PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 48.
66. La morte di Larderello
Oggi si sta facendo pericolosamente strada, principalmente a
livello di particolari ambienti tecnico-scientifici, ma anche in settori del
movimento sindacale e politico, il concetto della “morte di Larderello”, cioè
di un inarrestabile declino produttivo dei tradizionali “campi geotermici”:
pertanto, tutto l’impegno sulla geotermia dovrebbe avvenire in nuove aree del territorio nazionale.
Abbiamo già messo in evidenza, come sindacato
Fnle-Cgil, il ruolo nazionale della ricerca geotermica, la sua proiezione nel
futuro sviluppo dell’umanità, ma non possiamo fare a meno di respingere con
forza queste idee assurde che, benché non suffragate da una seria base scientifica,
se accettate rischierebbero di aprire una fase di impoverimento di vasti
territori già duramente colpiti dalla logica dello sviluppo capitalistico.
Larderello e l’area attualmente produttiva
(Radicondoli-Amiata) è ancora l’unica e la principale in Italia. Nulla sappiamo
se a profondità maggiori di quelle attuali (cioè a 5-6000 metri) esistano
serbatoi geotermici produttivi, dato che quasi tutti i pozzi fino ad oggi
perforati e in attività, hanno una profondità media di circa 1500 metri;
nemmeno ci sono noti i fenomeni di alimentazione naturale dei bacini geotermici
per poter affrontare con successo la reiniezione artificiale di acqua, sia in
zone già produttive, sia in rocce calde secche, previa una fratturazione per
realizzare la permeabilità necessaria alla instaurazione di circuiti termici
convettivi.
Inoltre i pozzi produttivi ubicati
nelle vicinanze delle grandi centrali o nei più antichi bacini in sfruttamento,
si spingono a modeste profondità, appena alla testa dei serbatoi geotermici, e
necessiterebbero in permanenza di un impianto di perforazione disponibile per
ripulitura incrostazioni, ripristino tubazioni ed eventuale approfondimento.
Un’opera di manutenzione ai sondaggi che non è mai stata sistematicamente
eseguita e che potrebbe sopperire in buona misura la mancanza di produzione
elettrica.
Troppe volte si è cercato di emarginare
la geotermia e Larderello. Per i più diversi motivi. Non ultimo il suo
decentramento rispetto alle grandi aree metropolitane e ai centri del potere.
Tutta la politica dell’Enel è stata imperniata su questo obiettivo e solo la
tenace resistenza dei lavoratori e delle popolazioni dei Comprensori geotermici
ha impedito che si affermasse la ben nota teoria della “pentola” o quella di
avviare la produzione di “gassose” o di impiantare ”fabbriche di lampadine”.
E’
bene ripetere che non vogliamo assistenza geotermica, ma una attività
produttiva senza sprechi di nessun genere, a servizio dello sviluppo interregionale
e nazionale. Il potenziale umano, tecnico, di mezzi, che oggi esiste, non può
essere disperso e i lavoratori giudicheranno anche i recenti elementi positivi
emersi da un rinnovato impegno programmatico di attività geotermica dell’Enel e
dell’Eni-Agip in base a quanto, realmente, a tempi brevi, si farà nelle zone in
produzione che restano ancora la base più sostanziale di ogni sviluppo
geotermico: sia come ricerca, che come produzione geotermoelettrica. Poiché, se
le decine di miliardi spesi sulle nuove aree nazionali consentiranno, oltre
all’acquisizione di importanti elementi valutativi di nuove conoscenze,
l’installazione di un potenziale geotermico di 5 Mw, non ha senso lasciar
deperire e non sfruttare le Zone che già nell’immediato potrebbero consentire
il recupero di una potenza decine di volte superiore a quella citata. Infatti
potrebbe darsi che questo impegno di ricerca sulle aree esterne, mirasse, una
volta ancora, ad avviare la definitiva emarginazione della geotermia.
Non ha nemmeno senso affrontare, in
termini generali, il problema di un riequilibrio dei territori, in particolare
di aree sottosviluppate e del Mezzogiorno, e poi operare, con scelte produttive
e di investimento, in senso contrario. La divisione strutturale della geotermia
e lo scorporo dell’attività di ricerca, manutenzione e perforazione da quella
produttiva è gravida di pericoli per i territori che attualmente gravitano
intorno alla risorsa geotermica.
Infatti, a fronte di una ricerca non
finalizzata al reperimento di risorse suscettibili di trasformazione in energia
elettrica (che non vuol dire perdere la possibilità di uno sfruttamento
diversificato e pieno di ogni risorsa reperita, con particolari accordi tra
Enti e Regioni), e di una attività (la perforazione) atipica all’Enel e che si
può svolgere come attività di servizio in appalto o da altri operatori (Agip),
si può intravedere l’accentramento in altre località di quanto attualmente
fatto a Larderello e, in mancanza di alternative di sviluppo produttivo
diversificato, ciò porterebbe ad una drastica riduzione di occupazione,
favorita da decisioni settoriali (della produzione) tendenti a considerare
l’energia geotermica in una sola ottica economicistica (chiusura impianti,
telecomandi).
L’unitarietà della geotermia, un
programma organico in tutti gli Enti e con adeguato coordinamento nazionale,
consistenti investimenti, una nuova volontà politica che liquidi gli incapaci e
gli arrampicatori e, insieme, la
costituzione di un unico centro di ricerca, perforazione, manutenzione e
produzione a Larderello che, data la centralità di collocazione geografica,
consentirebbe efficaci collegamenti interni all’Enel e i contatti con le
Università, il Cnr e gli altri Enti, sono i soli presupposti di sviluppo
geotermico nazionale, regionale e comprensoriale.
Le Organizzazioni sindacali toscane si
fanno carico dei problemi complessivi della geotermia e dei territori. Da tempo
sollecitano gli Enti competenti a concretizzare qualche iniziativa. In
particolare chiedono all’Enel un cambiamento di rotta, il superamento delle
divisioni e una conduzione unitaria tra ricerca, coltivazione e sfruttamento.
Chiedono inoltre programmi e investimenti finalizzati per le nuove zone e per
quelle tradizionali, in ugual misura investite da gravi inefficienze. Alla Regione
Toscana chiedono un impegno concreto per la utilizzazione delle acque calde e
dei vapori a bassa entalpia, da tempo messi a disposizione dall’Enel, anche se
in modo inadeguato, e, forse, strumentale, per dar seguito alle positive speranze
emerse nel Convegno di Chianciano.
E’ proprio questo il campo di maggiori
possibilità future in senso produttivo. Non neghiamo che in una fase di crisi
energetica come l’attuale ogni sforzo debba essere fatto per produrre
elettricità, ai costi più bassi possibili, ma è altresì indubbio che l’energia
geotermica, nelle sue multiformi estrinsecazioni (vapore surriscaldato, vapore
umido, miscela acqua-vapore, acqua calda, fluidi caldi salini...) sarà sempre
più utilizzata per fini non elettrici.
A questo proposito tutti sanno che
esistono già le condizioni per passare alla realizzazione pratica di attività
industriali, civili ed agricole, in quelle Zone dove esistono risorse
geotermiche che l’Enel ha messo a disposizione degli Enti Pubblici, e che
devono essere utilizzate in primo luogo non per creare risparmi, ma per
allargare l’attività produttiva ed occupazionale, come del resto la “Vertenza Amiata” lascia intravedere.
Troppo tempo intercorre dalla fase
delle enunciazioni di principio a quella degli investimenti e quella delle
realizzazioni. Tempo prezioso, che vanifica tanti sforzi, che non consente
diversificazione produttiva e fa alimentare le spinte occupazionali verso Enti
(Enel) che ormai sono saturi se non si verificheranno condizioni nuove, al momento
impossibili. Su questi obiettivi è necessario un impegno maggiore del movimento
sindacale e delle forze politiche e sociali, poiché è su queste cose che poi,
in ultima analisi, si raccolgono consensi e credibilità.
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