Le fumarole di Sasso Pisano
Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di
“santità (V)
San Bartolomeo, San Guglielmo e San Rocco sono legati tra loro
dall’elemento pelle: il primo fu
spellato vivo, il secondo fu un taumaturgo ed il terzo, colpito dalla peste,
ebbe la pelle rigenerata. Suggerisce Claudia Vallini:
“…la rigenerazione della pelle potrebbe richiamare
anche gli effetti curativi delle acque termali che ripristinavano la salute del
corpo, però!…San Bartolomeo che si porta appresso la pelle, è anche simbolo
dell’homo novus, cioè di colui che, attraverso l’acqua del battesimo, inizia
una nuova vita e, di conseguenza, è simbolo della continua conversione che
dovrebbe caratterizzare la vita del cristiano”.
San Bartolomeo e San Guglielmo sono inoltre invocati a protezione del mal
caduco e delle malattie nervose, oscuramente ricollegabili, nell’immaginario
collettivo popolare, all’azione del maligno.
Non
estraneo a tale tematica (il mito del drago e del serpente, ossia la
raffigurazione simbolica del Diavolo), è l’uso antichissimo nelle aree
geografiche ove più forte s’è conservata la memoria di S. Guglielmo, dell’agrimonia eupatoria Linn”, ossia l’erba di San Guglielmo, considerata un
efficace contravveleno nel morso dei serpenti e, quindi, un potente antidoto
contro l’influenza delle creature infernali!
Infine, nel 1487, avvenne al Sasso, nella selva lecciatina, il vasto bosco che ricopriva il versante del
fiume Cornia dalle sorgenti fino alla Leccia, una delle innumerevoli
apparizioni della Madonna, mai censite nella cronologia degli eventi
soprannaturali mariani11. La Madonna apparve ad una
ragazzetta di nome Antonina e scatenò una fervida devozione popolare,
difficilmente controllabile dalla Chiesa. Si aprì di fronte al vescovo di
Volterra un vero e proprio processo con l'audizione dei protagonisti, Matteo,
il prete del Sasso, un pittore, maestro Benedetto, fiorentino (che per voto
voleva dipingere il quadro dell'apparizione), e molti altri testimoni. Un
secolo dopo la devozione popolare fu indirizzata verso un santuario costruito
nei pressi della borgata della Leccia, ove fu collocato il dipinto di un
celebre pittore locale, Matteo di Pierantonio Godi, dipinto che si conserva
ancora oggi nella chiesa parrocchiale di quel luogo. Il processo per
l’accertamento del carattere miracoloso dell’apparizione della Madonna ad
Antonina, nonostante il mezzo millennio di tempo trascorso, non ha ancora avuto
l'esito finale.
Il Sasso, eccettuati brevi periodi
in cui la Badia
di San Pietro di Monteverdi, il comune e il vescovo di Massa n’ebbero i
diritti, fu sempre conteso tra il vescovo ed il Comune di Volterra che a turno
vi mantennero il potere, in modo da assicurarsi, soprattutto, la riscossione
dei dazi relativi alle escavazioni minerarie dello zolfo, del vetriolo e
dell’allume. La vita religiosa dipendeva invece dalla Pieve di S. Giovanni
Battista di Commessano, matrice dell’Alta Val di Cornia, ubicata sulla pendice
di Lungaiano, poco lontano dalle sorgenti del fiume. Ricordata ufficialmente in
due Bolle di protezione che il papa Alessandro III inviò al vescovo di
Volterra, Ugo, nel 1171 e nel 1179, la
Pieve andò in rovina nel corso del XIV secolo ed alla visita
pastorale del 4 giugno 1326 l’intero complesso è descritto in condizioni
d’irreversibile disfacimento e abbandono.
(continua)
11
F. PORRETTI, Volterra segreta, Roma,
Newton e C., 1995, pp. 122-128; ARCHIVIO VESCOVILE DI VOLTERRA, Atti civili della Curia di Volterra, reg.
92, atti straordinari, rogato Lisci, carta 130; R. PINOTTI, C. MALANGA, B.V.M. Beata Vergine Maria. Le
manifestazioni mariane in una nuova luce, Milano, Mondadori, 1995, p. 246 e
sgg.; A. PALESATI, N. LEPRI, Matteo da
Leccia. Manierista toscano dall’Europa al Perù. La vita e le opere,
Peccioli, Ass. Turistica “Pro Pomarance”, 1999, pp. 20-30, 201-210; C. GROPPI, Sopra le tombe vecchie è passato l’aratro. La Comunità di Castelnuovo
dall’inizio del XIV secolo alla morte di Michele Marullo (1500), Peccioli,
Il Chiassino, pp. 183-184, 217-218.
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