La centrale geotermoelettrica di Castelnuovo V.C. (Pi) come la vedo dalla mia finestra.
Geotermia, un frammento di stelle lontane (IX).
responsabilità, rassegnano le
dimissioni. Pochi giorni dopo, il 31 maggio, il Vice presidente, Giovanni
Ginori Conti, prenderà atto della nuova situazione assumendo il potere forte
della rappresentanza di 1.404.320 azioni del milione e mezzo che costituiscono
l'intero capitale sociale[1].
Da
un comunicato della Direzione del personale del 1 settembre 1944, a firma del
Dr. Carlo Mannozzi, risulta che fin dal giorno 14 giugno 1944 fu completamente
sospeso il lavoro nelle Fabbriche chimiche e in tutti gli altri impianti e che
l'attività riprese, dopo l'arrivo degli Alleati, a partire dal 1 agosto 1944.
In questa data l'organico risulta costituito da 1144 unità, tra operai ed
impiegati, inquadrati contrattualmente nell'Accordo interconfederale 13 giugno
1941 per i lavoratori chimici. Direttore Tecnico è l'ingegnere Lanfredo Musi
(figlio dell'operaio boracifero di Sasso, Alfredo, ucciso dai fascisti per
poter incolpare un dirigente comunista), laureato a pieni voti al Politecnico
di Torino e di idee democratiche. Appoggia la sua nomina (oltre all'ing. Enea
Virgili della Direzione Aziendale ed al Maggiore Clive Robertson, responsabile
del Governo Militare Alleato per il sud della Toscana), la Commissione Interna
di fabbrica, appena ricostituita[2].
Un
grande fervore operoso contrassegna nell'Italia liberata la ripresa delle
attività produttive ed anche a Larderello e in tutti gli stabilimenti boraciferi
la ricostruzione procede alacremente. La piccola turbina a vapore da 230 kW, utilizzata
nella scuola aziendale che la “Larderello” aveva creato nel 1925, recuperata
dalle macerie e revisionata, produce le prime kWh di energia elettrica; gli
zoppicanti automezzi salvati dalla razzia tedesca sono rimessi in efficienza;
si aprono gli ombrelli per riparare dalla pioggia gli operai che lavorano al
tornio sotto le capriate dei capannoni scoperchiati; si costruiscono
rudimentali sagome in legno per le forme dei pezzi da eseguire nella fonderia
di Follonica; si tolgono tonnellate e tonnellate di macerie per far riprendere
l'attività nello Stabilimento. I contatti con la sede di Firenze sono
interrotti, la paga è incerta, chilometri e chilometri vengono percorsi sotto
la pioggia o la calura, di notte e di giorno, a piedi o in bicicletta, per
andare e tornare da Larderello e dalle
altre Fabbriche, nei paesi di residenza, talvolta ubicati a decine di
chilometri di distanza. Con questo spirito e con un "cottimo" dai ritmi pazzeschi, tra l'agosto e il dicembre 1944
sono riattivati tre gruppi generatori di elettricità a Larderello per
complessive 695 kW; nel marzo 1945 viene riattivato un gruppo da 11.000 kW a
Castelnuovo e alla fine del 1945 riprenderà la fornitura per l'alimentazione
delle reti delle FF.SS. Parallelamente si procede alla ricostruzione delle
officine e degli impianti chimici che saranno completamente riattivati alla
fine del 1947, allorché anche l'attività di perforazione sarà ripresa
pienamente. Il 30 aprile 1948 le kW installate sono 138.500 contro le 135.800
del 1943 e da quest'anno il potenziale energetico continuerà a crescere[3].
Il personale occupato, che dalle dieci-quindici unità ingaggiate nel 1818 da
Francesco Larderel tra i parsimoniosi montanari dell'Appennino parmense, era
salito fino al massimo delle millesettecentosettantuno unità dell'anno 1938,
per poi diminuire, alla fine della guerra, a novecentoquaranta unità, ritornerà
a crescere assestandosi (tra il 1947 e il 1953) intorno ai millecinquecento
dipendenti, suddivisi tra operai ed impiegati[4].
Le
notevoli quantità di vapore rinvenute nell'area geotermica di Travale nel 1949,
in una zona notevolmente distante da Larderello, portano alla costruzione di
una piccola centrale con un gruppo turbo-alternatore a vapore diretto a scarico
libero da 3.500 kW. Il ritrovamento sembra aprire la strada a "impensati ulteriori sviluppi"[5],
ma per una serie di fattori negativi dovremo attendere (7 gennaio 1972)
l’esplosione del pozzo "Travale 22"
(considerato il più potente mai perforato nel mondo), per la definitiva e
importante valorizzazione dell'area geotermica di Travale-Radicondoli[6].
Nel
1950, a seguito di considerevoli ritrovamenti di vapore in un campo geotermico
ad ovest di Larderello (Valle Secolo), entra in servizio la Centrale Larderello
3, dotata di quattro gruppi unificati da 25.000 kW e due da 9.000 kW, che ne
fanno l'impianto più moderno e potente del mondo. E' una Centrale che "prevede l'adduzione diretta in turbina del
vapore naturale, con impianto di condensazione corredato di compressori del
tipo centrifugo, per estrarre i gas incondensabili contenuti nel fluido
endogeno"[7].
Il vapore viene
utilizzato ad una pressione di esercizio di 4,75 atmosfere e temperatura di
185°C; con tale sistema di utilizzazione il consumo di vapore per kWh risulta
notevolmente ridotto rispetto ai tipi di utilizzazione precedenti e cioè, con
turbine ad adduzione diretta e scarico all'atmosfera e con turbine ad adduzione
indiretta, alimentate da trasformatori di vapore[8].
Il kWh prodotto nella nuova Centrale ha pertanto un costo assai più vantaggioso
per l'economia aziendale.
A
giugno dell'anno successivo, nelle sei Centrali geotermoelettriche i gruppi
installati saranno ventitrè per una potenza complessiva di 258.500 kW, cioè di
gran lunga superiore a quella prebellica[9].
L'elemento
più caratterizzante l'intera Regione Boracifera sono stati e rimangono (benché
adesso sostituiti da altri a "tiraggio
forzato" e di dimensioni ridotte), i "refrigeranti" a forma iperbolica ideati dall'ingegnere Van
Iderson, in cemento armato, con diametro alla base di cinquantadue metri ed
altezza di settanta metri dal fondo della vasca. Ciascuno di essi può
raffreddare 12.000 mc. di acqua all'ora da 41° a 31°C (con temperatura ambiente
di 25°C ed un'umidità del 60%), corrispondenti al pieno carico di una turbina
principale. Essi suppliscono la totale mancanza in loco di acqua fluente da
utilizzare nei condensatori ed agiscono, praticamente, a ciclo chiuso[10],
salvo il naturale esubero della condensa del vapore che un tempo veniva immessa
liberamente nei torrenti e adesso reiniettata in profondità all’interno dei
"serbatoi geotermici", in
un progetto di alimentazione artificiale dei medesimi.
(continua)
[1] C.
GROPPI, Fabbrica
amica, cit., pp. 19-20; E. ZANNERINI, Il
massacro della Niccioleta, in memoria dei minatori fucilati dai nazi-fascisti,
Niccioleta-Castelnuovo di Val di Cecina, 13-14 giugno 1944, Grosseto, 1945;
LARDERELLO S.A., Bilancio al 31 dicembre
1944, Tip. Cencetti, Firenze, 1945, p. 10.
[2] C. GROPPI, Fabbrica
amica, cit., p. 20.
[3] ibidem,
p. 20.
[5] ibidem,
pp. 25-26.
[6] A.
MAZZONI, I soffioni boraciferi toscani, cit., p. 142.
[7] AA.VV., Travale
22, per una completa utilizzazione delle risorse geotermiche,
CGIL-CISL-UIL, Ed. Nencini, Poggibonsi, 1979, p. 40; AA. VV., Energie Alternative: La geotermia, Coop.
Centro Documentazione, Pistoia, 1978, p. 18.
[8] A. MAZZONI,
I soffioni boraciferi toscani, cit., p. 119.
[9] ibidem, p.
120.
[10] ibidem,
p. 108.
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