lunedì 29 ottobre 2012


Libri editi ed inediti (news 3).



1) Ho vegliato le notti serene, Lucrezio tradotto da Enzio Cetrangolo, Sansoni Ed., Firenze,
    1990, pp. 118.

Magistrale traduzione (con testo latino a fronte) di brani dal De Rerum Natura di Lucrezio (Pompei, 98 a. C. – Roma, 55 a. C.?), in una operazione che riesce a espandere l’ansia del metro latino sul verso italiano, tanto che la fantasia del Poeta si ritrova fecondata in un allungamento spaziale senza termine, nel quale par di riudire la voce immortale di un classico.
           

2) Roy Lewis (Felixstowe, 1913 – 1996), Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, romanzo, Mondadori, Milano, 1994, pp. 176.         

Si tratta di un libro di culto che vi cambierà la vita, in maniera sottile. E’ la vicenda del brillante ominide Edward che in un bel momento decide di abbandonare l’evoluzione naturale per passare a quella culturale. Detto fatto scopre il fuoco, poi decide di trasferirsi da una caverna fetida a una più lussuosa dove si possa “coltivare meglio l’intimità”, in seguito si impegna a “fondare” il matrimonio, a sterminare le altre specie, a creare la politica, la retorica, a sfruttare i brevetti delle scoperte e via architettando…fino a ridipingere tutto l’affascinante affresco dell’evoluzione tra le pagine di un romanzo intelligente, garbato e divertentissimo. Leggere per credere!

3) Giuseppe Viviani (San Giuliano Terme, 1898 – Pisa, 1965), Poesie scherzose di Maria Malagrazia, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, pp. 90, 1961, a cura di Vanni Scheiwiller, tir. 1000 copie numerate con 10 illustrazioni del pittore.

Attraverso la frequentazione del signor Belforte (alla fine degli anni ’50 del Novecento) titolare dell’omonima libreria in Via Grande a Livorno (oggi scomparsa) conobbi l’opera grafica e pittorica di Giuseppe Viviani, che, come un amore a prima vista, mi affascinò. Con le poche risorse economiche di cui disponevo acquistai due stupende opere litografiche (Uccelli rosa, La foce del Serchio), delle quali conservo  la prima, mentre con l’altra riuscii a fare un cambio con quella di un più titolato e amato Maestro del ‘900. In seguito ho raccolto una notevole bibliografia e cataloghi di Viviani, compresa una copia (la n. 742) della sua opera letteraria, questa segnalata. Opera che di “scherzoso” ha poco, essendo triste e accorata, polemica e fustigatrice di molti dei vizi italici che anticipavano la deriva morale d’oggi. Figura spigolosa e tenerissima, sognante e ispiratore di sogni, la tengo tra le più care.

4) William Blacker, Lungo la via incantata,  Viaggi in Transilvania, Adelphi , Milano, 2012, pp. 340.

Apparso in inglese nel 2009 con il più appropriato titolo “Along the Enchanted  Way. A Story of Love and Life in Romania”, è il primo libro di Blacker. William Blacker viene da una famiglia anglo-irlandese, ma ha trascorso buona parte degli ultimi suoi venti anni un Transilvania e nel Maramures. Vive ora fra Inghilterra, Romania e Toscana. E’ la cronaca di un viaggio, di un amore, di un giovane antropologo, libro bellissimo, specie di romanzo vero, che ti prende e ti possiede man mano che ti inoltri nei ventitre capitoli che lo scandiscono. L’ho letto in diciotto giorni tra maggio e giugno di quest’anno durante una degenza in ospedale e il successivo periodo di convalescenza nella casa di mia figlia, a Siena. Mi ha fatto rivivere un più modesto viaggio di 6400 Km., effettuato nell’estate 1981, con moglie e due figlie, con una Fiat 127, che aveva al suo attivo già 61611 chilometri, attraverso la Romania e, soprattutto, con i soggiorni più lunghi ed interessanti, nelle regioni attraversate da William più di vent’anni dopo, specialmente nel Maramures e nella Bucovina. Un viaggio, anche il nostro, eccezionale per gli eventi accaduti, i personaggi incontrati,  i problemi di cibo, alloggio, illuminazione, rifornimenti di carburante, viabilità…in pieno regime comunista di Ceaucescu, in villaggi poverissimi, praticamente tagliati fuori dal mondo civilizzato, dal quale provenivamo. Ed ora, grazie a William, di riscoprire e…di rimpiangere. Fu in quell’occasione che composi la poesia “Là dove il Danubio scorre maestoso…, che mi attirò elogi da parte di amici democristiani e perplessità e ostracismo da parte di compagni comunisti.  Quest’ultimi non mi turbarono più di tanto, avendo ormai, fin dai tempi precedenti la “primavera di Praga”, preso le distanze da quei regimi dittatoriali e polizieschi che nulla avevano a che fare con la mia concezione di democrazia e socialismo.

5) PACEM IN TERRIS, Lettera enciclica della Santità di Nostro Signore Giovanni per Divina Provvidenza Papa XXIII, Roma, 11 aprile 1963. Versione italiana pubblicata sull’Osservatore Romano in detto giorno.

Comprai il testo dell’enciclica Pacem in terris a Roma nel maggio 1964, in occasione del “viaggio di nozze”. Mi ero sposato, con “rito civile”, il 27 aprile di quell’anno. Eravamo laici, “battezzati non credenti”. Io c’ero arrivato attraverso un originale percorso “ideologico” ed in parte perché respinto dall’oscurantismo cattolico in quanto appartenente al Partito Comunista, e perciò scomunicato. In più avevo dentro di me il rancore per problemi familiari: i miei genitori si erano “separati legalmente” quando avevo l’età di 5 anni (e mia sorella di 2), successivamente mia madre s’era “accompagnata” con un altro uomo dal quale aveva avuto altri tre figli. Naturalmente il “divorzio” non esisteva ancora, era considerato un’opera del diavolo, e i figli portavano il cognome del “marito”, cioè il mio e di mio padre. Da ciò derivava una complicata situazione, su molti piani, per fortuna risolta sempre pacificamente tra persone buone, intelligenti e ragionevoli. Ma quando salì al soglio pontificio Giovanni Roncalli avvertii subito alzarsi un “vento nuovo”. La sua evidente “umanità”, amore per la pace e per “tutti gli uomini di buona volontà” fu manifesta fin dalle encicliche Ad Petri Cathedram e Mater et Magistra e poi dalla sua immensa opera, il Concilo Ecumenico, una grande opera di pace.  Perciò la Pacem in terris non è quindi una fugace apparizione, ma il consolidamento ed il proseguo di una percorso, il vertice umano e dottrinale del suo breve, ma rivoluzionario, pontificato. Con emozione mi soffermai a meditare sulla Parte III, “Disarmo”, paragrafi 109-119 e sulla parte IV, Rapporti degli esseri umani e delle comunità politiche con la comunità mondiale”,  nonché, sulla parte V, “Richiami pastorali”, in particolare sui paragrafi 158 e 159: praticamente mi sentii assolto dalla scomunica! Infatti si annunciava “…che la Chiesa non dovrà mai confondere l’errore con l’errante, anche quando trattisi di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale-religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere umano e conserva in ogni caso la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità. Inoltre in ogni essere umano non si spegne mai l’esigenza congenita alla sua natura, di spezzare gli schemi dell’errore per aprirsi alla conoscenza della verità. E l’azione di Dio in lui non viene mai meno. Per cui chi in un particolare momento della sua vita non ha chiarezza di fede, o aderisce ad opinioni erronee, può essere domani illuminato e credere alla verità. Gli incontri e le intese, nei vari settori dell’ordine temporale, fra credenti e quanti non credono o credono in modo non adeguato, perché aderiscono ad errori, possono essere occasione per scoprire la verità e per renderle omaggio”.

Novembre 2012, 50° Anniversario della apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.

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