PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 84.
Si delinea nella sua gravità l’immane tragedia del Sud
colpito dal terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia.
Man mano che passano le ore si delinea
nei suoi veri aspetti la grande tragedia che ha colpito l’Italia, con il
disastroso terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia. I cadaveri estratti dalle macerie ammontano,
stamani, a 1154 ed i feriti a decine di migliaia, così i senza tetto[1]. Probabilmente
queste cifre son destinate a salire perché interi centri abitati sono stati
distrutti ed ancora non si è iniziato a scavare tra le macerie. Non solo la
morte, ma la miseria atavica della gente del Sud emerge dalla tragedia. Chi ha
visto le immagini, pur reticenti, trasmesse dalla tv, ha visto volti di vecchi
segnati dal dolore di un’esistenza grama, ha sentito innumerevoli storie di
emigrazione, di mancanza di lavoro, ha ascoltato parole di una rassegnata
sopportazione.
Ancora una volta la geografia
dell’Italia e i problemi di tanta parte degli italiani, diventano cronaca e si
impongono all’attenzione di tutti attraverso una immane catastrofe. Era
avvenuto in Friuli nel 1976 (976 morti), avviene ora per l’alta Irpinia, per il
Vulture, per le aree interne delle province di Napoli e di Avellino. Nomi che
non dimenticheremo, come San Magno sul Calore, Lioni, S. Angelo dei Lombardi,
Balvano, Laviano, si accomunano a quelli di Gemona, San Daniele del Friuli,
Tarcento, Gibellina ed al Belice intero (236 morti).
E’ stato spesso ricordato che l’uomo è vittima ogni
anno, in tutto il mondo, dallo scatenarsi
di eventi naturali, cicloni, inondazioni, terremoti, e che ben difficilmente
gli stessi si possono prevenire ed evitare. Nessun paese, come l’uomo di fronte
alla morte, sa da quale parte entrerà il lupo, ma tutti si preparano ad
affrontarlo. Ecco, l’Italia ha in questo campo il suo punto debole, di una
scienza impreparata, di strutture inadeguate, di mancanza di una politica di
programmazione del territorio…e alla fine i disastri si sommano ai ritardi nell’opera di
ricostruzione prolungando le sofferenze ed
alimentando l’esasperazione popolare.
In
queste prime giornate e ore confuse abbiamo seguito con commozione e
solidarietà il viaggio di Sandro Pertini e seguiremo quello del Papa Paolo II;
essi portano ai colpiti il senso di umana fratellanza di tutto il popolo
italiano. In ogni Comune fervono iniziative – occorre far presto! – e noi
invitiamo i compagni e i lavoratori a mettersi in contatto con i Sindaci e gli
Assessori per la raccolta di viveri, coperte, tende, medicinali, sangue e
denaro. Siamo pronti a raccogliere nomi di volontari con specializzazione di
elettricista, saldatore, infermiere, telecomunicazioni, autisti di mezzi
pesanti, muratori, idraulici, per richiedere all’Enel l’autorizzazione a
intervenire in concerto con le oo.ss. Regionali. Siamo anche dell’avviso che
occorra un forte contributo finanziario da sottoscrivere individualmente
attraverso la cessione di alcune ore di lavoro, da stabilire in accordo con i
Sindacati nazionali.
Su ogni bara di questi nuovi morti, come per quelli del
Friuli quattro anni fa, hanno messo una bandiera tricolore. Sia chiaro: per
onorar le vittime, per riflettere ed avviare una nuova politica, non per
nasconderle nell’indifferenza.
[1] Al termine delle
operazioni di scavo tra le macerie e di recupero dei corpi, le vittime
saliranno a 2732.
Nessun commento:
Posta un commento