una vecchia laboriosa e simpaticissima, avrebbe fatto qualsiasi cosa per far felici i suoi uomini “Renzo e Carlo” e  qualche volta, guardando verso il cielo mormorava ”Dario, aspettami, per ora non vengo perché sto bene quaggiù, ho la stufa, la lavatrice, la televisione e il caldo in casa…e due nipotine!” Ma insomma, nonno Dario che pesce sarà stato? Mistero. Colpo di scena: ritrovamento di due documenti che ci dicono che Dario era stato iscritto al Partito Socialista prima del 1926, che non era mai stato iscritto al Fascio, che aveva collaborato con la Resistenza e che alla Liberazione aveva fatto nuova domanda per rientrare nel Partito Socialista Itliano! Grande nonno! Grazie per la tua coerenza. Penso che saremmo potuti diventare amici io e te, tu non fossi morto così presto, e non si sa bene nemmeno di che cosa, per le idee, la dolcezza della musica ed anche per le uova e le salsicce!

   

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