(anno 1945, in basso dell'immagine si nota la recinzione dell'area dove furono uccisi i 77 minatori di Niccioleta dalle SS itaòo-tedesche il 14 giugno 1944).
Geotermia, un frammento di stelle lontane (VII).
La "rivoluzione"
dell'elettricità.
A
partire dal 1906, grazie a un dispositivo semplicissimo ideato dall'ingegnere
Plinio Bringhenti e brevettato dal Ginori Conti, il vapore endogeno naturale fu
applicato su larga scala per azionare i motori degli impianti di perforazione e
in pochi anni Larderello fu illuminato a luce elettrica, mentre le piallatrici
e seghe per la fabbrica delle botti, i nuovi mulini agitatori, i filtri-pressa
e tanti altri macchinari vennero mossi dall'energia dei soffioni, o
direttamente o trasformata in energia elettrica. La prima vera e propria "centrale geotermoelettrica" di
Larderello entrò in marcia nel 1913: essa era costituita da un alternatore Ganz
da 250 kW, trifase, a 50 periodi e 4500 V, accoppiato a una turbina Tosi-Parson
da 350 HP a bassa pressione (0,25 atmosfere) con condensatore a superficie,
alimentata da vapor d'acqua puro fornito da quattro evaporatori
Prache&Bouillon i cui fasci di tubi evaporatori erano investiti dal vapore
dei soffioni che fungeva, dunque, come mezzo di riscaldamento[1].
Ma ben di poco si discostava la visione della landa desolata dei "lagoni" dal tempo di Lorenzo il
Magnifico e proprio un altro grande scrittore, Gabriele D'Annunzio, nel 1910,
ne accentuerà gli aspetti "infernali"
facendo assomigliare Larderello ad un immenso girone dantesco ove "le genti fangose doloravano" e
dando definitivamente alla valle del torrente Possera, tra Montecerboli e
l'area dei lagoni, il nome di "Valle
del Diavolo"[2].
Conclusasi
nel febbraio 1912 la fase di unificazione delle tre più importanti Ditte Boracifere
ancora esistenti (Fossi a Castelnuovo dal
1875; Durval a Lago e Monterotondo dal 1847; Larderello a Larderello e in altre
sette fabbriche. A questa data restano formalmente indipendenti la Società
Anonyme Générale de Borax di Bruxelles con sede a Castelnuovo e la
"Società Travalese" degli eredi del fu Luigi Coppi e Toscanelli,
quest'ultima assorbita intorno al 1920) nella "Società Boracifera
Larderello", il brillante avvio della centrale elettrica, indusse a
commissionare alla Ditta Franco Tosi di Legnano tre altri gruppi, ma di potenza
quasi decupla (2750 kW ciascuno) le cui turbine a reazione a doppio flusso del
tipo "Parson", e a condensazione, erano alimentate con vapore puro
generato da nuove caldaie di tipo "Kestner". Il montaggio dei tre
nuovi gruppi generatori fu purtroppo ritardato dalla prima guerra mondiale che
richiamò al fronte la maggior parte delle giovani maestranze boracifere (al
termine delle ostilità ventitré saranno gli operai di Larderello caduti nei
combattimenti). Finalmente, dopo appena tre anni, nel 1916, viene avviato il
primo grande gruppo generatore da 2750 kW, alimentato da vapore a bassa
pressione (1,25 atmosfere), costruito dalla "Tosi" di Legnano, al
quale seguì, nello stesso anno, un gruppo gemello, mentre il gruppo da 250 kW fu
trasferito allo stabilimento di Lago, in una piccola centrale
"sperimentale"[3].
A
partire dal 1922 l'utilizzazione del fluido endogeno per la produzione di
energia elettrica si fa particolarmente intensa. Nella Centrale geotermica di
Larderello viene installato il quarto gruppo generatore "Ansaldo", di
innovativa concezione, che utilizza caldaie (progettate da Plinio Bringhenti),
assai più potenti delle "Kestner", al quale seguono le installazioni
nelle nuove centrali di Castelnuovo (1925, 2 gruppi da 750 kW) e Serrazzano
(1927, 1 gruppo da 650 kW). La centrale di Larderello viene continuamente
perfezionata per tutti gli anni '20 per raggiungere agli inizi del 1931 la
potenza a circa 11.000 kW. In questo grande impianto i vapordotti conducono il
vapore a separatori, per liberarlo da eventuali impurità fisiche, e dai
separatori passa alla batteria di quattro caldaie "Bringhenti". Il
vapore puro che da esse si ottiene viene immesso in un grosso collettore dal
quale partono le prese, munite di adeguate saracinesche, per i gruppi
turbo-alternatori posti nella sala delle macchine (i primi due gruppi sono
gemelli e risalgono al 1916, il terzo, impiantato nel 1917, differisce soltanto
per l'alternatore di costruzione Siemens, mentre il quarto gruppo Ansaldo
costruito nel 1930 differisce radicalmente in quanto la sua turbina è azionata
direttamente dal vapore endogeno con scarico nella tubazione che lo
distribuisce agli impianti chimici. L'alternatore di questo gruppo è un
Vickers, mentre gli altri sono Ansaldo)[4].
In questa centrale convivono dunque i due sistemi di utilizzazione del vapore
che poi avranno più estese applicazioni nel prossimo futuro.
Piero Ginori Conti, genio e
sregolatezza.
Piero
Ginori Conti, di nobile e antica famiglia fiorentina (Firenze, 1865-1939), non
è soltanto un moderno manager industriale, in grado di utilizzare al meglio le scoperte
scientifiche e le applicazioni tecnologiche dei propri collaboratori per
l'accrescimento dell'industria boracifera, nella quale, avendo sposato Adriana
de Larderel, la figlia primogenita di Florestano, detiene la maggioranza del
pacchetto azionario, ma è anche un abile e spregiudicato uomo politico di cui
memorabili restano i duelli elettorali con i candidati socialisti Danielli e
Niccolini. Piero Ginori Conti riuscì sempre a prevalere nel proprio “Collegio Elettorale”
grazie al voto delle maestranze boracifere e della moderata città di Volterra.
Eletto per la prima volta deputato nel 1900 venne riconfermato fino al 1913 e,
successivamente, nel 1919, nominato Senatore del Regno. Piero Ginori Conti
riuscirà ad adattarsi a tutti i mutamenti di un secolo inquieto: da
liberal-monarchico, a interventista, a organizzatore delle squadracce fasciste
della Val di Cecina; spregiudicato libertino ed allo stesso tempo democratico e
paternalista coi suoi operai ed impiegati, munifico mecenate di Comunità locali,
Università, associazioni filantropiche e religiose e di singole persone
assillate da gravi problemi economici[5].
Superati
gli anni turbolenti del famoso "biennio
rosso" (1919-1920), con la sottomissione completa delle maestranze,
rafforzato il monopolio nazionale nella produzione dell'acido borico, stretti
ancor più saldi legami con il potere fascista trionfante nel paese, l'onorevole
Piero Ginori Conti (attraverso fitti intrecci economici con i più potenti
gruppi industriali italiani), si accingerà a raggiungere una delle preminenti
posizioni sociali ed economiche della Toscana e d'Italia[6].
Nel
1922 il principe Piero Ginori Conti è vicepresidente del colosso siderurgico
ILVA; mantiene una quota di proprietà nel gruppo Richard-Ginori, una importante
industria di terrecotte e di porcellane fondata nel 1735 dal marchese Carlo
Ginori Conti; allunga i tentacoli, attraverso il suo consigliere Lorenzo
Ginori-Lisci, nella Banca di Firenze; è presente nella Società Monte Amiata,
nella Automobilistica Nazzaro di Firenze, nelle Forze Idrauliche dell'Appennino
centrale e nella Fabbrica Isolatori di Livorno. Dopo la fusione dell’impresa
elettrica "Ligure Toscana" con la "Elettrica del Valdarno",
che avrà luogo nel 1933 sotto la nuova ragione sociale "Elettrica
Selt-Valdarno", un
(continua)
[1] G.
GINORI CONTI, Centrale elettrica geotermica di Larderello, Tip. Stucchi, Milano,
1932, pp. 2-3; id., Utilizzazione dei
soffioni boraciferi, cit., p. 61; R. NASINI, I soffioni boraciferi e la industria dell'acido borico in Toscana,cit.,
1907, pp. 59-60; LARDERELLO SpA, Brevi
note sui soffioni boraciferi toscani e sulla loro utilizzazione industriale,
Bologna, 1952, p. 13; LARDERELLO SBL, Bilancio
al 31 dicembre 1912, Firenze, 1913, p. 7; id., Bilancio al 31 dicembre 1913, Firenze, 1914, p. 6.
[2] G. D'ANNUNZIO, Forse
che si forse che no, Il Vittoriale degli italiani, Roma, 1939, pp. 383-388.
[3] C. GROPPI, Fabbrica
amica, cit., p. 15; G. GINORI CONTI, Centrale
elettrica geotermica di Larderello, Milano, 1932, pp. 2-3; id., Utilizzazione dei soffioni boraciferi, cit.,
pp. 15-16, 26, 57; T. BOCCI, P. MAZZINGHI, I
soffioni boraciferi di Larderello, cit., pp. 53-54.
[4] C.
GROPPI, Fabbrica
amica, cit., p. 15; G. GINORI CONTI, Centrale
elettrica geotermica di Larderello, cit., pp. 5-6, 8; LARDERELLO SBL, Bilancio al 31 dicembre 1930, Tip.
Cencetti, Firenze, pp. 13-14, 1931; id., Relazione:
Dieci anni di vita industriale della SB di Larderello 1921-1931, pp 37-56.
[5] R. MARTINELLI, Uomini e paesi della rivoluzione, Il fascismo a Larderello,
Sansoni, Firenze, 1934, pp. 45-108; AA.VV., 1827-1927,
i primi cento anni di una grande conquista industriale, a cura della
Società Boracifera di Larderello, Firenze, 1928, pp. 15-22; E. GASPERI, Paternalismo padronale, cit., pp.
114-207.
[6] G.
MORI, Per
una storia dell'industria nella regione, convegno di studi: "La Toscana nel regime
fascista (1922-1939)", Palazzo
Medici-Riccardi, Firenze, 23 e 24 maggio 1969, Olschki, Firenze, 1971, pp.
141-144 e segg.
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