PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 35.
52. Relazione al Comitato direttivo
Fnle-Cgil di Larderello (13 dicembre 1977)
Compagni,
ci presentiamo a questo Comitato direttivo con una relazione di carattere
informativo, sia sulle questioni generali che su quelle locali. Abbiamo
avvertito l’estremo bisogno di chiarire alcune cose sulle quali in queste
ultime settimane abbiamo riflettuto, cercando di capire i problemi per la loro
essenza politica, mai personalizzandoli, né esorcizzandoli con aprioristici
rifiuti, e tuttavia preoccupati per il momento politico che attraversiamo e che
è caratterizzato non solo dall’aperta violenza criminale del terrorismo, ma
dall’attacco contro le forze progressiste e contro la Cgil.
Proprio da una situazione così tesa
e difficile sarà possibile uscire in positivo con un grande sforzo di intelligenza
unitaria, superando incertezze, abulie e contrapposizioni, per indicare ancora
ai lavoratori e alle popolazioni una linea chiara di orientamento sindacale,
per consentire quei successi che nella Fabbrica e nella Zona garantiranno l’espansione
produttiva, l’occupazione e il miglioramento sostanziale della vita.
La lotta per la trasformazione della
società italiana avviene oggi nel pieno di una profondissima crisi che rischia
di portare ad un vero e proprio collasso dell’economia e delle Istituzioni; una
crisi che rischia di compromettere la possibilità stessa di ripresa e persino
il regime democratico.
E’ chiaro che se crollasse la
democrazia, se cioè si andasse ad una degenerazione reazionaria, allora ogni
rinnovamento della società sarebbe reso impossibile, tutte le energie più vive
e vitali sarebbero represse, schiacciate e ogni prospettiva socialista si
allontanerebbe per un tempo indefinito.
Ecco perché la classe operaia ha
preso nelle sue mani e deve mantenere saldamente, la difesa dell’ordine democratico,
dell’efficienza e del rinnovamento dello Stato e dello sviluppo delle risorse
economiche, attraverso una politica di rigore e di austerità volta a realizzare
una maggiore giustizia sociale.
Sono nemici della classe operaia sia
coloro che praticano il terrorismo nelle diverse forme e grado di intensità,
sia coloro che spingono i lavoratori all’isolamento corporativo nella difesa di
interessi ristretti.
Queste forze, al pari di quelle
capitalistiche e della destra, hanno come obiettivo di bloccare o ritardare la
prospettiva politica apertasi dopo il voto del 20 giugno 1976, una prospettiva
che consiste nel passaggio del Pci e dell’intero movimento operaio,
dall’opposizione al Governo. Reazionari e avventuristi vogliono impedire che
questo passaggio giunga a compimento. Alcune contraddizioni sono presenti anche
all’interno del movimento sindacale il quale sta vivendo una fase difficile.
C’è un netto mutamento di tono nelle polemiche all’interno e tra le varie
organizzazioni. Sotto tiro è oggi non solo la Cgil in senso generale, ma in
particolare i suoi dirigenti di base. E’ diventato addirittura un luogo comune
dire che noi facciamo di tutto per frenare il movimento, per favorire l’accordo
a sei, gabbia di ferro del sindacato.
Si potrebbe rispondere che proprio
in questi ultimi mesi c’è una ripresa della lotta, su scala nazionale,
regionale e dei grandi gruppi con caratteristiche di estrema combattività e
continuità, con importanti alleanze e saldature, a differenza del passato, tra
occupati e disoccupati, nord e sud, giovani e donne.
Certo i problemi esistono davvero e
su questi occorre impiegare tutta la nostra intelligenza e capacità di analisi.
Difficoltà reali nascono innanzitutto dalla qualità della crisi. Non si può
rispondere alla depressione rilanciando l’inflazione, ma sviluppando l’occupazione
e la produzione. In un Paese stremato finanziariamente ciò non sarà facile, se
non si vogliono colpire le rendite ed i privilegi dell’accumulazione
capitalistica.
Durante la fase congressuale Cgil, Cisl,
Uil hanno sviluppato una riflessione su questi nodi. Hanno parlato di scelte
austere e coerenti, tali da non permettere più il proliferare di aree
assistite, terreno di coltura di un trentennale sistema di potere; di un
salario fatto da una base ugualitaria e da una parte professionale variabile, di
un diverso meccanismo di sviluppo e accumulazione della ricchezza.
Il sindacato si pone inoltre, in
questa fase, in un rapporto nuovo con i Partiti e con il Governo, ampliando i
suoi spazi di intervento senza pregiudicare alla sua autonomia. Come risulta
dal documento conclusivo del Consiglio generale della Cgil del recente ottobre,
la situazione richiede un radicale mutamento della linea politica economica con
misure capaci di avviare una ripresa selettiva dello sviluppo fondata
sull’obiettivo di un rilancio degli investimenti e della spesa pubblica
qualificata, per il Mezzogiorno e l’occupazione. Certo, il sindacato e la Cgil
sanno che non tutti i Governi e non tutte le formule sono uguali.
In particolare questo Governo della
Dc si sta dimostrando ogni giorno di più incapace di affrontare con successo i
gravi problemi del Paese e quindi è necessaria una svolta profonda per
realizzare un Governo di unità e solidarietà nazionale che sia aperto al Pci e
Psi e si ponga il problema della rinascita nazionale.
Il Paese soffre proprio per questa
sospensione a mezz’aria, in conseguenza della quale, una soluzione politica che
è ormai matura e necessaria viene rinviata con effetti gravi per tutti. E
perché? La causa principale sta in una resistenza della Dc, determinata
essenzialmente da ragioni di equilibri interni, di correnti, di potere, faide e
singoli. C’è bisogno quindi di un Governo che non spacchi in due il Paese, ma
che sia basato su una larga maggioranza di forze progressiste e popolari.
Questo ci è parso anche il senso della grande giornata di lotta del 2 dicembre:
non il tanto peggio tanto meglio predicato da gruppi avventuristi, ma una
grande forza operaia che si batte per una svolta economica e per la difesa
della democrazia.
Chi attacca frontalmente il mondo
sindacale punta allo sfascio e logicamente finisce per avvitarsi nella spirale
della violenza eversiva. Ecco perché si assiste, nel composito ed inquieto
mondo dei “gruppi”, all’isolamento del “partito armato” e alla presa di
distanza politica da parte delle organizzazioni più responsabili. E’ bene
sottolineare che anche questa grande giornata di lotta si è realizzata perché,
nonostante ritardi, errori, manovre più o meno oscure delle forze reazionarie,
l’unità sindacale è ormai una conquista storica dell’impegno primario della
Cgil, dalla quale nessuno può tornare impunemente indietro, tanto essa è
radicata nella coscienza di grandi masse di lavoratori.
Faceva rilevare il compagno Luciano Lama
al Congresso di Rimini, che troppo spesso i compagni non colgono appieno il
valore di questa unità. Basterebbe invece riferirsi ad elementi presenti
attualmente nella situazione italiana:
-
difesa del potere
di acquisto dei salari (scala mobile) in una fase di inflazione al 20%;
-
la crisi non si è
tramutata in massicci licenziamenti;
-
nonostante che la
crisi produca divisioni e antagonismi e diminuzione del potere sindacale siamo
riusciti, in Italia, a conservare un grande potere e tenere unite le masse dei
lavoratori, le Organizzazioni sindacali tra i settori e le aree geografiche
nazionali.
Oggi siamo ancora all’unità di azione, non all’unità
organica. Un processo storico troppo semplicisticamente ritenuto breve,
registra invece tempi lunghi, ma non possiamo tacere che nonostante questi
limiti la “Federazione Unitaria” abbia conseguito importanti successi. Non
ultimo quello della svolta politica apertasi con il voto del 20 giugno 1976.
Nel campo dell’unità organica ci sono delle
difficoltà. Difficoltà a costruire, espandere gli organismi di base, ed è su
ciò che si è incentrata l’attenzione del Congresso della Cgil e sono in corso
interventi atti a superarle. Ma l’unità non ammette deviazioni. Sarebbe il
suicidio della classe operaia italiana se si cedesse a spinte centrifughe e
frazioniste, e oggi è più che mai necessario rinsaldare quella esistente. Ciò
non significa cancellare i propri connotati specifici, l’unità si fa tra
diversi seppur su una base di obiettivi comuni.
Anche le polemiche, interne ed esterne, possono
contribuire a fare chiarezza. Ma si tratta di sapere se esse sono costruttive o
di mera contrapposizione.
In un recente episodio accaduto a Larderello per
l’uccisione del compagno Petrone, si è aperta una violenta polemica al nostro
interno, che ancora deve essere chiarita, e tra noi e nella Segreteria della
Camera del Lavoro, come richiesto da alcuni compagni. La polemica parte da un
episodio circoscritto, sul quale pesano sicuramente errori nostri, per aver
lasciato aperti spazi, per non essere stati troppo tempestivi e incisivi in
quel preciso momento, ma si è poi ampliata a questioni generali alle quali
abbiamo già cercato di rispondere. E’ bene discutere nel nostro Comitato
direttivo la posizione di questi sei compagni, perché a nessuno sono permessi
doppi giochi: stare cioè in Organismi sindacali e poi sparare a zero contro di loro
o decidere azioni senza preavviso, con gravi rischi per la intera Fabbrica.
Poiché ci viene sollecitato vogliamo ridiscutere tutta
la nostra linea a Larderello, linea che tuttavia ci sembra uscita da un recente
Congresso, al quale ci siamo impegnati a far partecipare il più alto numero di
lavoratori possibile e che si è svolto in un clima di forte unità.
Abbiamo al 1° punto del nostro impegno l’espansione
produttiva della fabbrica e della Zona; al 2°, la conseguente difesa ed
espansione dei livelli occupazionali; al 3°, la sensibilizzazione di Enti
Locali e del Governo per lo sfruttamento plurimo della geotermia; al 4°,
l’assetto organizzativo di tutta la Fabbrica con vertenze specifiche già in
corso per le Officine, le Perforazioni e le Centrali, per la valorizzazione
delle capacità tecnico manuali dei lavoratori e il risanamento dell’ambiente di
lavoro; al 5°, un nuovo assetto organizzativo dell’Enel nella geotermia per superare
divisioni e sprechi.
Su molti di questi punti ci sono larghe intese tra le
Organizzazioni sindacali e il Cud ed è stato possibile mobilitare e far
scendere in lotta, unitariamente, i lavoratori.
Al nostro interno abbiamo rafforzato costantemente la
Fnle-Cgil di Larderello passando in pochi anni da 296 a 520 iscritti effettivi,
portando in Fabbrica, coi volantini e con il “giornalino” una presenza
continua, facendo frequenti riunioni nelle zone decentrate e di tutti gli
Organismi dirigenti (segreteria, direttivo), compresi “attivi” con invito a
tutti i nostri iscritti. Abbiamo cercato di decentrare le decisioni costituendo
Commissioni di lavoro, prima interne, poi tra le Organizzazioni sindacali ed il
Cud, facendo segreterie aperte con la partecipazione di altri compagni del
Comitato direttivo a rotazione e con un’opera promozionale verso i giovani,
opera che con l’inserimento del compagno Graziano Pacini in segreteria, ha dato
frutti positivi. Abbiamo inoltre, ogni qual volta ce n’è stato bisogno, convocato
apposite riunioni di compagni particolarmente esperti sui vari problemi, anche
se soltanto semplici iscritti.
I compagni conoscono le condizioni nelle quali ci
troviamo ad operare. Per tanti anni nella nostra Fabbrica c’è stato un feudo
moderato, democristiano, dove hanno prosperato il privilegio, il compromesso,
lo spreco, la raccomandazione. La connivenza tra Direzione ed alcune
Organizzazioni sindacali e politiche ha portato ad una degenerazione profonda
nel tessuto sociale, tanto che l’anomalia “Larderello” è ancora oggi
rappresentata da una forte posizione di predominio del sindacato Flaei-Cisl in
una zona a maggioranza di sinistra.
Nonostante nostri recenti successi, anche sul piano
elettorale (Cre) e organizzativo, restano zone d’ombra dove non è facile
portare la nostra azione. Emergono intorno a noi, ogni giorno, posizioni
confuse, qualunquiste, che ci impegnano all’estremo,frantumano e disperdono la
nostra giornata. Non siamo ancora riusciti a fare del Consiglio dei Delegati un
reale strumento di democrazia e partecipazione di base, capace quindi di
superare le inerzie e i ritardi che spesso ci troviamo a dover fronteggiare
come Organizzazione e che è il prezzo più alto pagato sull’altare dell’unità.
Talvolta sono ritardi, incertezze, che derivano dal
mondo esterno, tensioni e contrapposizioni tra territori che si scaricano sul sindacato:
spesso sul sindacato si scaricano inefficienze ed errori che son solo di altri.
Ma questo vivere insieme ci ha pur dato qualcosa sul piano umano e ideale.
C’è unità, chiarezza, amicizia tra noi e non abbiamo
mai anteposto agli interessi più generali dei lavoratori e dei nostri iscritti,
interessi di questa o quella forza politica, né tanto meno quelli individuali.
Abbiamo cercato di instaurare rapporti costruttivi con tutti, anche con i
difficili compagni dell’estrema sinistra. Infatti nessuna carica, nessun
impegno, nessuna collaborazione è stata boicottata. Se la collaborazione non è
avvenuta in forme più ampie si deve soltanto alla loro volontà. Dunque noi ribadiamo
che nella Fnle-Cgil c’è posto per tutti, anche per i critici più accaniti, meno
che per i dichiarati nemici. Non avrebbe tra l'altro nessun significato non
accettare la linea politica di una Organizzazione e continuare a starci dentro.
Non siamo certamente immuni da errori, ne abbiamo
fatti e ne faremo ancora, ma se saremo più uniti, a partire dal Comitato
direttivo, dal Comitato di Zona, dai reparti, riusciremo a far avanzare le idee
di rinnovamento del nostro sindacato, della Cgil, anche in una Fabbrica ancora permeata
da troppi privilegi e contraddizioni, come quella di Larderello.
Sono questi, compagni, i punti sui quali chiediamo la
vostra riflessione e il contributo critico per consentire al nostro sindacato e
all’insieme del movimento di affrontare con successo i difficili momenti che ci
aspettano, in previsione di uno sciopero generale che si sta delineando a
fronte delle ultime gravi prese di posizione del Governo in materia di
provvedimenti economici, che, com'è intuibile, aprirà nel Paese una crisi dalle
prospettive incerte e complesse. L'intensificazione delle lotte unitarie dei
lavoratori in questo difficile momento è necessaria non solo per le questioni
di interesse più immediato, ma come difesa della democrazia e fattore di svolta
sociale. Sta ancora una volta al sindacato, alla Cgil ed all’insieme del “movimento”,
respingere le multiformi strategie che vorrebbero farci arretrare dalle
posizioni conquistate in questo dopoguerra attraverso dure lotte ed allo stesso
tempo per far mutare i rapporti di forza, a vantaggio degli interessi dei
lavoratori e delle masse popolari.
C’è
bisogno non solo di difendere la Cgil per affrontare gli altri primari obiettivi
della riforma del salario, della vertenza energia e ristrutturazione dell’Enel
e dei problemi inerenti la nostra Fabbrica e la Zona, ma di rafforzarla
reclutando i giovani assunti, facendo un’opera di proselitismo reparto per
reparto, superando quell’apatia che è spesso il limite di tanti compagni.
Usciamo quindi da questa riunione e affrontiamo “l’attivo”, più uniti, più
consapevoli, più forti. Questa è l’indicazione che vi dò a nome della
Segreteria e insieme al ringraziamento per l’impegno che ancora vorrete porre
al servizio dei lavoratori, dentro la Fnle-Cgil, colgo l’occasione di farvi gli
Auguri, a tutti i compagni e compagne e a tutti i lavoratori, per nuovi
successi e nuove avanzate della classe operaia, in Valdicecina e in Italia.
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