giovedì 28 novembre 2013


Copertura parziale del complesso sacro-termale di Sasso Pisano (sec. III a.C. - IV d.C.).

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (VI)

Prendendo atto della situazione e delle funzioni religiose ormai saldamente esercitate dalla chiesa di San Bartolomeo Apostolo (eretta sulla sommità del castello del Sasso prima del X secolo), ove era già stato traslato il fonte battesimale (una rozza scultura d’origine longobarda, se non etrusca), con atto vescovile 9 marzo 1440 fu sancita formalmente l’unione definitiva tra la Pieve di Commessano e la chiesa di S. Bartolomeo, chiesa che acquisì perciò il titolo di Pieve ottenendone tutti i suoi privilegi12. Credo che sarebbe molto importante poter eseguire un saggio stratigrafico a Commessano, prima che i pochi resti visibili delle fondamenta della Pieve siano cancellati per sempre, per valutare le possibilità di aprire un vero e proprio scavo archeologico per riportare alla luce l’insigne monumento.

Al Sasso, la vita civile registra aspre lotte con i comunelli vicini per il confinamento del territorio e lotte interne dei lambardi o freiherren (piccoli fittavoli d’origine longobarda ascesi ad un più alto gradino sociale), per l'affrancazione dal potere ecclesiastico e da quello del comune di Volterra. Le epidemie di peste del Trecento e del Seicento ne falcidiarono l'esigua popolazione che tuttavia riprese a salire nei secoli successivi, fino a far diventare il Sasso uno dei più popolosi borghi delle Comunità alle quali fu sottoposto: Pomarance (fino al 1870) e successivamente Castelnuovo di Val di Cecina. Al censimento catastale del 1427 gli abitanti del Sasso ammontavano a 118 unità. Le allumiere del Sasso, distrutte dagli aragonesi nel 1447, furono al centro di una gravissima crisi politico-militare nel 1472, crisi che dette vita a quella che è comunemente conosciuta come la guerra delle allumiere, che fu combattuta dai soldati mercenari di Lorenzo dei Medici contro il comune di Volterra. I volterrani furono sconfitti, le allumiere distrutte e la città di Volterra conobbe il saccomanno, un brutale saccheggio che ancora oggi rimane indelebile nella memoria di quella città e segna lo spartiacque tra lo sviluppo dei secoli precedenti e la decadenza dei successivi. Con la conquista del territorio volterrano anche il Sasso, unitamente agli altri castelli di Leccia, Lustignano e Serrazzano, ebbe i propri statuti che ne regolarono la vita interna, statuti che per essere così tardi probabilmente conservarono ben poco degli antichi, ricalcando invece le norme in uso nel dominio fiorentino. Il Castello si andò spopolando e nel 1603 i nuclei familiari, o fuochi, assommarono soltanto ad ottantasei, mentre nel 1622 le anime raggiunsero a fatica le trecento unità, con circa duecento a comunione. Nel 1689, una ricca ereditiera del luogo, Lucrezia Callai, vedova Nocenti, incrementò il culto verso la Madonna facendo costruire una chiesa poco fuori il Castello, con casa per il cappellano e due stanze adibite ad ospizio per i poveri. Tra i beni della chiesa vi erano molti castagneti da frutto ed il ricavato dalla vendita del legname e delle castagne contribuiva a formare le doti alle ragazze povere in procinto di prendere marito, castagneti ubicati sul versante Sud del Sasso che ancora oggi son conosciuti come i castagni delle Doti. La devozione mariana al Sasso è testimoniata dalla presenza dell’antica Compagnia dell’Annunziata (in data 14 gennaio 1430 donna Giovanna fu Matteo Gherini chiede d’esser sepolta in chiesa all’altare di S. Giovanni Battista e S. Michele da lei di nuovo edificato, e lascia un cero da soldi 30 alla Societati seu Altari Annuntiate Virginis Marie sito in dicta ecclesia S. Bartholomei de castro Saxi) e, al suo decadere, dalla nascita d’altre compagnie mariane tra le quali quelle di Maria SS. del Soccorso, del Rosario e del Carmine, che mantenevano il culto ai relativi altari.
                                                                                  (continua)



12 S. BIANCHI, Le pievi della diocesi medievale di Volterra comprese nella zona delle Colline Metallifere, dalla foce del Cecina alle alte valli dell’Elsa e della Merse, Tesi di Laurea, rel. Prof. P. Pierotti, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, a.a. 1996-1997, pp. 152-161; DIOCESI DI VOLTERRA, Annuario della diocesi di Volterra, 1980, Firenze, Il Cenacolo Arti Grafiche, 1981, pp. 91-92; C. GROPPI, Dare qualcosa in cambio di niente. Storie di congreghe, compagnie e confraternite di Misericordia, Volterra, Migliorini, 1997, pp. 71-79; S. MORI, Pievi della diocesi volterrana antica, in : «Rassegna Volterrana», a. LXVII, 1991, p. 53; F. SCHNEIDER, Regestum Volaterranum, Roma, 1907, doc. 203, p. 72; doc. 209, p. 73.

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