martedì 17 novembre 2020

Una delle tante "buche" prodotta da una bomba sganciata dagli aerei inglesi per distruggere la Centrale geotermoelettrica di Castelnuovo nel 1943.


 Quello che resta del podere "Merlinguzza", dove qualche volta mi spingevo col gregge delle pecore, tra il 1943-1945.

Le casettine di pietra.

Ritorno alle antiche pasture tra le bianche rocce,

cercando un ricordo, una voce portata dal vento,

una fonte nel fosso e pali di legno del telegrafo,

un ginepro e un tratturo per il casolare ancora lontano.

 

Saltellavo contento dietro il branco delle pecore,

Lupetta correva ai lati del gregge abbaiando,

già si vedeva fumare il camino al di là del pero stento.

 

Era stata per me, una giornata perfetta,

tiepida,  pur avendo una gran fame e sete

che acqua non c’era sulle scavate pietre,

e le fette di pane coi fichi secchi e il cacio

non mi erano bastate  e mi gorgogliavano in pancia,

nell’attesa di una tarda cena.

In più avevo molto faticato a costruire

le casette di pietra che ormai disseminavano

i pascoli del Dolmi, della Bassa e della Merlinguzza:

era questo il mio preferito gioco

che inventavo nella solitudine.

 

E dopo tanti anni ancora mi rallegravo

quando  mia sorella, mi raccontava

di averne trovata ancora una tra il palero.

Ma nella vita non ho fatto il muratore!

Eppur qualcosa dovevo aver

assorbito dai miei parenti, Gino e Renzo,

perché avevo scoperto che lassù,

dietro la proda,  tra l’erba selvaggia e la pineta

della Colombaia, nei loro vagabondaggi

senili, avevano costruito meravigliose casette,

con le scaglie di bianco calcare, intorno

alle profonde buche prodotte dalle bombe

degli inglesi, sganciate a bassa quota sull’altopiano

per distruggere la grande centrale elettrica.

 

Di loro, zio e padre,  rimane soltanto

qualche catastina votiva nel bosco,

a lato della via di Pietralata,

il cui mistero solo io conosco:

lasciare agli immemori viandanti

il segno, che erano vissuti

con la speranza del Cielo

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