giovedì 12 luglio 2018





PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.  CAP. 102. (1982)

Verso il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro

         Mentre si stanno concludendo le assemblee indette in tutti i luoghi di lavoro dalla Federazione Cgil-Cisl-Uil per la discussione e l’approvazione del documento unitario, faticosamente elaborato nel corso del 1981, che servirà per gli incontri con il Governo e la Confindustria sui grandi temi di politica sindacale, quali la lotta alla disoccupazione, alla inflazione, la ripresa degli investimenti, il contenimento del costo del lavoro (assemblee che hanno messo in luce, al di là di un SI maggioritario scontato, un diffuso malessere e disorientamento tra la base e tensioni nel rapporto con il vertice), si aprono contemporaneamente le vertenze per il rinnovo dei contratti.

         E’ chiaro che i rinnovi  contrattuali (nel 1981 sono intessati 24 settori per un totale di circa 22 milioni di addetti), dovranno tener conto del quadro generale di accordo che Cgil-Cisl-Uil tenteranno di raggiungere con le controparti politiche e padronali, anche se tale accordo non sembra facilmente raggiungibile vista la rabbiosa reazione della Confindustria e i contrasti (economia, pensioni) emersi tra i partiti che sono al Governo, potrebbero addirittura portare alla crisi ed alla fine della legislatura con conseguenze assai gravi per tutta la società e, certamente, con ritardi nella soluzione di problemi importantissimi, tra i quali i rinnovi dei contratti.

         Tuttavia i contratti devono essere rinnovati e rispettate le scadenze naturali: il sindacato ed i lavoratori sono stati fermi e chiari su questo punto respingendo seccamente le proposte di uno slittamento. Ma rinnovati come? Quali le tendenze principali? Sarà in grado il sindacato di avviare scelte anche parziali, ma significative, di riparametrazione? Sembrerebbe di si, anche se il problema della riduzione dell’orario di lavoro rischia di annullare i già ristretti margini dei costi contrattuali. Nessuno però è in grado di sapere come andrà a finire nel momento dell’impatto con i lavoratori, quando si tratterà di approvare le piattaforme rivendicative e porre chiaramente delle alternative, giacché non sarà possibile soddisfare, al livello massimo, tutte le esigenze.

         La questione di una seria riparametrazione non deve essere intesa come una furbesca manovra per recuperare talune categorie, ma come un “atto dovuto” di rispetto a quanto stabilito nei contratti nazionali, che prevedono una scala parametrale differenziata (scala che il meccanismo dell’indennità di contingenza, per non parlare del drenaggio fiscale, si incarica di distruggere in pochi mesi!) Riuscire quindi a passare, nei prossimi rinnovi contrattuali, dando segnali nuovi rispetto alla tradizionale politica salariale del sindacato, è la strada per affrontare l’obiettivo della riunificazione del mondo del lavoro, indispensabile per avviare su basi nuove la trasformazione della società in senso democratico, non frantumata, non oligarchica, non corporativa: nella quale solo i più forti prevarrebbero.

         La realtà dell’inquadramento unico operai-impiegati-tecnici deve essere definitivamente acquisita e mantenuta. E’ sul piano di un’attenta verifica alle trasformazioni avvenute negli ultimi dieci anni nell’organizzazione del lavoro che il problema va affrontato, e quindi sul piano della reale professionalità individuale e di gruppo omogeneo e su un corretto rapporto tra professionalità e qualifiche, tra professionalità e salario. Occorre prendere atto che in tutti i settori industriali gli ultimi due livelli di inquadramento, di fatto, sono scatole vuote (nell’Enel, sul totale del personale, la C2 = 1,6%; la C1 = 2,4% alla data del 31 dicembre 1980. Nell’anno 1981 tali percentuali sono ulteriormente diminuite), e che, di conseguenza si è ridotto il metro con cui si misurano i parametri e che occorre uno sventagliamento più ampio delle qualifiche.

         Porsi in termini concreti questi problemi non è abbandonare a se stessi gli strati operai di livello più basso, ma, ed è decisivo per un sindacato di classe, essere dentro la sostanza dei processi che contano, che rappresentano la realtà d’oggi, le prospettive di domani. Si tratta di evitare una vera e propria abdicazione del sindacato, dando spazio alla linea del padronato, come pericolosamente sta venendo avanti in tutti i settori e le cui prime avvisaglie sono state per gli elettrici le “griglie salariali” e il tentativo, non pienamente riuscito, di legare una parte del salario alla presenza.

         Il terreno dell’egualitarismo è un altro. E’ combattere l’inflazione, nemica numero uno del salario, è creare possibilità di lavoro per le nuove generazioni, è dare un senso e proteggere la vita sociale ed economica degli anziani, trasformare la scuola e legarla alla Società, garantire un servizio di alto livello alle strutture sanitarie pubbliche, applicare una rigorosa politica fiscale combattendo l’evasione…, e per i lavoratori stabilire corretti rapporti tra i vari comparti che formano le retribuzioni: il salario sociale, con il punto unico di contingenza uguale per tutti; il salario familiare, che tiene conto degli assegni familiari e detrazioni fiscale crescenti per famiglie monoreddito con figli a carico; il salario professionale, riparametrato; il salario differito, cioè la liquidazione che deve recuperare  nei termini già precisati al Convegno di Montecatini, una parte passata e futura della contingenza.

         Grandi temi, grandi impegni che richiederanno sempre più maturità politica all’insieme del movimento operaio, sempre più unità e convergenza tra componenti diverse, sempre più democrazia nei funzionamenti interni al sindacato, ricercando momenti di partecipazione non solo formali, sempre più collegamenti con l’insieme della Società. Ma è dalla loro soluzione che passa la strada obbligata nel tracciato di una nuova via di progresso e di rinnovamento economico, morale e politico per il nostro Paese. 

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