PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 39.
56. Si fa presto a dire fame. Un libro da non dimenticare.
Siamo andati quest’anno, in un pomeriggio grigio e ventoso
di fine estate, sulla collina di Mauthausen per visitare ciò che rimane del
tremendo Lager, oggi museo. Molto è stato fatto per cancellare, per abbellire:
c’è erba verde tutto intorno, e ci sono snelli pioppi e lindi cortili
asfaltati, le baracche, vuote, son tinte a nuovo, ci sono fiori e turisti.
Tuttavia c’è quanto basta per riaccendere i ricordi sopiti, per stringere il
cuore d’angoscia e di muto dolore: i forni crematori, le camere a gas, le celle
degli esperimenti, il muro del pianto, la scala della morte e le celle di
tortura...ci sono fotografie di tanti italiani, di seimila compagni, lavoratori
del nostro Paese che non sono più ritornati. Di questo triste “Campo”, modello
agli altri che furono disseminati in tutta Europa dalla follia nazista, ce ne
dà una viva rappresentazione Piero Caleffi in un suo antico, bellissimo libro
che proprio in questi giorni, al ritorno, ho letto e che consiglio in
particolare ai più giovani lavoratori onde riflettere su inquietudini nuove
(che la fuga di Kappler, accolta con malcelata soddisfazione dall’opinione
pubblica tedesco-occidentale ha evidenziato), che mi fanno venire in mente
alcuni famosi versi di Bertolt Brecht:
...per
poco costoro non dominarono il mondo.
I
popoli li fermarono. Ma intanto
non
vorrei che voi celebraste il trionfo:
il
grembo che li generò è ancor fecondo.
Il libro di Caleffi è stato scritto nel 1954, a nove anni
dalla sua tremenda esperienza di prigioniero nel Lager di Mauthausen dove era
stato rinchiuso per la coerente militanza progressista e antifascista. Il
carattere, il tono del libro, risente di questa impostazione ideale, è pervaso
cioè dal continuo sforzo di comprendere il fenomeno dei “Campi di sterminio”,
tenendosi ugualmente lontano dal facile vittimismo, come dall’altrettanto
facile odio per i diretti persecutori, ma facendo risalire al sistema
nazifascista la responsabilità di tanto barbara repressione, unica nella
storia.
Un ammonimento, quindi, una esortazione
a sfuggire alle tentazioni dell’esercizio della violenza, dell’umiliazione
dell’avversario, del fanatismo, dell’odio, che furono fattori fondamentali
della logica che condusse ieri al nazifascismo e ai campi di sterminio e che
potrebbero oggi, in condizioni storiche diverse, ma assai complesse e
difficili, far precipitare di nuovo l’umanità nella regressione e nella
barbarie. Piero Caleffi, Si fa presto a dire fame, Ed. Mursia, Milano, 1974[1].
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