giovedì 28 novembre 2013

Abside chiesa di Giovanni Michelucci a Sasso Pisano.


Le fumarole di Sasso Pisano

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (V)

San Bartolomeo, San Guglielmo e San Rocco sono legati tra loro dall’elemento pelle: il primo fu spellato vivo, il secondo fu un taumaturgo ed il terzo, colpito dalla peste, ebbe la pelle rigenerata. Suggerisce Claudia Vallini:

“…la rigenerazione della pelle potrebbe richiamare anche gli effetti curativi delle acque termali che ripristinavano la salute del corpo, però!…San Bartolomeo che si porta appresso la pelle, è anche simbolo dell’homo novus, cioè di colui che, attraverso l’acqua del battesimo, inizia una nuova vita e, di conseguenza, è simbolo della continua conversione che dovrebbe caratterizzare la vita del cristiano”.

San Bartolomeo e San Guglielmo sono inoltre invocati a protezione del mal caduco e delle malattie nervose, oscuramente ricollegabili, nell’immaginario collettivo popolare, all’azione del maligno. Non estraneo a tale tematica (il mito del drago e del serpente, ossia la raffigurazione simbolica del Diavolo), è l’uso antichissimo nelle aree geografiche ove più forte s’è conservata la memoria di S. Guglielmo, dell’agrimonia eupatoria Linn”, ossia l’erba di San Guglielmo, considerata un efficace contravveleno nel morso dei serpenti e, quindi, un potente antidoto contro l’influenza delle creature infernali!

Infine, nel 1487, avvenne al Sasso, nella selva lecciatina, il vasto bosco che ricopriva il versante del fiume Cornia dalle sorgenti fino alla Leccia, una delle innumerevoli apparizioni della Madonna, mai censite nella cronologia degli eventi soprannaturali mariani11. La Madonna apparve ad una ragazzetta di nome Antonina e scatenò una fervida devozione popolare, difficilmente controllabile dalla Chiesa. Si aprì di fronte al vescovo di Volterra un vero e proprio processo con l'audizione dei protagonisti, Matteo, il prete del Sasso, un pittore, maestro Benedetto, fiorentino (che per voto voleva dipingere il quadro dell'apparizione), e molti altri testimoni. Un secolo dopo la devozione popolare fu indirizzata verso un santuario costruito nei pressi della borgata della Leccia, ove fu collocato il dipinto di un celebre pittore locale, Matteo di Pierantonio Godi, dipinto che si conserva ancora oggi nella chiesa parrocchiale di quel luogo. Il processo per l’accertamento del carattere miracoloso dell’apparizione della Madonna ad Antonina, nonostante il mezzo millennio di tempo trascorso, non ha ancora avuto l'esito finale.

 Il Sasso, eccettuati brevi periodi in cui la Badia di San Pietro di Monteverdi, il comune e il vescovo di Massa n’ebbero i diritti, fu sempre conteso tra il vescovo ed il Comune di Volterra che a turno vi mantennero il potere, in modo da assicurarsi, soprattutto, la riscossione dei dazi relativi alle escavazioni minerarie dello zolfo, del vetriolo e dell’allume. La vita religiosa dipendeva invece dalla Pieve di S. Giovanni Battista di Commessano, matrice dell’Alta Val di Cornia, ubicata sulla pendice di Lungaiano, poco lontano dalle sorgenti del fiume. Ricordata ufficialmente in due Bolle di protezione che il papa Alessandro III inviò al vescovo di Volterra, Ugo, nel 1171 e nel 1179, la Pieve andò in rovina nel corso del XIV secolo ed alla visita pastorale del 4 giugno 1326 l’intero complesso è descritto in condizioni d’irreversibile disfacimento e abbandono.
                                                                                  (continua)



11 F. PORRETTI, Volterra segreta, Roma, Newton e C., 1995, pp. 122-128; ARCHIVIO VESCOVILE DI VOLTERRA, Atti civili della Curia di Volterra, reg. 92, atti straordinari, rogato Lisci, carta 130; R. PINOTTI, C. MALANGA, B.V.M. Beata Vergine Maria. Le manifestazioni mariane in una nuova luce, Milano, Mondadori, 1995, p. 246 e sgg.; A. PALESATI, N. LEPRI, Matteo da Leccia. Manierista toscano dall’Europa al Perù. La vita e le opere, Peccioli, Ass. Turistica “Pro Pomarance”, 1999, pp. 20-30, 201-210; C. GROPPI, Sopra le tombe vecchie è passato l’aratro. La Comunità di Castelnuovo dall’inizio del XIV secolo alla morte di Michele Marullo (1500), Peccioli, Il Chiassino, pp. 183-184, 217-218. 

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