mercoledì 22 luglio 2020



A PROPOSITO DI DINA FERRI, LA POETESSA (1908-1930).

Ti ringrazio Carlo dell'opuscolo che ho letto con grande attenzione e partecipazione emotiva.
Do anch'io qualche notizia raccolta presso Maria Masi, ottuagenaria, e bambina al podere Casa d'Elci in Carlina.
Mi conferma l'affetto e la memoria che i contadini di allora nutrivano per Dina e mi dice che Moschini Gino (i Moschini di Carlina erano, pensa, parenti dei Moschini di Massa Marittima e di quel Giovanni Moschini che morì un giorno dopo Norma presso il podere Coste Botrelli dove era mezzadro) contadino e persona intelligente e sensibile che stava a Butiglioni e aveva partecipato con una poesia (o racconto), "La Pastora" ad un libro  in cui tanti autori avevano scritto in omaggio a Dina (Amilcare che tu dici fratello, Maria dice essere nipote del babbo della poetessa, di Chiusdino, aveva anche lui scritto qualcosa). Queste notizie te le trasmetto così come le ho ricevute questa mattina, senza poterle verificare. Ma forse tu puoi.
Il tuo scritto con il racconto della vita di Dina mi ha commosso e toccato - perché ha commosso e toccato anche te - più, lo confesso, delle poesie stesse. Le nove poesie le ho trovate dannunziane, retoriche, "vecchie", a parte l'eccezione de "L'ombra" (e ogni poeta ha diritto di essere giudicato per le sue poesie migliori) di cui dirò più avanti.
Scusa la mia sincerità, ma devo esserlo, sincera.
Toccante è la vita di Dina che ci dice il destino dei contadini poveri allora, segnati da fatica, incidenti, invalidità, morti precoci. Trovo veri e significativi invece i brani delle lettere, quelle lettere che non dovevano rispondere né a modelli, né a stilemi poetici del tempo e che liberano l'estro e la creatività, direi anche la sincera schiettezza d'animo di Dina (sto parlando della forma).
Un'ultima cosa ho saputo da Maria Masi:  che il padre fece causa a qualcuno (fascista di Siena?) perché non aveva sufficientemente accudita Dina nella malattia. Leggendo la tua introduzione mi viene il dubbio che fu invece intentata causa per il quaderno scomparso?
Maria raccontando questi ricordi riporta stralci di memorie passate da persona a persona quindi che modificano la verità e che lasciano di essa solo lo scheletro.
Le 9 poesie le ho lette e rilette. Il giudizio mio personale non muta. Ma questa è solo una posizione personale tra tante (ogni libro vuole il suo lettore ... e a parimerito). Nulla toglie alla validità di far conoscere Dina anche a Massa.
"L'ombra", dicevo, suggerisce qualcosa di più profondo, autentico, meditato, forse l'unica poesia, al di là dello stile per me indigesto, che parla anche all'oggi e mi fa venire in mente "Never more" di E.A. Poe.
Credo sia giusto recuperare dopo la pietas una "freddezza critica" che sola può analizzare e valutare la produzione di un poeta o di un narratore per lasciare invece libero il nostro cuore verso una vita breve e sfortunata, drammatica e ingiusta che non  impedisce al genio di manifestarsi; penso ora mentre scrivo a poeti quali Walt Whitman o Dylan Thomas.
Il tuo paragone finale con la Dickinson è, a mio parere, inopportuno, sia per la grandezza della poetessa americana, sia per la profondità e semplicità espressiva del suo sentire, moderno e laico.  
Nelle poesie di Dina (di cui non vengono riportate le date di composizione, purtroppo) c'è un filo nero che le lega, quello della morte. Le date avrebbero dato senso ad un'analisi puntuale e pregressa.
Molti sono i poeti riconosciuti a distanza di anni, anche di molti decenni, dopo la loro morte e se lo sono stati è per una "classicità" (Calvino insegna nelle sue Lezioni americane) che travalica il loro tempo e che di necessità spinge irresistibilmente l'opera a riaffiorare e parlare agli uomini e alle donne di ogni epoca. 
A presto e di nuovo grazie. Nadia
P.S.: Un errore da correggere è cieca invece che ceca.
...


Carlo Groppi

18:02 (1 minuto fa)

 

Ciao Nadia, grazie per le informazioni di Maria Masi, ed anche per le tue riflessioni sulla poesia di Dina.
In queste ultime settimane è uscito per l’editore LE LETTERE di Firenze un nuovo volume su Dina Ferri. Ho solo notizie indirette, tramite la nipote della poetessa (mia grande amica, anch’essa si chiama Dina Ferri) sul contenuto di questo nuovo saggio: riproporrà il Quaderno del Nulla edizione 1931, in più ci saranno altri brani, sia di lettere che poetici, estrapolati dai 19 quaderni delle elementari ed altri scritti inediti minori, già visti e scartati, a suo tempo, e con l’avallo di Dina da Piero Misciattelli e Aldo Lusini. Forse lo presenteranno in autunno a Chiusdino e  senz’altro sarò invitato,così avrò il volume!
Il mio piccolo opuscolo, leggermente accomodato da un saggio pubblicato su una Rivista importante nel 2017, è stato fatto per una ventina di persone, non potendo commemorare il 90° della morte di Dina Ferri.
Ho messo i 9 testi in lingua inglese dato che la metà di questo opuscolo è andato alle mie parenti americane,  ed è stata una scelta molto parziale. In realtà, come ho scritto, in inglese c’è tutto il Quaderno del Nulla, poesie e lettere, ed il libro uscì a Boston nel 1933. Credo siano in circolazione pochissime copie negli USA e quasi nessuna in Italia.
Credo che Dina Ferri si presti di più ad una considerazione politica che non di critica letteraria. Figlia di mezzadri, costretti a  lasciare il podere per le loro idee politiche ed a trasferirsi dal Comune di Radicondoli a quello di Chiusdino, fa le elementari tardi e poi, in tre anni, fino alla morte, i quattro anni delle superiori in un collegio femminile di Siena. Viene scoperta localmente, e tramite la maestra Cairola, fervente fascista, segnalata ad alcuni intellettuali senesi, che stampavano la famosa rivista culturale LA DIANA. Ed è sulla DIANA che Lusini, un personaggio fascista molto importante a Siena, e con Piero Miscittelli, marchese con parentela in Vaticano, e grande proprietario terriero, autore di saggi importanti sui Santi senesi, vengono pubblicate alcune pagine con poesie di Dina Ferri, che hanno un impatto molto favorevole sui lettori. Non si nasconde certo il disegno politico: mostrare alle masse rurali d’Italia, o della campagna senese, di come il fascismo sia capace di innalzare una umile contadina alle vette del’arte poetica del tempo! Ci potrebbe essere stato anche un invaghimento del Lusini, ma  non è niente più che una mia ipotesi. Naturalmente Dina entra in dissidio con le idee socialiste del padre, dedicando perfino una poesiola a Mussolini. Ed il padre non se ne da’ ragione.
E’ nei sei lunghi mesi di malattia ed agonia di Dina nella corsia delle donne povere dell’Ospedale di Siena, che ella comincia a prendere coscienza da quale parte stava il MALE e così ripensa al suo babbo ed alla sua mamma ed anche alla Fede. C’è si’ lo slancio di una famosa preghiera, ma c’è anche l’espressione del dubbio e la riflessione sui propri errori. Non dimentichiamo il contesto soci-culturale del tempo in quell’area e la scarsezza dei mezzi che Dina aveva a disposizione, soprattutto di contatti umani.
Ho potuto fin dal 1972 esaminare tutte le carte di Dina in possesso dei suoi familiari. Ed ho cercato di realisticamente illustrare la sua breve vita in un dramma teatrale messo in scena da una Comapgnia di Siena. Forse sarà da questo dramma ed anche dalle altre considerazioni biografiche che potrò, al momento opportuno, se si farà, tenere la mia piccola conversazione all’UNIELI per l’ANPI, dato che la parte politica ha abbastanza importanza.
In realta, nel 1998-1999, ero riuscito a registrare viva voce sei o sette interviste alle compagne di scuola di Dina ancora viventi e lucide, ed anche ad alcuni familiari. Queste interviste credo siano le uniche documentazioni importanti che ci rimangono, ma né il Comune di Radicondoli, né quello di Chiusdino, hanno voluto (o potuto) procedere alla stampa che gli regalavo. Il Comune di Radicondoli ha tenuto per quasi due anni la bozza, che è stata letta e leggermente corretta, da due professoresse, ma senza procedere alla stampa. Così sono andato a riprendere il mio testo! Questo brogliaccio, credo che interesserebbe molto anche a te.
E’ morta 90 anni fa. Dopo il 1933-35 è calato il silenzio. I familiari, custodi dei suoi scritti, furono travolti da un’altra tragedia, e il padre Santi, socialista e poi socialdemocratico, fu fortemente osteggiato dai comunisti chiusdinesi e radicondolesi, almeno fino ai primi anni ’70, quando un prete, don Martino Ceccuzzi, nome d’arte Idilio Dell’Era, non pubblicò un estratto del quaderno del nulla, estratto che si trova ancora nelle librerie senesi. Ebbi la fortuna di conoscerlo, e di  entrare in contatto coi Ferri, che mi accolsero nelle loro case come un familiare! Poi, naturalmente, di Dina se ne occuparono i professori dell’Università, e così ci furono le statue, i convegni  e le commemorazioni. Ma di dieci anni in dieci! Ho dato tutto il materiale che avevo a tutti! E la gioia maggiore me la da l’amicizia con Dina Ferri-Borgianni. In fondo la storia della poetessa è una storia di umili, che ha lasciato una traccia in piccolissimo territorio, lei si è guardata allo specchio dell’anima, e credo non abbia mai pensato alla gloria dei poeti. A presto e grazie per la tua attenzione.  Carlo

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