Pesante come una piuma,
di Laura Paggini.
Un “racconto”, nel quale la
finzione letteraria cresce sulla realtà storica; avvincente, dedicato dall’autrice
a Gigliola Finzi, nata il 19 febbraio 1944 nel Campo d’Internamento per ebrei
allestito a Roccatederighi, nella sede del Seminario Vescovile della Diocesi di
Grosseto, trasferita a Fossoli il 18 aprile, deportata con i suoi genitori ad
Auschwitz nell’agosto 1944 insieme ad un’altra cinquantina di ebrei, dei quali
nessuno si salvò dalle camere a gas. Gigliola ebbe una sorte migliore: fu
uccisa immediatamente all’arrivo del treno. In quello stesso treno, provenienti
da Roccatederighi c’erano altri bambini: Regina Ascarelli di 3 anni, Franca ed
Enzo Cava di 13 ed 8, Hans e Walter
Turteltaub di 11 ed 8, Edith Singer di 12 anni. Racconto minimale nella grande tragedia della Shoah, ma per noi
Toscani e abitanti a poche decine di chilometri da Roccatederighi, carico di
dolorosa memoria. Sono grato a Laura per avermi “ringraziato per i documenti
che le ho fornito, frutto di tanti anni di ricerche e di studio…” Il libro è
uscito nel 2014 ed ha ottenuto un
notevole successo, grazie all’instancabile passione con la quale Laura lo ha
presentato in decine di incontri, seminari, lezioni, nelle scuole e nelle
Istituzioni. Il libro, al costo di 12 €,
credo si possa reperire ancora presso l’autrice (Livorno) oppure su ebook,
oppure presso www.youcanprint.it
La mia personale scoperta di
questo piccolo “lager toscano” (tanto più anomalo dai grandi campi di stermino
europei, anche perché realizzato in un fabbricato e terreno di proprietà della
Diocesi Vescovile di Grosseto), risale alla seconda metà degli anni ’90, grazie
ad un fortuito incontro con una partigiana, Lina Tozzi, una mezzadra, che in
quel tempo abitava in un podere nei pressi del borgo di Gerfalco (Montieri,
Grosseto), la quale era venuta a conoscenza dell’esistenza di questo “Campo di
Internamento a Roccatederighi”, dal quale distava poco meno di venti chilometri.
Da questo incontro con Lina (che racconto nel volume “La piccola banda di
Ariano”, edito nel 2003) prende le mosse la mia ricerca, anch’essa condensata in
un capitolo del libro citato e successivamente in un opuscolo nel 2005.
Negli ultimi anni la conoscenza
di questa triste storia, per molti aspetti assai singolare (il Seminario, il
Vescovo, le protezioni e liberazioni di alcuni detenuti, la selezione operata
nei due trasporti: primi gli ebrei stranieri; secondi quelli italiani, cercando
di lasciare al di fuori quelli grossetani, quest’ultima operazione non riuscita
perché la neonata Gigliola Finzi fu registrata all’Anagrafe del Comune di
Roccastrada (Grosseto) e quindi era una cittadina “grossetana”), ha prodotto
spettacoli teatrali, un film-documentario di Vera Paggi, e molti altri scritti
e testimonianze.
Finalmente ha dato anche luogo ad
una “riconciliazione” tra la Chiesa Cattolica e la Comunità Ebraica Italiana,
con l’erezione di un monumento condiviso
ubicato subito al di fuori dell’ingresso dell’ex Seminario di
Roccatederighi, oggi trasformato in una struttura sanitaria. Il giorno della
inaugurazione del monumento c’ero anch’io tra
i molti presenti, e le tante autorità civili e religiose. Da Roma erano
arrivate le più alte cariche della Comunità Ebraica. Certo nessuno,
praticamente, mi conosceva ed io stesso
non lo desideravo. Però avvenne un fatto imprevisto: mi trovavo
vicinissimo ad un gruppetto di belle signore, molto eleganti, e, mio malgrado,
ero costretto a udire la loro conversazione che verteva sulla vicenda che si
andava commemorando. Tra loro c’erano anche le mogli del Rabbino di Roma e di
altre personalità. Ad un certo punto sentii dire: “ma com’è possibile che noi
non sapessimo nulla di questa tragedia?” le rispose un’altra del gruppo: “nemmeno
io, e nemmeno mio marito sapevamo qualcosa fino a pochi anni fa, quando ci fu inviato un volume dalla Toscana, da Pitigliano, nel quale si raccontava la vicenda” “ma questo volume chi l’ha scritto?” “l’ha
scritto un certo Carlo Groppi, non lo conosco, ma vorrei tanto ringraziarlo per
quello che ha fatto!” A questo punto vinsi il la mia timidezza ed entrando nel
gruppo le dissi” Care signore, sono molto contento di dirvi che quel certo
signor Carlo Groppi, sono io!” Non mancarono lo stupore, l’affetto, e qualche
lacrima…Successivamente sono stato in contatto con una di loro, con grande
soddisfazione morale.
Negli ultimi 50 anni o avuto un intenso
rapporto di amicizia con alcuni ebrei di Plzen (CZ), fuggiti in Inghilterra e
arruolatesi nella Brigata di Combattimento Cecoslovaccca, le cui famiglie furono praticamente sterminate, prima passando per Terezin e poi finite
nelle camere a gas di Auschwitz. Sono
depositario di molte memorie trasmessemi da Rudolf e Edmund. Ho raccolto,
infine, un’ampia documentazione grazie a: Ariel Paggi, Elie Lattes, Eugenia Servi, Carla
Servi, Cesare Nunes, Luciana Rocchi, Marisa Bemporad, Vera Paggi, Elena Servi,
e molte altre persone. Ho tenute alcune
conferenze, pubblicato articoli, compiuto pellegrinaggi nei principali Lager d’Europa,
Musei, Sinagoghe, Casa di Anna Frank, approdando infine allo Yad Vashem di
Gerusalemme.
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