lunedì 30 gennaio 2017



A conferma della santità di Giacinta, Iddio operò molti miracoli.


Clarice Marescotti, ossia SANTA GIACINTA MARESCOTTI
(Vignanello, Viterbo 1585 – Viterbo, 30 gennaio 1640).

         Dalla lettura di epigrafi tombali, lapidi commemorative  e scartoffie di archivi pubblici, di conventi e di notai, son partito alla scoperta di una donna eccezionale, Clarice Marescotti, viterbese, imparentata strettamente con i Marescotti di Montalbano il cui castello, che guardava Castelnuovo, dominava ricche campagne tra Anqua, Solaio e Tegoni.

         Clarice era stata fatta suora di clausura in un convento francescano di Viterbo ed aveva vissuto dissolutamente, sia nella ribelle adolescenza, che nei primi anni della permanenza in convento, per dedicare successivamente la sua vita all’amore per Cristo, per la Vergine Maria e per i poveri. Proprio negli anni della sua irrequieta giovinezza i genitori avevano mandata Clarice in Toscana, nel feudo dei lori avi, nelle terre di Montalbano, e Clarice visse tra Solaio, Tegoni e Cugnanello e qui si trovano appunto le sue esili tracce, ma pur sempre importanti perché testimonianza di una tappa formativa di colei che diventerà una SANTA, una Santa della Tuscia, ma anche un po’ della Diocesi di Volterra: SANTA GIACINTA.

         Come scrive un suo biografo: "...la santa lasciò un piccolo diario autografo conservato nell'archivio del convento dei SS. Apostoli a Roma e intitolato Liber scriptus a B. Virgine  Hyacintha de Marescottis. E' contenuto nei primi undici fogli di un quaderno di centoquarantacine pagine. Ella vi appose questo titolo: "Diversi detti spirituali per accendere le anime devote al puro amore di Jesù et Maria". L'opera è in due parti: nella prima sono riportate sentenze spirituali o norme di vita; nella seconda si ha il diario di meditazioni e risoluzioni pratiche. Lo scrisse al trentatreesimo anno di età". Nonostante l'avallo tardivo di un vescovo a testimoniarne la veridicità (anno 1735), molti dubbi sussistono oggi sull'originalità dello scritto e il testo appare come totalmente o in parte opera posteriore.

         Quando suor  Giacinta morì, la fama che si era diffusa in Viterbo e nelle zone vicine fece affluire intorno alla salma una moltitudine di persone eccitate che nessuno riuscì a tenere a bada: per ben tre volte, nonostante l'intervento di soldati armati, si riuscìad impedire che gli abiti di Giacinta fossero strappati e tagliuzzati per ricavarne reliquie, fino a spogliare completamente il corpo senza vita; anche le unghie e i capelli furono tagliati e cosìfu minutamente spezzettata la corona di rose che le era stata posta intorno alla testa...ma l'entusiasmo della folla giunse al parossismo quando uno storpio, che lentamente era riuscito ad arrivare a toccare la morta, alzando al cielo le stampelle, dimostrò di essere stato miracolosamente sanato. Finalmente, due giorni dopo il decesso furono celebrati i funerali e il corpo mortale di Giacinta, avvolto in un semplice lenzuolo, fu tumulato nella sepoltura davanti all'altar maggiore della chiesa di San Bernardino, in piazza della Morte, a Viterbo, ove si trova ancor oggi, in un sacello più volte rimaneggiato e abbellito e definitivamente rifatto dopo le distruzioni provocate all'edificio dalla seconda guerra mondiale, edificio  che porta il nome di S. Giacinta. Una reliquia della santa si conserva nella chiesa di Vignanello e cimeli sono tutt'ora nel palazzo Marescotti-Ruspoli della medesima località dell'alto Lazio.

         Dopo la morte la fama di "santità" di Giacinta si propagò non solo nelle terre vicine a Viterbo ma anche in regioni lontanissime. I miracoli a lei attribuiti iniziarono prestissimo a compiersi e sono mirabili in quantità ed effetti. Storpi che riacquistano l'uso delle gambe; ciechi che recuperano la vista; salvataggi da annegamenti e da cadute mortali; guarigioni da malattie contagiose e altri ancora. Per questi moltissimi miracoli, rigorosamente esaminati dalla Sacra Congregazione dei Riti, il pontefice Benedetto XIII, con decreto del 14 luglio 1726, promulgò la beatificazione e la cerimonia solenne fu celebrata nella basilica di San Pietro il 1 settembre dello stesso anno


         Il culto per la Beata Giacinta si fece ancora più intenso e i miracoli seguirono meravigliosi. Tre furono rigorosamente esaminati dalla Congregazione dei Riti e posero il suggello alla causa di canonizzazione. Il 15 agosto 1790 il papa Pio VI promulgò il decreto che sanciva in eterno la santità di suor Giacinta Marescotti o della Vergine Maria. Per l'esilio e la morte in prigionia del pontefice la solenne cerimonia di canonizzazione fu rinviata e toccò al suo successore, Pio VII, il 24 maggio 1807, festa della SS. Trinità, a proclamarla Santa con una solenne cerimonia nella basilica vaticana. Ancora  oggi il 30 gennaio si ricorda Santa Giacinta, insieme a Santa Martina, sul calendario.

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