sabato 21 settembre 2013

                                             (anno 1945, in basso dell'immagine si nota la recinzione dell'area dove furono uccisi i 77 minatori di Niccioleta dalle SS itaòo-tedesche il 14 giugno 1944).

Geotermia, un frammento di stelle lontane (VII).

La "rivoluzione" dell'elettricità.

            A partire dal 1906, grazie a un dispositivo semplicissimo ideato dall'ingegnere Plinio Bringhenti e brevettato dal Ginori Conti, il vapore endogeno naturale fu applicato su larga scala per azionare i motori degli impianti di perforazione e in pochi anni Larderello fu illuminato a luce elettrica, mentre le piallatrici e seghe per la fabbrica delle botti, i nuovi mulini agitatori, i filtri-pressa e tanti altri macchinari vennero mossi dall'energia dei soffioni, o direttamente o trasformata in energia elettrica. La prima vera e propria "centrale geotermoelettrica" di Larderello entrò in marcia nel 1913: essa era costituita da un alternatore Ganz da 250 kW, trifase, a 50 periodi e 4500 V, accoppiato a una turbina Tosi-Parson da 350 HP a bassa pressione (0,25 atmosfere) con condensatore a superficie, alimentata da vapor d'acqua puro fornito da quattro evaporatori Prache&Bouillon i cui fasci di tubi evaporatori erano investiti dal vapore dei soffioni che fungeva, dunque, come mezzo di riscaldamento[1]. Ma ben di poco si discostava la visione della landa desolata dei "lagoni" dal tempo di Lorenzo il Magnifico e proprio un altro grande scrittore, Gabriele D'Annunzio, nel 1910, ne accentuerà gli aspetti "infernali" facendo assomigliare Larderello ad un immenso girone dantesco ove "le genti fangose doloravano" e dando definitivamente alla valle del torrente Possera, tra Montecerboli e l'area dei lagoni, il nome di "Valle del Diavolo"[2].
            Conclusasi nel febbraio 1912 la fase di unificazione delle tre più importanti Ditte Boracifere ancora esistenti (Fossi a Castelnuovo dal 1875; Durval a Lago e Monterotondo dal 1847; Larderello a Larderello e in altre sette fabbriche. A questa data restano formalmente indipendenti la Società Anonyme Générale de Borax di Bruxelles con sede a Castelnuovo e la "Società Travalese" degli eredi del fu Luigi Coppi e Toscanelli, quest'ultima assorbita intorno al 1920) nella "Società Boracifera Larderello", il brillante avvio della centrale elettrica, indusse a commissionare alla Ditta Franco Tosi di Legnano tre altri gruppi, ma di potenza quasi decupla (2750 kW ciascuno) le cui turbine a reazione a doppio flusso del tipo "Parson", e a condensazione, erano alimentate con vapore puro generato da nuove caldaie di tipo "Kestner". Il montaggio dei tre nuovi gruppi generatori fu purtroppo ritardato dalla prima guerra mondiale che richiamò al fronte la maggior parte delle giovani maestranze boracifere (al termine delle ostilità ventitré saranno gli operai di Larderello caduti nei combattimenti). Finalmente, dopo appena tre anni, nel 1916, viene avviato il primo grande gruppo generatore da 2750 kW, alimentato da vapore a bassa pressione (1,25 atmosfere), costruito dalla "Tosi" di Legnano, al quale seguì, nello stesso anno, un gruppo gemello, mentre il gruppo da 250 kW fu trasferito allo stabilimento di Lago, in una piccola centrale "sperimentale"[3].
            A partire dal 1922 l'utilizzazione del fluido endogeno per la produzione di energia elettrica si fa particolarmente intensa. Nella Centrale geotermica di Larderello viene installato il quarto gruppo generatore "Ansaldo", di innovativa concezione, che utilizza caldaie (progettate da Plinio Bringhenti), assai più potenti delle "Kestner", al quale seguono le installazioni nelle nuove centrali di Castelnuovo (1925, 2 gruppi da 750 kW) e Serrazzano (1927, 1 gruppo da 650 kW). La centrale di Larderello viene continuamente perfezionata per tutti gli anni '20 per raggiungere agli inizi del 1931 la potenza a circa 11.000 kW. In questo grande impianto i vapordotti conducono il vapore a separatori, per liberarlo da eventuali impurità fisiche, e dai separatori passa alla batteria di quattro caldaie "Bringhenti". Il vapore puro che da esse si ottiene viene immesso in un grosso collettore dal quale partono le prese, munite di adeguate saracinesche, per i gruppi turbo-alternatori posti nella sala delle macchine (i primi due gruppi sono gemelli e risalgono al 1916, il terzo, impiantato nel 1917, differisce soltanto per l'alternatore di costruzione Siemens, mentre il quarto gruppo Ansaldo costruito nel 1930 differisce radicalmente in quanto la sua turbina è azionata direttamente dal vapore endogeno con scarico nella tubazione che lo distribuisce agli impianti chimici. L'alternatore di questo gruppo è un Vickers, mentre gli altri sono Ansaldo)[4]. In questa centrale convivono dunque i due sistemi di utilizzazione del vapore che poi avranno più estese applicazioni nel prossimo futuro.

Piero Ginori Conti, genio e sregolatezza.
  
            Piero Ginori Conti, di nobile e antica famiglia fiorentina (Firenze, 1865-1939), non è soltanto un moderno manager industriale, in grado di utilizzare al meglio le scoperte scientifiche e le applicazioni tecnologiche dei propri collaboratori per l'accrescimento dell'industria boracifera, nella quale, avendo sposato Adriana de Larderel, la figlia primogenita di Florestano, detiene la maggioranza del pacchetto azionario, ma è anche un abile e spregiudicato uomo politico di cui memorabili restano i duelli elettorali con i candidati socialisti Danielli e Niccolini. Piero Ginori Conti riuscì sempre a prevalere nel proprio “Collegio Elettorale” grazie al voto delle maestranze boracifere e della moderata città di Volterra. Eletto per la prima volta deputato nel 1900 venne riconfermato fino al 1913 e, successivamente, nel 1919, nominato Senatore del Regno. Piero Ginori Conti riuscirà ad adattarsi a tutti i mutamenti di un secolo inquieto: da liberal-monarchico, a interventista, a organizzatore delle squadracce fasciste della Val di Cecina; spregiudicato libertino ed allo stesso tempo democratico e paternalista coi suoi operai ed impiegati, munifico mecenate di Comunità locali, Università, associazioni filantropiche e religiose e di singole persone assillate da gravi problemi economici[5].
            Superati gli anni turbolenti del famoso "biennio rosso" (1919-1920), con la sottomissione completa delle maestranze, rafforzato il monopolio nazionale nella produzione dell'acido borico, stretti ancor più saldi legami con il potere fascista trionfante nel paese, l'onorevole Piero Ginori Conti (attraverso fitti intrecci economici con i più potenti gruppi industriali italiani), si accingerà a raggiungere una delle preminenti posizioni sociali ed economiche della Toscana e d'Italia[6].
            Nel 1922 il principe Piero Ginori Conti è vicepresidente del colosso siderurgico ILVA; mantiene una quota di proprietà nel gruppo Richard-Ginori, una importante industria di terrecotte e di porcellane fondata nel 1735 dal marchese Carlo Ginori Conti; allunga i tentacoli, attraverso il suo consigliere Lorenzo Ginori-Lisci, nella Banca di Firenze; è presente nella Società Monte Amiata, nella Automobilistica Nazzaro di Firenze, nelle Forze Idrauliche dell'Appennino centrale e nella Fabbrica Isolatori di Livorno. Dopo la fusione dell’impresa elettrica "Ligure Toscana" con la "Elettrica del Valdarno", che avrà luogo nel 1933 sotto la nuova ragione sociale "Elettrica Selt-Valdarno", un

                                                                                         (continua)

[1] G. GINORI CONTI, Centrale elettrica geotermica di Larderello, Tip. Stucchi, Milano, 1932, pp. 2-3; id., Utilizzazione dei soffioni boraciferi, cit., p. 61; R. NASINI, I soffioni boraciferi e la industria dell'acido borico in Toscana,cit., 1907, pp. 59-60; LARDERELLO SpA, Brevi note sui soffioni boraciferi toscani e sulla loro utilizzazione industriale, Bologna, 1952, p. 13; LARDERELLO SBL, Bilancio al 31 dicembre 1912, Firenze, 1913, p. 7; id., Bilancio al 31 dicembre 1913, Firenze, 1914, p. 6.
[2] G. D'ANNUNZIO, Forse che si forse che no, Il Vittoriale degli italiani, Roma, 1939, pp. 383-388.
[3] C. GROPPI, Fabbrica amica, cit., p. 15; G. GINORI CONTI, Centrale elettrica geotermica di Larderello, Milano, 1932, pp. 2-3; id., Utilizzazione dei soffioni boraciferi, cit., pp. 15-16, 26, 57; T. BOCCI, P. MAZZINGHI, I soffioni boraciferi di Larderello, cit., pp. 53-54.
[4] C. GROPPI, Fabbrica amica, cit., p. 15; G. GINORI CONTI, Centrale elettrica geotermica di Larderello, cit., pp. 5-6, 8; LARDERELLO SBL, Bilancio al 31 dicembre 1930, Tip. Cencetti, Firenze, pp. 13-14, 1931; id., Relazione: Dieci anni di vita industriale della SB di Larderello 1921-1931, pp 37-56.
[5] R. MARTINELLI, Uomini e paesi della rivoluzione, Il fascismo a Larderello, Sansoni, Firenze, 1934, pp. 45-108; AA.VV., 1827-1927, i primi cento anni di una grande conquista industriale, a cura della Società Boracifera di Larderello, Firenze, 1928, pp. 15-22; E. GASPERI, Paternalismo padronale, cit., pp. 114-207.
[6] G. MORI, Per una storia dell'industria nella regione, convegno di studi: "La Toscana nel regime fascista  (1922-1939)", Palazzo Medici-Riccardi, Firenze, 23 e 24 maggio 1969, Olschki, Firenze, 1971, pp. 141-144 e segg.

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