giovedì 8 ottobre 2015










Itinerari di un naturalista toscano.

Una proposta.

Dalla Relazione del viaggio fatto dal dottor  Giovanni Targioni Tozzetti nell’autunno dell’anno 1742 per li territori di Pisa, Livorno, Volterra, e Massa Marittima. Parte Terza che comprende la descrizione delle Colline, e dei Monti del Territorio Volterrano.

“...mercoledì 14 novembre 1742, seguitai dipoi a salire verso i Bagni di S. Michele, e passai rasente alle pendici di un monte molto aguzzo, composto di filoni inclinati di gabbro, vestito di macchia di lecci. Nella di lui cima è fabbricato l’antico Monastero di San Michele delle Formiche, adesso minaccia rovina e vi abita solo un Romito per custodia della chiesa: anticamente vi stavano i Padri Celestini, che sono ora in S. Michele Visdomini di Firenze, i quali ne ritengono il dominio. Scesi poi verso il Bagno di S. Michele, lungo il medesimo scosceso monte. Il Bagno è situato nel fondo d’un’angusta vallata, formata da un rovinoso torrente, detto Botro del Bagno, che ha roso e diviso in due parti una montagna di gabbro, sopra d’una delle quali è situata, come dissi, la Badia di S. Michele delle Formiche; l’altra dissero chiamarsi Cicilogna, ma Mengo da Faenza la chiama Mons Sertole. Nel letto del botro verso la parte del monte di S. Michele, è un casotto basso, quadro di circa sei braccia per lato, diviso in due trogoli bislunghi, murati a tenuta, con uno scaglione o muricciolo intorno. L’acqua usciva una volta di sotto terra, da un pozzetto in mezzo alla vasca, che era una sola, cioè non divisa, come dice anche Mengo, ma adesso scaturisce quasi bollendo da un fesso di massi di gabbro, che restano nell’angolo di una di queste vaschette. Turando la fogna che è in fondo d’una vasca, l’acqua gonfia e riempie ambedue le vasche all’altezza d’un braccio e mezzo, e per tutto dove arriva, ha lasciata un’incrostatura di tartaro duro biancastro. Chiudendo la porta del casotto, ei diventa una stufa, poiché vi si rinserra tanto caldo, che si rende insoffribile, e fa sudare a distesa; e vi si sente un gran fetore di zolfo, e d’uova sode…Questo bagno coperto si chiama comunemente “delle doglie”, perché è mirabile per i dolori artritici inveterati e per le paralisie.  E’ molto accreditato, finché ogn’anno dal maggio fino al solleone, vi concorrono ragguagliatamente da 300 persone, numero assai considerevole, se si riguardi la scarsa popolazione di questa parte di Toscana.”

Carte topografiche alla mano, perché non si tracciano, ripercorrendole, le strade, le mulattiere, i sentieri  delle Colline Metallifere Toscane, riscoprendo le antiche miniere, le manifestazioni endogene, i ruderi e le storie che  vide e documentò nella sua celebre opera, lo scienziato Giovanni Targioni Tozzetti,  dando linfa ed interesse ad un turismo ecologicamente sostenibile?


Quello che ho visto io al Bagno di San Michele delle Formiche è interessante, e desolante.

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