Ai minatori di
Niccioleta [i]
Di settantasette il sangue
raggrumato
sullo sterile scoglio rimase
misto a lacrime
e
lamenti:
erano giovani
non volevano morire
i minatori di Niccioleta.
Quel sangue
non
germogliò
fiori né erbe,
ma crudi sterpi
e filiformi ombre,
e quei lamenti
echi non destarono
e quella lacrime
ai venti della primavera
svanirono.
Le spose
dei giorni felici
han smesso di venire
con rose e veli neri:
i pochi figli
son
cresciuti,
gli oscuri genitori
da tempo li han raggiunti.
Loro non volevano
da
morti
essere eroi,
volevano una vita
serena trascorrere,
nella dura terra
un lavoro avere:
erano minatori,
scavavano gli
oscuri pozzi
per un mondo
di luce, e sono morti.
E noi che nella luce
trascorriamo i giorni,
nell’incerto futuro
dove verità e menzogna
si
confondono,
testimoni immemori
e
silenziosi,
lasciamo al vento
degli innocenti il grido,
e i pallidi fiori,
di plastica,
sulle rocce bianche,
là, dove i minatori
son caduti.
[i] 14 giugno 1944, il mio paese natale fu
teatro di uno dei più grandi eccidi di lavoratori da parte delle SS
italo-tedesche. Ai 6 minatori fucilati la sera del 13 al villaggio minerario di
Niccioleta (Massa Marittima) se ne aggiunsero 77 condotti da Niccioleta e
trucidati il giorno seguente a Castelnuovo di Val di Cecina. Lo stesso giorno
altri 4 partigiani furono fucilati, nell’operazione di “guerra ai civili”
pianificata dai nazifascisti e altri 19 giovani furono deportati in Germania.
Il piano originario ordinato al III° Bataillon “Italien” di stanza a
Sansepolcro (AR) prevedeva l’uccisione
di circa 150 persone. Soltanto grazie ad una serie di fortuite
circostanze, tra le quali la solidarietà della popolazione, centinaia di uomini
presi prigionieri dai nazifascisti riuscirono a fuggire. In totale, i morti
furono 92, non considerando i 5 partigiani caduti in combattimento a
Monterotondo Marittimo (GR) e gli 11 civili uccisi a Massa Marittima (GR). Alla
iniziale corale partecipazione della gente del luogo e di tutti i villaggi di
provenienza dei minatori, nei giorni fatidici del 13 e 14 giugno di ogni anno
alla commemorazione, lentamente la memoria collettiva si affievolì. Solo grazie
alla tenacia delle amministrazioni comunali di Castelnuovo di Val di Cecina
(PI) e di Massa Marittima (GR) e, soprattutto, all’impegno di un gruppo di
lavoratori della fabbrica di Larderello, coordinati dal partigiano combattente
Mauro Tanzini, il luogo fu valorizzato e
protetto, fino ai giorni nostri. I nomi dei volontari della memoria, tra cui
mio padre, che per primi si impegnarono nella manutenzione furono: Mauro
Tanzini, Astelio Di Sacco, Niccolo Marconcini, Renzo Groppi, Angiolino Rossi.
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