giovedì 19 settembre 2013

(Larderello, anni '40).

Geotermia, un frammento di stelle lontane (V).

trascorsi antirivoluzionari), furono concessi, nel 1818, ad una Ditta sorta da poco a Livorno dai ricchi commercianti francesi signori Chemin e Prat[1].

 Francesco Larderel.

            I due cugini, Larderel e Lamotte, pur facendo parte della Ditta livornese, "compariranno ufficialmente solo nel 1824, quando, scaduto il primo contratto di affitto, si procederà al suo rinnovo"[2]. La natura politica della concessione fu resa evidente dalla visita che il Granduca di Toscana, imperatore Ferdinando III, compì ai "lagoni di Montecerboli" il 6 maggio 1818 insieme ai nuovi affittuari, dando l'avallo formale alla posa della prima pietra di uno stabilimento, il futuro "Larderello", che verrà fondato due giorni dopo[3].
            La Ditta "Vedova Chemin, Prat, Lamotte e Larderel", attraverso una rapida azione di stipula di contratti di affitto e acquisto dei terreni "lagonicci", soprattutto nel periodo 1818-1827, costruì altre fabbriche a Serrazzano e Lustignano (1819), Monterotondo (1824), Castelnuovo e Lago (1827), Sasso (1832), arrivando a produrre una tal quantità di acido borico da saturare il mercato europeo[4]. Una congiuntura economica sfavorevole costrinse all'introduzione veloce di moderne tecnologie, tra le quali la principale, nel 1827, risulta la sostituzione della legna da ardere utilizzata per la concentrazione delle acque boriche, con il vapore geotermico stesso, derivato dal famoso "lagone coperto", "rendendo straordinariamente lucrosa l'industria dell'acido borico" toscana[5].
            Il periodo 1818-1827 è fondamentale nella storia dell'industria borica italiana e Francesco Larderel, riuscendo ad utilizzare a proprio vantaggio le idee e le esperienze di Hoefer, Mascagni, Ciaschi, Guerrazzi, Baglioni ed altri pionieri, si avvia a divenire un potente monopolista iniziando al contempo l'ascesa sociale della sua famiglia che durerà, attraverso quattro generazioni, per circa un secolo[6].
            Francesco Larderel era nato a Vienne, nel Delfinato (Francia), il 17 novembre 1789 in una agiata famiglia (il padre, Abele Filiberto, era un Magistrato, il nonno, Giacomo Pietro, Ufficiale della Guardia Nazionale), che aveva subito rovesci dalla Rivoluzione. Emigrato a Livorno insieme a molti connazionali, viveva di modesti commerci. Moderato in politica, zelante cattolico, paternalista ed ambizioso, senza scrupoli negli affari (la sua "litigiosità" legale lo trascinerà per tutta la vita nelle aule dei tribunali e negli studi degli avvocati), seppe afferrare al volo l'opportunità dello sfruttamento dei "lagoni toscani”, con i proventi dei quali riuscirà a costruire una notevole fortuna economica, ottenere il titolo nobiliare di "Conte di Montecerboli", dare infine il proprio nome al villaggio operaio sorto sulle antiche manifestazioni geotermiche, tra il castelluccio di Montecerboli e Bagno a Morbo (le Aquae Volaterranae) e che dal 4 maggio 1846 si chiamerà Larderello, vera e propria reincarnazione di un feudo medievale[7]. Al culmine della sua fortuna Francesco de Larderel afferma in una celebre memoria che il suo successo è riconducibile al lavoro indefesso, al dinamismo, all'organizzazione, alla convinzione di essere sempre nel giusto con la consapevolezza di operare per il bene sociale. Capitalista geniale e ambizioso, seppe "umanizzare" la sua ricchezza profondendo denaro in filantropia e mecenatismo artistico, fino a lasciare alla città di Livorno una ricchissima collezione d'opere d'arte[8].
            Con il 1827 termina la "preistoria" dei soffioni boraciferi e inizia la "storia" vera e propria, storia ampiamente illustrata in una estesa memorialistica che ripercorre passo passo le innovazioni tecnologiche, le scoperte scientifiche, la commercializzazione di una sempre più vasta gamma di prodotti chimici e i miglioramenti sociali introdotti a vantaggio delle maestranze impiegate nei vari stabilimenti. Alla concentrazione delle acque boriche, che fino al 1827 avveniva in serie di 14 o 26 vasche di ferro (caldaie) riscaldate dal fuoco a legna, e nelle quali l'acqua borica giungeva, con tubazioni in legno o muratura, da lagoni "naturali" soprastanti, si sostituisce il riscaldamento a mezzo dello stesso vapore dei soffioni opportunamente convogliato dai "lagoni coperti", cioè da lagoni artificiali costruiti sulla manifestazione geotermica  (che hanno così la doppia funzione di produrre acqua borica ed energia termica). Infine, dopo anni di ricerche e sperimentazioni, nel 1842, viene adottato il sistema più razionale ed economico delle caldaie a "gradinata" o a "diaframmi" (dette dal suo ideatore, Adriano de Larderel,  "caldaie adriane"),  con vasta superficie di evaporazione, sempre riscaldate dal vapore secco dei soffioni captato dai "lagoni coperti". A tali innovazioni tecnologiche si accompagna l'uso sistematico (a partire dall'anno 1832) della perforazione del suolo per creare soffioni artificiali e fori artesiani (riprendendo e sviluppando tecniche già sperimentate dal professor Giuseppe Gazzeri "Firenze, 1771 - 1847 e dall'ingegnere Vincenzo Manteri, Livorno 1806 - Firenze, 1858, che possono essere considerati i veri e propri precursori delle trivellazioni geotermiche su scala mondiale), che porterà al graduale abbandono dei costosi "lagoni coperti" e all'utilizzazione diretta del vapore dai pozzi perforati alle caldaie. In tale contesto è di grande rilievo la nascita a Larderello (1854) di un Laboratorio chimico-fisico fornito dei più moderni apparecchi e strumentazioni[9].

 La fortuna dell'acido borico.
  
            A Francesco (morto a Firenze il 15 giugno 1858), succede, quale capo dell'industria, il figlio Federico (Livorno, 1815 - 1876) che migliorò la purezza dell'acido borico innalzandone il titolo e introducendo l'uso generalizzato di "pressatori" e "pompatori" per estrarre una maggiore quantità di acque boriche dal sottosuolo. Alla morte di Federico gli subentra il figlio Florestano (Livorno, 1848 - 1925), in una situazione congiunturale molto negativa per la concorrenza dei minerali di boro americani prodotti dai grandi giacimenti scoperti nel 1881 a Death Valley (la "Valle della Morte"), in California, e per i progressi industriali compiuti dalla concorrenza straniera nella produzione del borace e per l'ottenimento dell'acido borico puro[10].

                                                                                                        (continua)

[1] E. GASPERI, cit., p. 17; C. GROPPI, Francois Larderel, genio del capitale. La Comunità di Castelnuovo dalla fine del XVIII secolo al crollo del Granducato di Toscana (1859), mns. inedito.
[2] E. GASPERI, Paternalismo padronale, cit., pp. 17-18.
[3] R. NASINI, I soffioni e i lagoni della Toscana, cit., p. 115.
[4]  ibidem, p. 116.
[5]  ibidem, pp. 121-122.
[6] E. GASPERI, Paternalismo padronale, cit., pp. 17-18.
[7] G. FANFANI, Larderello, dall'alchimia alla chimica, in "La Comunità di Pomarance", nn. 1-4, a. 1994; R. ABBONDANZA, Come nacque il nome Larderello, in "Rassegna Larderello", cit., a. IV, n. 7-9, 1957.
[8] L. FRATTARELLI FISCHER; M. T. LAZZARINI, (a cura) Palazzo de Larderel a Livorno, La rappresentazione di un'ascesa sociale nella Toscana dell'Ottocento, Electa, Milano, 1992, pp. 9-70.
[9] R. NASINI, I soffioni e i lagoni della Toscana, cit., pp. 133-134; G. GINORI CONTI, La perforazione a Larderello e il "Soffionissimo", Tip. Cencetti, Firenze, 1931; G. GAZZERI, "Proposta di perforazioni artesiane per attivare i soffioni boraciferi", in "Giornale del Commercio, Arti e Manifatture", dec. II, Firenze, a. I, n. 31, 1838; id., "Induzione, ora verificata, della possibilità di ottenere nuovi soffioni di acido borico per mezzo della trivellazione del terreno", memoria letta all'adunanza ordinaria degli Accademici dei Georgofili il 3 gennaio 1840 e pubblicata negli Atti, vol. XIX, Acc. Georg. Firenze, 1841, p. 41; A. PAYEN, Acide borique des soffioni de la Toscane, in "Ann. de Ch. et Phys.", 3^ serie, vol. I, Paris, 1841; E. REPETTI, Sui fori artesiani boraciferi eseguiti dal prof. Manteri, in "Giorn. del Comm. Arti e Man.", n. 16, Firenze, 1841; G. MENEGHINI, Relazione sulla produzione dell'acido borico dei conti de Larderel, Tip. Nistri, Pisa, 1867.
[10] R. NASINI, I soffioni e i lagoni della Toscana, cit., p. 145; D. LENZI, P.L. PELLEGRINI, L'industria borica in Toscana e in California, (L'epoca dei pionieri), cit., pp. 1-15; ENEL, DPT, DRPE, L'energia geotermica in Toscana e nel Lazio settentrionale, cit., p. 4.

Nessun commento:

Posta un commento