sabato 2 settembre 2017




PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 35.


52. Relazione al Comitato direttivo Fnle-Cgil di Larderello (13 dicembre 1977)


            Compagni, ci presentiamo a questo Comitato direttivo con una relazione di carattere informativo, sia sulle questioni generali che su quelle locali. Abbiamo avvertito l’estremo bisogno di chiarire alcune cose sulle quali in queste ultime settimane abbiamo riflettuto, cercando di capire i problemi per la loro essenza politica, mai personalizzandoli, né esorcizzandoli con aprioristici rifiuti, e tuttavia preoccupati per il momento politico che attraversiamo e che è caratterizzato non solo dall’aperta violenza criminale del terrorismo, ma dall’attacco contro le forze progressiste e contro la Cgil.

            Proprio da una situazione così tesa e difficile sarà possibile uscire in positivo con un grande sforzo di intelligenza unitaria, superando incertezze, abulie e contrapposizioni, per indicare ancora ai lavoratori e alle popolazioni una linea chiara di orientamento sindacale, per consentire quei successi che nella Fabbrica e nella Zona garantiranno l’espansione produttiva, l’occupazione e il miglioramento sostanziale della vita.

            La lotta per la trasformazione della società italiana avviene oggi nel pieno di una profondissima crisi che rischia di portare ad un vero e proprio collasso dell’economia e delle Istituzioni; una crisi che rischia di compromettere la possibilità stessa di ripresa e persino il regime democratico.

            E’ chiaro che se crollasse la democrazia, se cioè si andasse ad una degenerazione reazionaria, allora ogni rinnovamento della società sarebbe reso impossibile, tutte le energie più vive e vitali sarebbero represse, schiacciate e ogni prospettiva socialista si allontanerebbe per un tempo indefinito.

            Ecco perché la classe operaia ha preso nelle sue mani e deve mantenere saldamente, la difesa dell’ordine democratico, dell’efficienza e del rinnovamento dello Stato e dello sviluppo delle risorse economiche, attraverso una politica di rigore e di austerità volta a realizzare una maggiore giustizia sociale.

            Sono nemici della classe operaia sia coloro che praticano il terrorismo nelle diverse forme e grado di intensità, sia coloro che spingono i lavoratori all’isolamento corporativo nella difesa di interessi ristretti.

            Queste forze, al pari di quelle capitalistiche e della destra, hanno come obiettivo di bloccare o ritardare la prospettiva politica apertasi dopo il voto del 20 giugno 1976, una prospettiva che consiste nel passaggio del Pci e dell’intero movimento operaio, dall’opposizione al Governo. Reazionari e avventuristi vogliono impedire che questo passaggio giunga a compimento. Alcune contraddizioni sono presenti anche all’interno del movimento sindacale il quale sta vivendo una fase difficile. C’è un netto mutamento di tono nelle polemiche all’interno e tra le varie organizzazioni. Sotto tiro è oggi non solo la Cgil in senso generale, ma in particolare i suoi dirigenti di base. E’ diventato addirittura un luogo comune dire che noi facciamo di tutto per frenare il movimento, per favorire l’accordo a sei, gabbia di ferro del sindacato.

            Si potrebbe rispondere che proprio in questi ultimi mesi c’è una ripresa della lotta, su scala nazionale, regionale e dei grandi gruppi con caratteristiche di estrema combattività e continuità, con importanti alleanze e saldature, a differenza del passato, tra occupati e disoccupati, nord e sud, giovani e donne.

            Certo i problemi esistono davvero e su questi occorre impiegare tutta la nostra intelligenza e capacità di analisi. Difficoltà reali nascono innanzitutto dalla qualità della crisi. Non si può rispondere alla depressione rilanciando l’inflazione, ma sviluppando l’occupazione e la produzione. In un Paese stremato finanziariamente ciò non sarà facile, se non si vogliono colpire le rendite ed i privilegi dell’accumulazione capitalistica.

            Durante la fase congressuale Cgil, Cisl, Uil hanno sviluppato una riflessione su questi nodi. Hanno parlato di scelte austere e coerenti, tali da non permettere più il proliferare di aree assistite, terreno di coltura di un trentennale sistema di potere; di un salario fatto da una base ugualitaria e da una parte professionale variabile, di un diverso meccanismo di sviluppo e accumulazione della ricchezza.

            Il sindacato si pone inoltre, in questa fase, in un rapporto nuovo con i Partiti e con il Governo, ampliando i suoi spazi di intervento senza pregiudicare alla sua autonomia. Come risulta dal documento conclusivo del Consiglio generale della Cgil del recente ottobre, la situazione richiede un radicale mutamento della linea politica economica con misure capaci di avviare una ripresa selettiva dello sviluppo fondata sull’obiettivo di un rilancio degli investimenti e della spesa pubblica qualificata, per il Mezzogiorno e l’occupazione. Certo, il sindacato e la Cgil sanno che non tutti i Governi e non tutte le formule sono uguali.

            In particolare questo Governo della Dc si sta dimostrando ogni giorno di più incapace di affrontare con successo i gravi problemi del Paese e quindi è necessaria una svolta profonda per realizzare un Governo di unità e solidarietà nazionale che sia aperto al Pci e Psi e si ponga il problema della rinascita nazionale.

            Il Paese soffre proprio per questa sospensione a mezz’aria, in conseguenza della quale, una soluzione politica che è ormai matura e necessaria viene rinviata con effetti gravi per tutti. E perché? La causa principale sta in una resistenza della Dc, determinata essenzialmente da ragioni di equilibri interni, di correnti, di potere, faide e singoli. C’è bisogno quindi di un Governo che non spacchi in due il Paese, ma che sia basato su una larga maggioranza di forze progressiste e popolari. Questo ci è parso anche il senso della grande giornata di lotta del 2 dicembre: non il tanto peggio tanto meglio predicato da gruppi avventuristi, ma una grande forza operaia che si batte per una svolta economica e per la difesa della democrazia.

            Chi attacca frontalmente il mondo sindacale punta allo sfascio e logicamente finisce per avvitarsi nella spirale della violenza eversiva. Ecco perché si assiste, nel composito ed inquieto mondo dei “gruppi”, all’isolamento del “partito armato” e alla presa di distanza politica da parte delle organizzazioni più responsabili. E’ bene sottolineare che anche questa grande giornata di lotta si è realizzata perché, nonostante ritardi, errori, manovre più o meno oscure delle forze reazionarie, l’unità sindacale è ormai una conquista storica dell’impegno primario della Cgil, dalla quale nessuno può tornare impunemente indietro, tanto essa è radicata nella coscienza di grandi masse di lavoratori.

            Faceva rilevare il compagno Luciano Lama al Congresso di Rimini, che troppo spesso i compagni non colgono appieno il valore di questa unità. Basterebbe invece riferirsi ad elementi presenti attualmente nella situazione italiana:

-          difesa del potere di acquisto dei salari (scala mobile) in una fase di inflazione al 20%;
-          la crisi non si è tramutata in massicci licenziamenti;
-          nonostante che la crisi produca divisioni e antagonismi e diminuzione del potere sindacale siamo riusciti, in Italia, a conservare un grande potere e tenere unite le masse dei lavoratori, le Organizzazioni sindacali tra i settori e le aree geografiche nazionali.

Oggi siamo ancora all’unità di azione, non all’unità organica. Un processo storico troppo semplicisticamente ritenuto breve, registra invece tempi lunghi, ma non possiamo tacere che nonostante questi limiti la “Federazione Unitaria” abbia conseguito importanti successi. Non ultimo quello della svolta politica apertasi con il voto del 20 giugno 1976.

Nel campo dell’unità organica ci sono delle difficoltà. Difficoltà a costruire, espandere gli organismi di base, ed è su ciò che si è incentrata l’attenzione del Congresso della Cgil e sono in corso interventi atti a superarle. Ma l’unità non ammette deviazioni. Sarebbe il suicidio della classe operaia italiana se si cedesse a spinte centrifughe e frazioniste, e oggi è più che mai necessario rinsaldare quella esistente. Ciò non significa cancellare i propri connotati specifici, l’unità si fa tra diversi seppur su una base di obiettivi comuni.

Anche le polemiche, interne ed esterne, possono contribuire a fare chiarezza. Ma si tratta di sapere se esse sono costruttive o di mera contrapposizione.

In un recente episodio accaduto a Larderello per l’uccisione del compagno Petrone, si è aperta una violenta polemica al nostro interno, che ancora deve essere chiarita, e tra noi e nella Segreteria della Camera del Lavoro, come richiesto da alcuni compagni. La polemica parte da un episodio circoscritto, sul quale pesano sicuramente errori nostri, per aver lasciato aperti spazi, per non essere stati troppo tempestivi e incisivi in quel preciso momento, ma si è poi ampliata a questioni generali alle quali abbiamo già cercato di rispondere. E’ bene discutere nel nostro Comitato direttivo la posizione di questi sei compagni, perché a nessuno sono permessi doppi giochi: stare cioè in Organismi sindacali e poi sparare a zero contro di loro o decidere azioni senza preavviso, con gravi rischi per la intera Fabbrica.

Poiché ci viene sollecitato vogliamo ridiscutere tutta la nostra linea a Larderello, linea che tuttavia ci sembra uscita da un recente Congresso, al quale ci siamo impegnati a far partecipare il più alto numero di lavoratori possibile e che si è svolto in un clima di forte unità.

Abbiamo al 1° punto del nostro impegno l’espansione produttiva della fabbrica e della Zona; al 2°, la conseguente difesa ed espansione dei livelli occupazionali; al 3°, la sensibilizzazione di Enti Locali e del Governo per lo sfruttamento plurimo della geotermia; al 4°, l’assetto organizzativo di tutta la Fabbrica con vertenze specifiche già in corso per le Officine, le Perforazioni e le Centrali, per la valorizzazione delle capacità tecnico manuali dei lavoratori e il risanamento dell’ambiente di lavoro; al 5°, un nuovo assetto organizzativo dell’Enel nella geotermia per superare divisioni e sprechi.

Su molti di questi punti ci sono larghe intese tra le Organizzazioni sindacali e il Cud ed è stato possibile mobilitare e far scendere in lotta, unitariamente, i lavoratori.

Al nostro interno abbiamo rafforzato costantemente la Fnle-Cgil di Larderello passando in pochi anni da 296 a 520 iscritti effettivi, portando in Fabbrica, coi volantini e con il “giornalino” una presenza continua, facendo frequenti riunioni nelle zone decentrate e di tutti gli Organismi dirigenti (segreteria, direttivo), compresi “attivi” con invito a tutti i nostri iscritti. Abbiamo cercato di decentrare le decisioni costituendo Commissioni di lavoro, prima interne, poi tra le Organizzazioni sindacali ed il Cud, facendo segreterie aperte con la partecipazione di altri compagni del Comitato direttivo a rotazione e con un’opera promozionale verso i giovani, opera che con l’inserimento del compagno Graziano Pacini in segreteria, ha dato frutti positivi. Abbiamo inoltre, ogni qual volta ce n’è stato bisogno, convocato apposite riunioni di compagni particolarmente esperti sui vari problemi, anche se soltanto semplici iscritti.
I compagni conoscono le condizioni nelle quali ci troviamo ad operare. Per tanti anni nella nostra Fabbrica c’è stato un feudo moderato, democristiano, dove hanno prosperato il privilegio, il compromesso, lo spreco, la raccomandazione. La connivenza tra Direzione ed alcune Organizzazioni sindacali e politiche ha portato ad una degenerazione profonda nel tessuto sociale, tanto che l’anomalia “Larderello” è ancora oggi rappresentata da una forte posizione di predominio del sindacato Flaei-Cisl in una zona a maggioranza di sinistra.

Nonostante nostri recenti successi, anche sul piano elettorale (Cre) e organizzativo, restano zone d’ombra dove non è facile portare la nostra azione. Emergono intorno a noi, ogni giorno, posizioni confuse, qualunquiste, che ci impegnano all’estremo,frantumano e disperdono la nostra giornata. Non siamo ancora riusciti a fare del Consiglio dei Delegati un reale strumento di democrazia e partecipazione di base, capace quindi di superare le inerzie e i ritardi che spesso ci troviamo a dover fronteggiare come Organizzazione e che è il prezzo più alto pagato sull’altare dell’unità.

Talvolta sono ritardi, incertezze, che derivano dal mondo esterno, tensioni e contrapposizioni tra territori che si scaricano sul sindacato: spesso sul sindacato si scaricano inefficienze ed errori che son solo di altri. Ma questo vivere insieme ci ha pur dato qualcosa sul piano umano e ideale.

C’è unità, chiarezza, amicizia tra noi e non abbiamo mai anteposto agli interessi più generali dei lavoratori e dei nostri iscritti, interessi di questa o quella forza politica, né tanto meno quelli individuali. Abbiamo cercato di instaurare rapporti costruttivi con tutti, anche con i difficili compagni dell’estrema sinistra. Infatti nessuna carica, nessun impegno, nessuna collaborazione è stata boicottata. Se la collaborazione non è avvenuta in forme più ampie si deve soltanto alla loro volontà. Dunque noi ribadiamo che nella Fnle-Cgil c’è posto per tutti, anche per i critici più accaniti, meno che per i dichiarati nemici. Non avrebbe tra l'altro nessun significato non accettare la linea politica di una Organizzazione e continuare a starci dentro.

Non siamo certamente immuni da errori, ne abbiamo fatti e ne faremo ancora, ma se saremo più uniti, a partire dal Comitato direttivo, dal Comitato di Zona, dai reparti, riusciremo a far avanzare le idee di rinnovamento del nostro sindacato, della Cgil, anche in una Fabbrica ancora permeata da troppi privilegi e contraddizioni, come quella di Larderello.

Sono questi, compagni, i punti sui quali chiediamo la vostra riflessione e il contributo critico per consentire al nostro sindacato e all’insieme del movimento di affrontare con successo i difficili momenti che ci aspettano, in previsione di uno sciopero generale che si sta delineando a fronte delle ultime gravi prese di posizione del Governo in materia di provvedimenti economici, che, com'è intuibile, aprirà nel Paese una crisi dalle prospettive incerte e complesse. L'intensificazione delle lotte unitarie dei lavoratori in questo difficile momento è necessaria non solo per le questioni di interesse più immediato, ma come difesa della democrazia e fattore di svolta sociale. Sta ancora una volta al sindacato, alla Cgil ed all’insieme del “movimento”, respingere le multiformi strategie che vorrebbero farci arretrare dalle posizioni conquistate in questo dopoguerra attraverso dure lotte ed allo stesso tempo per far mutare i rapporti di forza, a vantaggio degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.


C’è bisogno non solo di difendere la Cgil per affrontare gli altri primari obiettivi della riforma del salario, della vertenza energia e ristrutturazione dell’Enel e dei problemi inerenti la nostra Fabbrica e la Zona, ma di rafforzarla reclutando i giovani assunti, facendo un’opera di proselitismo reparto per reparto, superando quell’apatia che è spesso il limite di tanti compagni. Usciamo quindi da questa riunione e affrontiamo “l’attivo”, più uniti, più consapevoli, più forti. Questa è l’indicazione che vi dò a nome della Segreteria e insieme al ringraziamento per l’impegno che ancora vorrete porre al servizio dei lavoratori, dentro la Fnle-Cgil, colgo l’occasione di farvi gli Auguri, a tutti i compagni e compagne e a tutti i lavoratori, per nuovi successi e nuove avanzate della classe operaia, in Valdicecina e in Italia.

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