sabato 2 dicembre 2023




 


PICCOLI INCONTRI LETTERARI (PIL).

ANNI FELICI.

 

Il progetto di questi “incontri” partì nel 2006 da due-tre persone del Comune di Radicondoli, Lara, Rosella, Daniela e il luogo prescelto fu l’allora Casa della Memoria “L’Aquilante” di Belforte.  Lo scopo era quello di una socializzazione intorno a temi creativi di scrittura, prosa, poesia, oroscopo, ed anche di consumare un piccolo dolce e sorseggiare un bicchiere di spumante! Intanto stavamo diventando amici! Gli incontri si svolgevano cosi: in ogni singola riunione c’era un tema diverso (ma si poteva anche andare fuori tema) e, in senso rotatorio ognuno poteva esprimersi. Seguiva una piccola discussione. Siamo partiti con un incontro al mese, con qualche sfalsamento, fino all’inizio della pandemia che ci ha bloccato per due anni. Cambiata la sede da Belforte a Radicondoli, persi per strada alcuni del gruppo iniziale, i PIL sono ripresi nel 2023, ma qualcosa era cambiato, sia nelle presenze, che nelle sedi, e, forse, anche per impegni di lavoro delle storiche coordinatrici, così di incontri ne sono stati effettuati soltanto tre. Il futuro rimane incerto. Nel 2017 fu pubblicato un delizioso libriccino, con testi dei partecipanti e le originali locandine che ogni volta annunciavano il PIL, vere e proprie piccole opere d’arte! Un inno alla creatività!

Io, che fui “incoronato” poeta nel 2007 a Belforte da una mia coetanea, scrittrice e poetessa, che non c’è più, Marta Liti, sono stato un fedele partecipante, godendo, anche al ritorno, spesso nella sera e nel buio, della magia del cielo, dei boschi, e delle presenze animali. Avevo anche un ricordo lontanissimo, un amore adolescenziale al Mulino delle Cerbaie, ormai sepolto tra le rovine e gli arbusti, lungo il fiume, e rallentavo la mia corsa per mandare un saluto romantico a chi non c’era più! Ebbi anche un “apprezzamento” letterario da una ragazza che aveva scelto come tema “Il Museo dell’Innocenza”, parlando del mio viaggio a Istanbul, al mio amore per Orhan Pamuk e al suo grandioso romanzo.  

Il mio tema fu “Chinatown” e si svolse nella seduta dell’ottobre 2014:

“In Chinatown mi ci sono smarrito (e ritrovato) molte volte. Dapprima, a scuola, nel disegno geometrico, cartografico e di macchine industriali usando il Graphos e gli inchiostri di china nero e colorati, della Pelikan; successivamente in quelli della Koh-I-Noor, negli anni cinquanta leader dei prodotti per la grafica, con sede a Praga, per uso di ufficio; successivamente in alcune letture fondamentali: Il bisturi e la spada e Stella rossa sulla Cina, la storia della lunga marcia di Mao Tse Tung. Poi nelle poesie del fiume Wang ed in quelle presentate da Montale, soprattutto dei poeti Tu Fu e Li Po che tanta influenza hanno avuto nella mia evoluzione letteraria, infine in quelle di Brecht e nei racconti di Lu Xsun, Premio Nobel per la letteratura agli inizi del Novecento. Poi arrivarono il “libretto rosso” di Mao con le edizioni delle sue opere tradotte in italiano e pubblicate dalle Edizioni Oriente, presso le quali lavorava un mio compagno di partito, insegnante nelle scuole di Milano, originario di Sasso Pisano. In quegli anni mi ero abbonato alla rivista illustrata di propaganda cinese, stampata a Pechino in lingua italiana, LA CINA e, anche grazie ai contatti con Dinucci, un comunista pisano poi approdato, attraverso Tirana, in Cina. Ma l’incontro più affascinante fu quello con una anziana giornalista, una americana-apolide, Anne Luise Strong, dimorata a Pechino, che non solo scriveva sulle principali testate politiche del mondo, ma inviava a qualche centinaio di amici una periodica “Lettera dalla Cina”, con gli aggiornamenti e le considerazioni su quel periodo esaltante e controverso della “rivoluzione culturale cinese”. Mi piacerebbe che qualcuno dei presenti al PIL, se lo riterrete opportuno, leggesse una poesia “cinese” da me scritta e pubblicata nel libriccino “Grazie alla Vita”.

Canzone della dolorosa felicità.                    

 

Si legge nel poema dei “salici azzurri”,

di come misteriosamente il poeta Wang

s’innamorasse di una leggiadra fanciulla

di diciott’anni, mentre lui

stava per varcare la soglia dei settanta,

e di come fosse ricambiata

la sua folle passione

 

Era Wang d’animo generoso,

saldo nelle membra che l’ubbidivano;

nella lunga vita fortunato in amore,

non disdegnando, tra le concubine,

amanti aver serve e contadine

d’ogni villaggio, sempre le più belle

e bramose: a tutte regalava i fiori

della sua poesia, prima di partire.

 

Instancabile cercava la felicità

che ancor non l’avea saziato.

 

Ma la vergine d’ebano e avorio

portava negli occhi una luce

divina  e selvaggia, scudo e spada

del suo cuore candido.

 

Wang le rubò un bacio e Lù

rapida s’asciugò le lacrime

con la manica della sua veste fiorita,

e fu in quel momento che il poeta

stringendola a sé arditamente, le parlò:

 

<t’amo per la tua gentile bellezza,

la sottile sensualità delle movenze,

amo i tuoi occhi ed i tuoi denti,

i pomi dei tuoi seni ardenti

e la morbidezza delle tue cosce,

se sarai mia non avrai ricchezza,

né figli, né gloria imperiale,

ma solo il fardello dell’immortalità>.

 

Lù l’ascoltava con piccolo tremore,

ma quando tacque accostò le tumide

labbra alla sua bocca, entrò infine

e morse con voluttà, poi,

con un gemito roco, disse le tremende

parole: <mio amore inatteso e doloroso,

senza futuro, vorrei mangiare

il suono della tua voce!>

 

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