PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 37.
54. Prospettive e problemi della
geotermia
E’ merito del sindacato se in Toscana una vertenza
energia è stata aperta precedentemente all’iniziativa nazionale, se si sono costruite
alleanze realizzando le “Conferenze di Produzione”, se è stato possibile
avviare rapporti nuovi e più avanzati tra Enel, Regioni ed Enti Locali.
Ciò deriva, io credo, dalla peculiarità
che possiede la nostra Regione nel quadro delle fonti energetiche. Sono infatti
presenti in Toscana fonti primarie autoctone quali l’acqua, la lignite e la
geotermia. Queste fonti primarie hanno gradatamente riacquistato importanza per
i crescenti prezzi e le difficoltà nell’approvvigionamento del petrolio, ma
recentemente si è aperto nel Paese anche un vasto dibattito sull’energia e la
vita degli uomini, sui consumi e sui modelli di produzione, prefigurando che in
una società non più fondata sulle leggi del capitalismo, sulla rapina e sullo
spreco delle ricchezze interne ed internazionali, ci dovrà essere il massimo di
decentramento e partecipazione, e che tutte le risorse saranno sfruttate e
riconvertite socialmente ed economicamente sul territorio, in particolare
quelle che per le loro caratteristiche (piccola potenza, usi plurimi, non
trasportabilità) al territorio sono più strettamente legate. Non è inoltre
assurdo intravedere che, da fonti emarginate, esse possano non solo diventare
integrative, ma alternative al petrolio e all’uranio.
Leggendo le proposte scaturite dalla
Commissione Industria della Camera e del Senato, attualmente in discussione al
Parlamento, si può valutare quanto cammino sia stato percorso in merito al
problema dell’energia geotermica, oggi considerata nella sua realtà e
globalità, senza enfasi e senza sottovalutazioni. Ciò non è stato casuale, né
legato al folgorante convertimento geotermico di qualche ministro o onorevole,
ma il frutto di un continuo, ampio, articolato movimento, di una pressione, a
tutti i livelli, fatta da noi sindacati di Larderello, dai nostri Regionali e
Nazionali, e che ha trovato sostegno ed alleanze tra le forze politiche, gli
Enti Locali, i corpi scientifici, per vincere le resistenze che nell’Enel e nel
Governo, e non solo, si frapponevano
allo sviluppo della geotermia.
Non abbiamo elaborato solo cartacei
programmi, ma abbiamo lottato, in condizioni difficili e non pienamente
comprese da tutti i lavoratori, e continueremo a lottare con tenacia, perché in
presenza di innumerevoli problemi interni alla nostra categoria ed esterni
(Legge 285 occupazione giovanile, organizzazione del lavoro) pensiamo che lo sviluppo
produttivo sia un nodo centrale e complementare agli altri, e che solo
risolvendolo completamente si potranno risolvere anche gli altri.
La “vertenza geotermia”, aperta da
decenni non è comunque risolta. E non potrebbe essere altrimenti essendo questo
un settore strettamente legato alla evoluzione tecnica e scientifica, nonché a
un diverso intendere la politica economica, specialmente per la parte
energetica, che solo il recente accordo tra i partiti ha considerato come
prioritaria (decentramento, autonomia nazionale, uso completo delle risorse,
inquinamento...). Ma anche se questa sarà una vertenza di lungo termine, alcuni
obiettivi primari sono stati bene evidenziati ed intorno ad essi si è creato
dibattito e si sono costruite alleanze. Gli obiettivi si possono così
riassumere:
-
contribuire
all’affermarsi di una volontà politica nuova nella Direzione dell’Enel,
attraverso la democraticizzazione di questo Ente, e in quella specificatamente
inerente la geotermia;
-
intendere sempre
più la geotermia “bene collettivo”, da gestire sul territorio, coinvolgendo gli
Enti Locali nello sfruttamento completo e diversificato di questa risorsa,
attraverso una politica di piano a livello Regionale;
-
sviluppare la
ricerca in tutte le direzioni, in una visione di stretta ed aperta
collaborazione internazionale capace di consentire al nostro Paese l’esportazione
di tecnologie ed impianti;
-
lo sviluppo e
l’unitarietà della ricerca dovrà essere alla base di uno sviluppo produttivo,
sia per quanto concerne gli usi tradizionali (elettricità), sia per le nuove
forme di utilizzazione (agricoltura, chimica, usi civili);
-
la ricerca e
l’utilizzazione della geotermia dovrà estendersi a tutto il Paese attraverso la
collaborazione e gli accordi (Enti, Cnr, Università), impegnando al massimo
tutte le risorse;
-
lo sviluppo della
ricerca, le nuove tecnologie, la diversificazione nello sfruttamento, una
precisa programmazione degli investimenti, dovranno consentire un reale
sviluppo produttivo nel settore geotermico, anche nell’”Area Classica di
Larderello” (Larderello, Monte Amiata, Radicondoli);
-
realizzando una
espansione produttiva sarà possibile un’ulteriore crescita dell’occupazione
operaia e tecnica, in quella visione di giusto equilibrio tra
produzione/occupazione che sta alla base di ogni corretta gestione aziendale.
Se gli obiettivi sono stati individuati abbastanza
chiaramente non possiamo però nasconderci, al di là dei successi ricordati, che
esistono ritardi, di natura politica, risalenti all’Enel in primo luogo, al
Governo ed in varia misura riscontrabili negli organismi di ricerca, negli Enti
Locali e nelle forze politiche. Non possiamo comunque fare a meno di constatare
come negli ultimi quattro anni (dalla pubblicazione del “Libro Bianco” in
occasione del Congresso Nazionale della Fidae-Cgil di Viareggio), sia avvenuto
un cambiamento profondo nell’approccio con la geotermia, sia nel mondo
scientifico che in quello politico, e che la discussione aperta su questo tema abbia
destato un vivo interesse anche tra i non esperti, contribuendo ad aggregazione
di forze tese al suo rinnovamento e sviluppo. Ultimo esempio il Convegno di
Chianciano (14-16 aprile 1977), organizzato dalle Regioni Toscana, Lazio e
Campania sotto l’egida del Ministro dell’Industria Carlo Donat Cattin.
E’ stato definitivamente riconosciuto in tale Convegno
il ruolo tipicamente regionale della geotermia e si è evidenziata la necessità
di una programmazione che tenga conto delle disponibilità di queste risorse, e
indichi chiaramente i progetti di utilizzazione e di investimenti.
Mentre il ruolo operativo rimarrà assegnato ai grandi
Enti pubblici (Enel, Eni), le Regioni dovranno offrire appoggio alla fase di
ricerca che dovrà essere condotta, tenendo conto degli usi plurimi,da Enel,
Eni, Cnr, Università, attraverso uno stretto coordinamento e controllo da parte
del Governo.
E’ comunque il momento di dire con
precisione cosa si può e si vuol fare delle risorse già disponibili e a questo
proposito la creazione del “Comitato Geotermico Nazionale” promossa dalle tre
Regioni: Campania, Lazio e Toscana, fa ben sperare. Si dovrà procedere inoltre
ad una veloce definizione della nuova legge per lo sfruttamento della geotermia
in modo da assegnare non solo precisi compiti all’autonomia regionale
(specialmente per i fluidi a bassa entalpia), ma da poter indicare, nello
spirito della Costituzione e del ruolo democratico della regioni, che pone
questo organismo come una saldatura tra potere centrale e interessi locali,
modalità e tempi degli investimenti (e, quindi, modalità dei rapporti di
collaborazione che non dovranno essere paralizzanti), sia degli Enti che degli
Organismi preposti alla ricerca, oggi operanti con strutture spesso ridicole.
Il Convegno di Chianciano, la
partecipazione al dibattito del ministro Donat Cattin, segue a grandi lotte,
soprattutto in Toscana e nella Valdicecina, sui temi dell’energia e della
geotermia. Esso è anche la testimonianza del cambiamento politico in atto nel
paese, cambiamento che se portato avanti a tempi brevi potrà avviare finalmente
una politica nuova, non di lottizzazione, negli Enti pubblici, e quindi dare
concretezza a scelte che oggi, nonostante le cose positive, si proiettano
ancora nel mondo delle speranze, mentre vasti territori e comunità hanno
estremo bisogno di certezze.
Sgombrato il campo dalle illusioni e
dalle strumentalizzazioni che si erano in parte create intorno alla geotermia
(energia immediatamente alternativa alla scelta nucleare, salvezza ecologica
del pianeta, energia socialista...) è emerso con chiarezza il grande ruolo,
scientifico, economico e sociale di questa risorsa e quindi la necessità di
arrivare quanto prima ad un inventario nazionale che consenta di creare “Aziende
Regionali” per lo sfruttamento dei fluidi a bassa temperatura. Il confronto
avvenuto a Chianciano fra Enti, tecnici, politici e l’intreccio reale tra
scienza e politica che si è realizzato, è dunque stato punto di arrivo e di
partenza.
Punto di arrivo di un periodo storico
di sottovalutazione della geotermia, di impegni settoriali, di mortificazione
dei tecnici e dei ricercatori di questo settore, sacrificati ad interessi e
scelta d’altra natura, in genere effettuate sopra la loro pelle e le loro
teste. Punto di partenza di una superata conflittualità tra Enel ed Eni, di un
riconosciuto legittimo ruolo regionale e locale, di una volontà di
coinvolgimento esteso per Università e Cnr e quanti altri operano in campi
affini, compresa una nuova legiferazione e un più attento coordinamento da
parte degli Organi di Governo.
All’apertura di questa problematica
nuova e di questo interesse ha contribuito in maniera determinante la linea
delle nostre Organizzazioni sindacali e la lotta dei lavoratori. Ma per il
futuro occorrerà fare ancora di più, intensificando le lotte, estendendo le
alleanze, ponendo obiettivi ravvicinati e pertanto credibili, evitando gli
errori che si sono registrati in genere sulla vertenza energia, cioè la
mancanza di una concreta direzione politica al movimento che ha generato
discontinuità nelle iniziative e disarticolazione territoriale.
E’ indubbio tuttavia che solo se si
arriverà alla totale democraticizzazione del Paese, quindi delle Aziende, se si
arriverà, come diceva il professor Ippolito nella relazione introduttiva a
Chianciano, ad un cambiamento di fondo del modello sociale, della vita degli
uomini, si potranno veramente realizzare le speranze di fine degli sprechi e
del totale sfruttamento delle risorse primarie nazionali, legate allo sviluppo
civile, economico, culturale delle aree geografiche decentrate, che dovrebbe
essere, in ultima analisi, la base stessa di una società partecipata in tutti i suoi aspetti.