domenica 12 giugno 2016



POESIA e LETTERE.

Ho scritto la mia prima poesia quando avevo 12 anni. Veramente erano due, piuttosto tristi per quell’età: una parlava delle macerie di una casa del Borgo distrutta dalle cannonate degli americani, l’altra della morte del mio nonno. Scrivevo poesie perché ero molto timido e non parlavo volentieri del mio “segreto dolore”. Non imitavo altri poeti perché in casa non avevamo nemmeno un libro, ma usavo vocaboli difficili perché nella malaugurata scoperta del mio quaderno, nessuno ci capisse. Oggi mi piacerebbe scrivere poesie infantili, cantilene e filastrocche. D’altra parte lo afferma anche il proverbio che i vecchi sono due volte bambini. Ho scritto:
 
900 poesie
    17 racconti erotici
    29 saggi storici
      1 romanzo incompiuto
7600 proverbi e aforismi licenziosi
    97 sogni finti
    47 sogni veri
e un imprecisato numero di epitaffi e stornelli, forse 70

TOTALE  8761

e centinaia, forse migliaia,  di lettere a TDB, RED, SRT, RL, EL, AG, CB, LP, e anche cartoline.

Ci sono stati, nella mia vita, lunghi periodi di aridità, ma uno fu particolarmente sofferto. Dall’estate 1985 al 1999. Tutto iniziò con la provocatoria proposta di Franco Fortini sull’Unità del 14 giugno 1985, cioè di mettere in atto un black-out poetico per almeno 5 anni! Una moratoria o, meglio, un Decreto Legge per impedire la pubblicazione di nuovi testi di poesia non anonimi. Secondo Fortini se ne sarebbero ricavati innegabili vantaggi, tra i quali: riduzione drastica degli imperversanti scrittori di versi di almeno l’80%, in modo da lasciar respirare gli editori seri in grado di affrontare con maggior calma e discernimento la lettura (e la valutazione) della montagna di manoscritti ricevuti. Si sarebbe ridotto così, fin quasi a sparire, il “commercio” degli editori a pagamento che prosperavano sull’ingenuità dei poeti decisi ad ogni costo, a stampare le proprie opere. Fortini consigliava ai poeti di non pubblicare alcuna poesia che non sia “stagionata” di almeno 4 anni (ma si poteva arrivare a 10 anni e più). I versi vanno lasciati invecchiare, non in un cassetto ma in una botte di rovere, come un buon cognac! Si intendeva vietare di leggere i propri versi a meno di un conveniente compenso, in tal caso però sarebbe stato pagato il lettore e non il poeta. Fortini concludeva: fuggite come la peste chiunque vi proponga di fare della scrittura letteraria la meta suprema della vostra vita. I grandi editori pubblicano raramente libri di poesia. Suppliscono uno stuolo di editori minori, sempre a pagamento, che anche in Toscana, ma maggiormente al Sud, hanno impiantato vere e proprie industrie per lo sfruttamento sistematico dei poeti in cerca di una gloria assai improbabile, sfornando volumetti, anche graficamente assai sgradevoli, intascando un milione o due per qualche centinaio di copie di un testo che è difficilissimo perfino regalare! Non ci dimentichiamo che in quelle settimane il poeta Eugenio Montale si apprestava a ricevere il Premio Nobel della Letteratura. Il vate dell’italietta del centro-sinistra che aveva lanciato una estrosa scomunica contro i poeti recitanti nei vari festival in voga nei tardi anni settanta. Il poeta recitante nelle spiagge e nelle piazze deve essere apparso a Montale più che orribile, mostruoso; il culmine, forse, dove si consumava la sua infinita desolazione. Ed oggi, che i “poeti” viventi con almeno un volume pubblicato in Italia sono oltre trecentomila? Il mio ammutolimento durò oltre 15 anni, poi, di nascosto, pubblicai qualcosa sulla rivista trimestrale La Comunità di Pomarance, ed infine mi decisi a fare tutto da solo: stampa privata non in commercio per i soli amici ed amiche che preventivamente aderivano all’iniziativa dietro il semplice rimborso delle spese vive di stampa, non più di 5 €! 250-350 copie, proprio come le prime edizioni del mio amato Saba!

La margherita

                        Poesia per Bereket

La margherita saluta la primavera
dalla proda del campo,
al sole brilla nella sua umiltà,
a tutti sorride.

Si possono strappare i suoi petali
giocando a m’ama non m’ama,
la margherita non sente alcun male
per la corolla sdentata,
e il vento mai spezza il suo stelo.

Quando scende la notte e il gelo
manda un ultimo sguardo alla luna,
chiudendo il suo calice d’oro

s’addormenta nella sua bellezza.

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