martedì 12 maggio 2015




Follonica.


Il mare, lo vedevo laggiù, lontano, stretto tra due nere colline, luccicare d’oro e sangue, mentre stringendomi nel logoro pastrano, spingevo dal monte tra boschi e tratturi, il gregge per la mungitura. Non avevo paura, e già molti segreti del mondo sapevo. La nonna mi diceva che quello era il mare. Come il serpente, mi spogliai della primeva pelle, scesi nel borgo di pietra, serrato come il mio cuore, allo sguardo arditi monti, ma non si scorgeva più il mare. La prima volta che lo vidi ero già un uomo, e il mare era ancora  cangiante e profondo, ed anche salato e canoro. All’ombra di consunti graticci assaggiai, su consiglio del mio babbo, il cacciucco e a seguire una frittura mista accompagnati da un vinello leggero. Su quella mitica rombante Mivar 125 Sport ci ritornai più volte, mai sfidando il destino ai Rondelli, come se l’Aurelia non esistesse,  perché la vita mia valeva. Certo, non potevo vantarmi con gli amici del Bar Sport, di aver osato. D’altra parte son sempre stato timido, non lo nego. Follonica era un piccolo borgo di un mare senza porto, gente umile, case mangiate dalla salsedine, vicoli stretti e puzzolenti, e la gora che trascinava i veleni di un sugherificio a Senzuno. Bottegucce buie, e tutte le donne, anche le vecchie, si mostravano impudiche a noi montanari. La spiaggia stretta tra le maree e la casupole, odorava di folla e d’olio abbronzante, e al di là, la prima e poi la seconda secca, oltre la quale dondolavano alcune barchette dei pescatori.. Ero giovane e forte, e dell’acqua non avevo paura. Mi arrischiavo ben oltre l’ultima secca,  e rientravo alla riva felice. Non cercavo l’amore, non sapevo nemmeno bene che cosa fosse,  e con precisione non saprei descriverlo nemmeno adesso che son vecchio, però l’ho sempre avuto a lato. Ci son ritornato stamattina, adesso tutto è cambiato là, come è cambiato il mondo intero, e come anch’io sono cambiato. Il passato non ritorna e non deve ritornare, dal nuovo è meglio stare in guardia. Mi son fermato su una piccola duna a studiare i pigri movimenti di un rettile smeraldino uscito dal letargo, ascoltando l’antica voce delle onde leggere e il grido dei gabbiani.   

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