PROVERBI LICENZIOSI...
Questa sera, ore 17, nella sede dell'Associazione Culturale "Il Chiassino" di Castelnuovo di Val di Cecina, presenterò la mia ricerca sui proverbi licenziosi, una ricerca ancora in corso. Ho preparato una "interessante" introduzione che adesso riprodurrò sperando che possano giungermi nuove segnalazioni di proverbi, modi proverbiali, bibliografie, aforismi, trivialismi, stornelli, indovinelli, anche a tema più allusivo e moraleggiante. Mi si perdonino queste 5 pagine!
CONVERSAZIONE
SUI PROVERBI
CHIASSINO, “26 OTTOBRE 2013 ore 17
CHIASSINO, “26 OTTOBRE 2013 ore 17
Che cosa è un proverbio? Pro-verbo, ossia verbo, parola…posso
rispondere così: è un detto breve e arguto, di origine e diffusione popolare,
che esprime per lo più in modo figurato e allusivo, verità,
concetti, regole, consigli o convinzioni comunemente accettate, dal remoto
passato ai tempi moderni, tanto che tutti i popoli ne sono ricchi,
trasfondendovi in larga parte i fondamenti delle loro usanze e legami sociali,
timori, speranze e sentimenti. Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia
che vorrebbe significare, pressappoco, “che è sul sentiero, fuori della strada
normale”.
Hanno proverbi gli esquimesi e gli
abitanti delle isole Figi, i tagiki ed i bantù, e nuovi proverbi, o modi proverbiali
nascono incessantemente nelle grandi aree metropolitane del mondo intero. Per
fortuna la nostra regione, la
Toscana , è una delle aree del mondo più ricca di proverbi che
abbracciano ogni contesto della vita dell’uomo. In essi sono sintetizzate le
leggi morali, civili, religiose e politiche che si estendono a tutti i casi
della vita, della quale, nutriti dall’esperienza, esaltano i beni e censurano i difetti e i
vizi, di quella saggezza che s’è tramandata di generazione in generazione, fino
ad invadere con abbondanza la globalizzazione informatica.
Chi volesse sbizzarrirsi nel far
raccolta di proverbi, magari a tema e regionali, oggi troverebbe sul web,
credo, decine di migliaia di proverbi di tutto il mondo, magari non esattamente
ritmati e talvolta approssimati, tuttavia io n’ho fatto un uso limitatissimo,
qualche volta più per le comparazioni che per aggiungere novità.
Se sarà facile spiegare il contenuto
della mia ricerca sui proverbi, arduo è descrivere l’immensa scienza della
letteratura delle sentenze, poiché essa è il
patrimonio e il frutto della vita e dell’osservazione di tutti i popoli.
I libri più antichi, dagli ammaestramenti del re egizio Amenemhet (circa
2000 a.C.) ai Veda indiani, dall’ I-King
al Talmud, alla Bibbia e al Corano, ricordano che i proverbi sono nati con
l’Uomo. Aristotele affermava che i proverbi sono “frammenti dell’antica
filosofia conservatisi tra molte rovine, grazie alla loro brevità e musicalità”
e Cervantes fa dire a Don Chisciotte: “…mi pare,
Sancho, che non ci siano proverbi che non siano veritieri, perché tutte le
sentenze derivano dall’esperienza, madre di tutte le scienze…” ed anch’io ho
messo come incipit alla raccolta di quelli licenziosi, due motti latini: Horas
non numero nisi serenas (non indico ore se non
serene) e Omnia munda mundis (tutto è puro per quelli che sono puri).
I primi proverbi locali l’ho appresi da
bambino e mi hanno sempre affascinato. Dall’inizio degli anni ’70 del secolo
scorso ho iniziato a trascriverli, partendo da quelli locali. Successivamente
mi sono dedicato a selezionare quelli sulla pastorizia, confluiti in un
libriccino dal titolo “Fiorin di cacio,
facciamo finta di chiamare il micio…”,
pubblicato nel 1999 con la collaborazione di Claudia Vallini, e, per la
parte grafica di Fabrizia Doloverti e Liliana Grazzini. Su questa spinta, nel
2006 è uscito il libriccino di Claudia “Fior di grano…profumo di pane” con
illustrazioni di Margherita Cianchi. Parallelamente a queste trascrizioni e
ricerche mi sono immerso in un segmento
specializzato appuntando diligentemente tutti i proverbi, modi
proverbiali, arguzie, motti, locuzioni, detti, relativi all’immaginario della
sfera dell’eros, che via via mi capitavano sotto gli occhi: dall’innamoramento
all’amore, al matrimonio, alla voluttà, agli eccessi, al tradimento ed alla
fiducia, alla fisicità del corpo umano, alla trivialità dell’invettiva, così
come ci erano stati tramandati, molte volte soltanto oralmente, nel territorio
compreso tra i fiumi Magra e Fiora, nelle Colline
Metallifere e in Maremma, in Toscana, aggiungendoci, come ricco contorno, aforismi
ed espressioni proverbiali, latine, italiane e straniere.
Strada
facendo vi ho inserito qualche proverbio
più leggermente allusivo, qualche indovinello, stornello e filastrocca, tra
quelli che mi sono parsi nostrali e originali, lasciando in tal modo aperto un più
ampio spazio di ricerca in questo meraviglioso settore della cultura popolare,
pubblicando nel 2009, in
una edizione privata tirata in 350 copie, contenente 1200 proverbi, un
fascicolo dal titolo inequivocabile sul contenuto dello stesso “Di passere e
d’altri uccelli…”.
Dopo tale pubblicazione molte persone
mi hanno segnalato nuovi proverbi, modi di dire, stornelli, canzoni, da poter
aggiungere, e testi da consultare. Inoltre, man mano che procedevo nella
raccolta, mi sono avvalso, oltre delle fonti orali, di innumerevoli scritti di
autori antichi e moderni italiani e toscani, fino a quando il materiale
raccolto non è diventato così consistente che ho dovuto ridurlo a circa
tremila, per renderlo leggibile.
Ritengo tuttavia che la raccolta abbia soltanto aperto una finestra sul
grande universo de “li vulgari proverbi”, del quale si potrà facilmente intuire
la vastità, in particolare per i proverbi regionali, da me minimamente
trascritti, e per un più attento confronto tra quelli dei paesi europei di
cultura neolatina e germanica ed i nostri, provenienti da un’area assai più
limitata, dalla quale siamo usciti raramente per raccogliere soprattutto
proverbi e aforismi italiani, latini, greci, francesi, inglesi, tedeschi,
sardi, lombardi, napoletani e spagnoli, a tema generico “licenziosità” e virtù
morali.
Rinunciando momentaneamente ad ogni commento, sia per le difficoltà oggettive
della ricerca, che per i tempi lunghi che ciò avrebbe richiesto , ed anche
perché nella maggior parte dei casi m’è
sembrato evidente il significato, manifesto o allusivo, considerando inoltre
che la raccolta non è destinata alla pubblicazione, ho omesso l’indice delle
fonti, scritte e orali, e la bibliografia, quest’ultima davvero imponente.
Mi sono tuttavia reso conto che in moltissimi casi, specialmente per i
proverbi e modi di dire dei secoli XVII e XIX, il loro significato ci resta
oggi molto oscuro e del tutto fuori contesto. Li ho riportati, tuttavia,
soprattutto attingendo a vocabolari o rimari toscani, per le dovute
comparazioni tra due modelli antropologici non lontanissimi, uno al tramonto,
l’altro all’alba, quello della mezzadria e delle campagne e quello della comunicazione digitale.
In Italia, l’interesse a raccogliere proverbi, sia da testi scritti e
sia dalla viva voce del popolo ed a trascriverli o inserirli in opere erudite,
scientifiche e letterarie, è antichissimo, risalendo ai grandi scrittori greci
e latini (le cui sentenze, con oltre diecimila citazioni, sono state pubblicate
da Rizzoli nel 1991), e, a partire dal secolo XIII, da autori italici.
Il più antico testo misogino in
volgare compare anonimo tra il 1152 ed il 1160 “Proverbia amalidicuntur super
natura feminarum”, cioè agli albori
della nostra letteratura, mentre altri appariranno in Toscana ed in Piemonte
nel primo trecento, essenzialmente a carattere moraleggiante e allegorico e
Dante Alighieri ne farà largo uso all’interno della Divina Commedia in versi
memorabili come un frequente uso i
troverà nel Decamerone di Boccaccio e perfino nel Canzoniere di Petrarca. Nel ‘400 Antonio Corazzano compone l’opera “De
proverbiorum origine” e “Proverbi et facezie”, quest’ultima ad esplicito
carattere licenzioso. Si deve infine a Baldesar Castiglione, ed alla sua
celebre opera, Il libro del Cortegiano, dato alle stampe nel 1518, una
considerazione della donna più emancipata, quasi paritaria con l’uomo. La Controriforma e la
perdita di identità nazionale nei secoli seguenti, fino alla metà del XIX
secolo, faranno ripiombare la “questione femminile” nella denigrazione e
trivialità. A questo proposito segnalo ai curiosi ed agli interessati una tesi di dottorato
all’Università di Barcellona (2009) di Anna Romagnoli, dal titolo “La donna del
Cortegiano nel contesto della tradizione (XVI secolo), che illustra
brillantemente le cause della “presunta” inferiorità della donna, rispetto
all’uomo (http://www.tesisenxarxa.net/TDX-0723109-110153/).
Per quanto più strettamente legato alla
mia ricerca, mi limito a citare: il biblico Salomone, figliolo di David, re
d’Israele, al quale si attribuiscono molti proverbi del libro omonimo
dell’Antico Testamento, che si fa risalire tra l’VIII ed il IV secolo a. C.; il
greco Esiodo, il divino Marco Valerio Marziale e i due grandi del ‘500 toscano,
Cinthio de li Fabrizi(De li vulgari proverbi) e Antonio Vignali (La Cazzaria e Lettera in
proverbi); tra la metà del ‘500 e gli albori del ‘600 Francesco Perdonati
riunì, in vari volumi manoscritti, una vasta messe di proverbi, molti dei quali
furono successivamente riprodotti nella terza edizione della Crusca nel secolo
XVIII. Non si possono inoltre tacere
alcune espressioni proverbiali inserite da Lorenzo Lippi nel suo poema
“Malmantile racquistato”, gli aforismi morali francesi del ‘700 ed i deliziosi
detti di Bertoldo, i proverbi di Adriano Politi inseriti nel “Dittionario
Toscano” del ‘600, quelli di Carlo Tommaso Strozzi, Sebastiano Paoli da Lucca e
le raccolte di Michele Pavanello, del veronese Orlando, di Angelo Morosini e
Francesco Lama. Nel secolo seguente i
proverbi conoscono un periodo di splendore grazie alle riscoperte del Tommaseo
e del Giusti, che ad essi dedicarono molti anni di studio e di ricerca, e da
moltissimi loro discepoli: Antonio Gotti, Gino Capponi, Augusto Alfani, Eugenio
Restelli, Arrigo Pecchioli, Niccola Castagna ed ai contemporanei dell’Accademia
senese degli Intronati: Bacci, Iacometti, Lombardi e Mazzoni, nonché, per
rimanere in terra di Siena, a “nonna Zoe”, originaria di Belforte, che raccolse
circa duemilacinquecento proverbi generici, al mio caro amico “Tista”, Giovanni
Batistini di Volterra ed anche attingendo a letture
inaspettate, come i “proverbios” di Antonio Machado ed al Lunario dei giorni
d’amore a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, 1998.
Ed infine, mi si perdoni l’ardire, ma
solo per indicare una insolita via nell’immenso universo dell’eros, ho inserito
quindici aforismi ricavati dall’Antologia Palatina, nella summa che ce n’ha
offerta Filippo Maria Pontani (1913-1983), tra gli oltre quattromila epigrammi
greci che vanno dall’età arcaica al X secolo d. C.
A questo immenso patrimonio hanno
inoltre contribuito ricercatori dialettali e locali d’ogni contrada italiana e
nell’era di internet si possono trovare sul web centinaia di migliaia di voci
proverbiali, modi di dire, detti proverbiali, insieme a stornelli, indovinelli,
filastrocche, aforismi, locuzioni, epiteti, esclamazioni, sia in italiano che
in napoletano, veneziano, piemontese, siciliano, sardo, friulano ecc. ecc. A
chi volesse effettuare confronti e verifiche, nonché approfondimenti, segnalo:
il Vocabolario dell’uso toscano, compilato da Pietro Fanfani nel 1863,
l’interessante opera di G. Pitrè, voce Proverbi, della Bibliografia delle
Tradizioni Popolari d’Italia, 1894, gli aforismi di Marie Von Ebner –
Eschenbach della fine dell’800, nonché il volume “Dizionario Letterario del
Lessico Amoroso: Metafore, Eufemismi, Trivialismi”, Utet, Torino, 2000; i lemmi
specifici del Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, Torino, 1961-2004;
il Diccionario de Refranes di Luis Junceda, i 5000 proverbi e motti latini
raccolti da L. De Mauri, Hoepli, 1926 e 1990, i volumetti curati da Guglielmo Amerighi
nella collezione “Mezzo Scudo” della Libreria Editrice Fiorentina, ed infine Il
Grande Dizionario dei proverbi italiani in Cd-rom di Paola Guazzotti e Maria
Federica Oddera, Zanichelli, 2006, che contiene 11.000 proverbi con esclusione
di quelli dialettali, dai i quali ho tratto spunti e traduzioni tra quelli
raccolti da Claudio Urbani, dai campani, laziali, lombardi e siciliani. Infine,
un ringraziamento speciale lo devo alla mia compaesana Wilma Banchi, per la
quantità di proverbi, stornelli e aforismi che mi ha trascritto con precisione.
Non rientrava nel mio scopo eseguire un lavoro scientificamente
impostato, ma soltanto appagare l’antico desiderio di mettere nero su bianco
una parte di quel patrimonio, considerato, non a torto, “la scienza dei
poveri”, così volgare, tenero e corposo che ci accompagna nella vita
quotidiana, quanto più è nascosto nella cultura ufficiale e scolastica, onde
salvaguardarne il bagaglio di sapienza, di ironia, e di saggezza che esso
racchiude. Apparirà nel nostro tempo, anacronistico e superato il preconcetto, se
non disprezzo, del maschio verso la femmina, ispiratore della maggior parte dei
proverbi da me riportati, frutto di una cultura millenaria non ancora del tutto
rinnovatasi, che trasforma la donna in mero oggetto di riproduzione e di
utilità domestica; una creatura inferiore, lussuriosa e di bassi istinti, ritenuta
per secoli dalla cristiana religione
l’origine del peccato originale, di cui
non fidarsi mai. Tuttavia non possiamo operarne l’oscuramento; al contrario, la
visione in negativo del ruolo femminile consentirà di apprezzarne, quando la
tragica fase in cui viviamo, per brevità definita del “femminicidio”, che non
intendo amplificare, sarà conclusa, il
progresso sulla strada dell’emancipazione e della parificazione sociale e sessuale.
Si tratterà, credo, di un processo storico ancora lungo e difficile, perché, al di là, di
prevedere condanne per chi fa violenza sulla donna, come ha sancito la recente
legge approvata dal Parlamento italiano, occorrerà con altri mezzi, sociali,
culturali religiosi, incidere sulla coscienza e sui costumi dei popoli per
modificare millenni di scissione tra l’uomo e la donna recuperando un pieno
rapporto unitario.
Mi accomiato con le parole del “maestro”, l’incantevole Rabelais:
Gentili amici, voi che m’accostate,
liberatevi
d’ogni passione,
ed ascoltando,
non vi scandalizzate:
qui non si
trova male né infezione.
E’ pur vero
che poca perfezione
apprenderete,
se non sia per ridere,
altra cosa non
può il mio cuore esprimere:
meglio è di
risa che di pianti scrivere,
ché rider
soprattutto è cosa umana.
Si, ridere è cosa saggia e salutare, come recita un antico proverbio: “Chi ride
leva un chiodo alla bara!”, ossia vive più a lungo e meglio di chi non lo
faccia. Infine, per correzioni e
proposte di ulteriori aggiunte, se
qualcosa vi verrà in mente, anche nei prossimi giorni, sarò contento di
riceve e mail all’indirizzo: karl38cg@gmail.com
e in anticipo ringrazio chi lo farà.
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