mercoledì 21 marzo 2018











Pesante come una piuma, di Laura Paggini.

Un “racconto”, nel quale la finzione letteraria cresce sulla realtà storica; avvincente, dedicato dall’autrice a Gigliola Finzi, nata il 19 febbraio 1944 nel Campo d’Internamento per ebrei allestito a Roccatederighi, nella sede del Seminario Vescovile della Diocesi di Grosseto, trasferita a Fossoli il 18 aprile, deportata con i suoi genitori ad Auschwitz nell’agosto 1944 insieme ad un’altra cinquantina di ebrei, dei quali nessuno si salvò dalle camere a gas. Gigliola ebbe una sorte migliore: fu uccisa immediatamente all’arrivo del treno. In quello stesso treno, provenienti da Roccatederighi c’erano altri bambini: Regina Ascarelli di 3 anni, Franca ed Enzo Cava di 13 ed 8,  Hans e Walter Turteltaub di 11 ed 8, Edith Singer di 12 anni. Racconto minimale  nella grande tragedia della Shoah, ma per noi Toscani e abitanti a poche decine di chilometri da Roccatederighi, carico di dolorosa memoria. Sono grato a Laura per avermi “ringraziato per i documenti che le ho fornito, frutto di tanti anni di ricerche e di studio…” Il libro è uscito nel 2014 ed ha  ottenuto un notevole successo, grazie all’instancabile passione con la quale Laura lo ha presentato in decine di incontri, seminari, lezioni, nelle scuole e nelle Istituzioni.  Il libro, al costo di 12 €, credo si possa reperire ancora presso l’autrice (Livorno) oppure su ebook, oppure  presso www.youcanprint.it

La mia personale scoperta di questo piccolo “lager toscano” (tanto più anomalo dai grandi campi di stermino europei, anche perché realizzato in un fabbricato e terreno di proprietà della Diocesi Vescovile di Grosseto), risale alla seconda metà degli anni ’90, grazie ad un fortuito incontro con una partigiana, Lina Tozzi, una mezzadra, che in quel tempo abitava in un podere nei pressi del borgo di Gerfalco (Montieri, Grosseto), la quale era venuta a conoscenza dell’esistenza di questo “Campo di Internamento a Roccatederighi”, dal quale distava poco meno di venti chilometri. Da questo incontro con Lina (che racconto nel volume “La piccola banda di Ariano”, edito nel 2003) prende le mosse la mia ricerca, anch’essa condensata in un capitolo del libro citato e successivamente in un opuscolo nel 2005.

Negli ultimi anni la conoscenza di questa triste storia, per molti aspetti assai singolare (il Seminario, il Vescovo, le protezioni e liberazioni di alcuni detenuti, la selezione operata nei due trasporti: primi gli ebrei stranieri; secondi quelli italiani, cercando di lasciare al di fuori quelli grossetani, quest’ultima operazione non riuscita perché la neonata Gigliola Finzi fu registrata all’Anagrafe del Comune di Roccastrada (Grosseto) e quindi era una cittadina “grossetana”), ha prodotto spettacoli teatrali, un film-documentario di Vera Paggi, e molti altri scritti e testimonianze.

Finalmente ha dato anche luogo ad una “riconciliazione” tra la Chiesa Cattolica e la Comunità Ebraica Italiana, con l’erezione di un monumento condiviso  ubicato subito al di fuori dell’ingresso dell’ex Seminario di Roccatederighi, oggi trasformato in una struttura sanitaria. Il giorno della inaugurazione del monumento c’ero anch’io tra  i molti presenti, e le tante autorità civili e religiose. Da Roma erano arrivate le più alte cariche della Comunità Ebraica. Certo nessuno, praticamente, mi conosceva ed io stesso  non lo desideravo. Però avvenne un fatto imprevisto: mi trovavo vicinissimo ad un gruppetto di belle signore, molto eleganti, e, mio malgrado, ero costretto a udire la loro conversazione che verteva sulla vicenda che si andava commemorando. Tra loro c’erano anche le mogli del Rabbino di Roma e di altre personalità. Ad un certo punto sentii dire: “ma com’è possibile che noi non sapessimo nulla di questa tragedia?” le rispose un’altra del gruppo: “nemmeno io, e nemmeno mio marito sapevamo qualcosa fino a pochi anni  fa, quando ci fu inviato un volume  dalla Toscana, da Pitigliano,  nel quale si raccontava la vicenda”  “ma questo volume chi l’ha scritto?” “l’ha scritto un certo Carlo Groppi, non lo conosco, ma vorrei tanto ringraziarlo per quello che ha fatto!” A questo punto vinsi il la mia timidezza ed entrando nel gruppo le dissi” Care signore, sono molto contento di dirvi che quel certo signor Carlo Groppi, sono io!” Non mancarono lo stupore, l’affetto, e qualche lacrima…Successivamente sono stato in contatto con una di loro, con grande soddisfazione morale.

Negli ultimi 50 anni o avuto un intenso rapporto di amicizia con alcuni ebrei di Plzen (CZ), fuggiti in Inghilterra e arruolatesi nella Brigata di Combattimento Cecoslovaccca,  le cui famiglie furono praticamente  sterminate, prima passando per Terezin e poi finite nelle camere a gas di  Auschwitz. Sono depositario di molte memorie trasmessemi da Rudolf e Edmund. Ho raccolto, infine, un’ampia documentazione grazie a:  Ariel Paggi, Elie Lattes, Eugenia Servi, Carla Servi, Cesare Nunes, Luciana Rocchi, Marisa Bemporad, Vera Paggi, Elena Servi, e molte altre persone.  Ho tenute alcune conferenze, pubblicato articoli, compiuto pellegrinaggi nei principali Lager d’Europa, Musei, Sinagoghe, Casa di Anna Frank, approdando infine allo Yad Vashem di Gerusalemme.  

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