25 APRILE 2018, VOLTERRA
Relatore, Carlo Groppi
Gentili
signore e signori, autorità civili, militari e religiose, testimoni della
Resistenza e dei militari internati nel Campi di concentramento, illustri
ospiti, signor Sindaco del Comune di Volterra, sono onorato di essere in mezzo
a voi in questo giorno così significativo della Storia d’Italia, della Toscana,
di Volterra e dell’Alta Val di Cecina.
25 APRILE! Tale simbolica
data è quella in cui il CLN Alta Italia
diramò l’appello all’insurrezione armata per la Liberazione della
Patria ancora in parte occupata dai nazisti e dai fascisti del governo
fantoccio di Mussolini. Noi la celebreremo con sentimenti partecipati e
convinti perché dette vita ad una Italia unita, libera, democratica e
repubblicana e ci dotò di una Costituzione che, grazie alla lungimiranza dei
Padri Costituenti, è ancora oggi viva e attuale.
Nel
preparare questo intervento mi sono
posto una domanda: quale senso ha celebrare il 25 Aprile? Oggi in questa
giornata di primavera e di pace, oggi quando quasi tutti i testimoni sono
scomparsi, e la memoria è affidata alla storia, quando i problemi, stili di
vita, scenari globali appaiono così lontani da quelli degli anni 1944-45?
Vorrei provare a proporre una risposta, che non è unicamente la mia, ma è
radicata in tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito a forgiare il
costituzionalismo italiano di questo dopoguerra, e credono che esso abbia molto
da dare, da trasmettere, agli italiani di oggi e a tutti i popoli che cercano
una loro strada verso una convivenza pacifica e solidale.
Per
questo vorrei rievocare una formula, forse abusata, quella della “Costituzione
nata dalla Resistenza”, nella convinzione che essa rispecchi la radice profonda
della Costituzione italiana, la fonte della sua forza, della sua vitalità, la
ragioni per la quale essa è ancora un punto di riferimento sicuro per indicare
un cammino di liberazione mai pienamente compiuto, ma mai completamento
interrotto, come hanno dimostrato gli avvenimenti e la passione, nel recente
Referendum di modifica di alcune parti del titolo secondo. Per comprendere
questa formula e soprattutto per svilupparne le potenzialità, occorre però che
le due parole RESISTENZA e COSTITUZIONE, ritrovino lo spessore che hanno avuto
nella storia vissuta di quegli anni lontani., perché la Resistenza non è
semplicemente una lotta armata compiuta da un manipolo di uomini e donne
durante pochi mesi degli anni 1943-1945, e la Costituzione è molto di più che
un compromesso tra i partiti antifascisti, dopo la tragedia della guerra
mondiale coi suoi 55 milioni di uccisi in azioni belliche e segnò uno
sconvolgimento mai visto dalle popolazioni civili, massacrate dai bombardamenti
aerei (si pensi che solo il bombardamento della città di Dresda fece più di 100
mila vittime!) oppure deportate in massa, oppure esposte continuamente al
rischio dei rastrellamenti e delle rappresaglie. Infine non dimentichiamo mai
le due bombe atomiche sganciate sulle città del Giappone: Hiroshima e Nagasaki.
La
Costituzione, le cui radici sono germogliate dal 25 Aprile 1944, il giorno
dell’insurrezione nazionale del Nord Italia,
con la sua carica di utopia e di sogno, ma saldamente radicata nella
eccezionale esperienza della Resistenza e della guerra, ci porta le parole
dell’uomo e della sua vita: lavoro, solidarietà, libertà, salute, cultura,
ambiente, pace. Parole che possono ancora oggi rappresentare gli ideali capaci
di coinvolgere i cittadini e di mobilitarli nella lotta, attuale ora come
allora, per una società veramente umana ed il cammino di liberazione dell’uomo.
Passerò adesso a dare uno sguardo alla storia locale,
anche se ai volterrani essa è nota in tutti i suoi risvolti. Il comune di
Volterra, insieme a quello di Massa Marittima,
ha avuto un ruolo molto importante nella Lotta di Liberazione dal
nazifascismo. Volterra ha registrato 131
partigiani combattenti, nelle tre Brigate Garibaldi: la III, la XXIII e la
Spartaco Lavagnini e decine di morti per cause di guerra, oltre 200 militari che,
dopo aver combattuto con onore, catturati dai nazisti, deportati e internati
nei Campi di Concentramento del Reich, seppero resistere alle lusinghe ed al
ricatto rifiutandosi di rientrare in Patria sotto le tristi bandiere delle
Brigate Nere a combattere per una causa
sbagliata contro i loro fratelli, in ciò preferendo la durezza della prigionia,
degli stenti e dell’incerta sorte. Non deve essere inoltre dimenticato che
Volterra manifesta la sua opposizione al fascismo dall’inizio degli anni ’30
fino al giugno 1944, con 147 arrestati e condannati dal Tribunale Speciale alla
pena di 100 anni di galera!
Alto, infine, è stato il tributo di sangue dei
partigiani volterrani caduti nella Resistenza, essi sono 8, più un disperso.
Per riassumere tali vicende lascerò al Sindaco Marco Buselli un raro documento:
il testo della Commemorazione al Teatro Persio Flacco, il 3 giugno 1945, in
onore ai partigiani di Volterra caduti sul fronte della liberazione italiana.
Fu prodotto dall’ANPI, Sezione di Volterra ed è firmato da “Una partigiana”.
Nell’Alta Val di Cecina anche il mio Comune,
Castelnuovo, ha avuto un ruolo importante e crudele: infatti oltre 170 furono
le vittime per cause di guerra; 30 soldati, dei 600 richiamati uccisi o
dispersi, molti furono gli Internati
Miliari; decine i feriti, alcuni gravissimi. Un tenente tedesco, Emil Blok,
coadiuvato da un manipolo di soldati della RSI, diresse l’operazione di
rastrellamento e massacro degli 83 minatori della Niccioleta e dei 4 partigiani
di una piccola Banda Autonoma, che dalla Tenuta di Ariano, presso Volterra, dopo
una cruenta azione di combattimento
contro una divisione corazzata tedesca nel pressi di Castel San Gimignano, alla
fine fu sopraffatta e quattro partigiani furono presi prigionieri e rinchiusi
nel Mastio di Volterra. E’ grazie alla testimonianza di un sacerdote, Maurizio
Cavallini, che è stato possibile ricostruire le vicende terminali dei quattro partigiani: marchese
Gianluca Spinola, n.h. Francesco Stucchi Prinetti, e i due sardi, Francesco Piredda
e Vittorio Vargiu. Soltanto per una fortuita circostanza altri tre volterrani,
condannati alla fucilazione: Dino Del Colombo, Guido Benini e Dino Fulceri
detto Mosè, riuscirono a salvare la vita.
Oggi che il lavoro assume sempre più un valore di
merce che non di dignità della persona, può sembrare anacronistico che 83
minatori siano stati uccisi ed altri 21 deportati in Germania per aver difeso
uno dei più duri e ostili lavori umani: scendere sottoterra negli stretti
cunicoli delle miniere non solo per il salario ma per difendere un “bene
comune” della intera collettività, locale e nazionale.
Come ebbe a dire il compianto padre Ernesto
Balducci, amiatino e compaesano di molti di quei minatori, è proprio quel
sangue, dei suoi compagni di scuola, quei minatori, che sta alla base, o forse
più in alto, della Costituzione, e ben
lo riassume l’articolo Uno che mette al centro d’ogni etica umana il lavoro
fino a citarlo per 23 volte nel Patto Costituzionale: “L’Italia è una
repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo
che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
E le donne? Quale ruolo e quale esempio e messaggio
ci hanno tramandato della Guerra di Liberazione? La figura della partigiana
emerge dalla moderna storiografia e dalla memoria collettiva in maniera
sfaccettata e contraddittoria: si va dall’immagine idealizzata, incarnazione di
aspirazioni alla libertà e alla giustizia, a quella della donna spregiudicata
che infrange le convenzioni del comportamento privato, facendo una scelta
apparentemente inconciliabile con la rappresentazione tradizionale dell’essere
sposa e mamma, fino ad assumere un ruolo più autonomo e di rottura nella
ricerca di una identità paritaria con quella dell’uomo.
Come è noto, le donne, più degli uomini, per il
diverso ruolo sociale e mentalità, avevano maturato una minore consapevolezza
del regime fascista, mantenendo perciò un ruolo, diciamo, passivo. Certo, con
la chiamata alle armi di padri e mariti
e figli e fidanzati, le donne avvertirono acutamente la tragedia della guerra e
si chiesero di chi fossero le responsabilità, individuando nel nazismo e nel
fascismo, in Hitler e Mussolini, i maggiori responsabili.
Poi, quando cominciarono i razionamenti dei viveri,
o cominciarono ad arrivare le prime comunicazioni dei loro cari morti in Russia
o in Nord Africa o nei Balcani, ed anche le cartoline di richiamo sotto le armi
delle giovanissime reclute non ancora ventenni, nonché dell’intensificarsi dei
bombardamenti e cannoneggiamenti degli Alleati,
che, ad esempio, distrussero il 75% degli Stabilimenti della
Larderello, le donne assunsero un ruolo
di più netta opposizione al nazifascismo, dando vita a numerose manifestazioni
di protesta, ad esempio quella di sdraiarsi attraverso la strada per impedire
la partenza dei camion che avevano prelevato a forza i loro parenti per
mandarli a combattere sui fronti di guerra.
Le donne dettero un grande contributo di
collaborazione ai Comitati di Liberazione Nazionale, agendo come staffette di
collegamento tra le bande partigiane che erano sulle nostre montagne e nei
nostri boschi, e il centro politico che si trovava nei singoli paesi. Portavano
informazioni, viveri, medicinali, curavano i feriti, cucivano indumenti, aiutavano
i militari inglesi, russi e di altre nazionalità, fuggiti dai campi di
concentramento tedeschi, a raggiungere i partigiani e mettersi in salvo.
Su un totale di 365.773 partigiani (combattenti e
patrioti sul suolo italiano), dei quali 54.700 caduti, circa 55.000 sono le
donne, delle quali 1.070 uccise in combattimento. 51 volterrane sono le donne
assimilate ai partigiani e patrioti, senza considerare la moltitudine (174 volterrani) che protesse la Porta
All’Arco e il Palazzo Inghirami dalla distruzione, nella quale figurarono ben 50
donne. Non so’ se ancora sia stata intitolata una via o una piazza di Volterra
a Norma Parenti, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Norma nasce al podere
Zuccantine, nei pressi di Lago Boracifero, nel Comune di Monterotondo
Marittimo, il 1 giugno 1921, figlia di Estewan
Parenti, muratore volterrano, abitante in via Guidi al numero 17, componente
del numeroso clan dei Parenti, e da Rosa
Camerini di Suvereto.
La vicenda umana di Norma è stata ormai scandagliata
in moltissimi aspetti, ma solo recentemente son venuti alla luce due documenti finora
mancanti, che cito soltanto, ma che è impossibile
riassumerli adesso: Chi formulò la proposta di Medaglia d’Oro alla sua memoria,
e, finalmente, dopo ben 74 anni dalla sua uccisione, la Relazione Peritale sulla sua morte. Quest’ultimo un documento
agghiacciante per la descrizione delle sevizie che furono commesse dai
nazi-fascisti sulla giovane sposa di 22 anni di età, prima di ucciderla nella
notte del 23 giugno 1944.
Infine, per concludere, vorrei incoraggiare i
giovani a perseguire nella missione importantissima della salvaguardia, della
ricostruzione e della trasmissione della memoria, perché mentre noi nati al
tempo delle Leggi Razziai, che siamo stati testimoni diretti, benché allora
bambini, della violenza della guerra, stiamo tramontando, ai giovani tocca l’arduo compito di tramandare gli
ideali e le voci della Resistenza, cercando in primo luogo di mantenerle vive
nella coscienza collettiva, come radice da cui attingere ancora forza e
slancio, per il completamento, non solo in Italia ma in una Europa Unita e nel
Mondo, del grande sogno sbocciato dalla Resistenza e dalla Costituzione: un
sogno di pace, di giustizia sociale, democrazia, tolleranza, fratellanza e
libertà.
Terminando
queste riflessioni voglio rendere omaggio ad un vostro quasi concittadino, che
all’epoca abitava ai Marmini, partigiano della XXIII Brigata Garibaldi, che
operò nelle Colline Metallifere Toscane, rappresentante di spicco del Partito
d’Azione, Carlo Cassola, che negli anni successivi alla fine della guerra ed
all’esplosione delle due bombe atomiche con i loro oltre 300.000 morti, dettò
ai suoi amici e compagni volterrani: “…noi che abbiamo fatto i partigiani e
sappiamo cos’è la morte, dovremmo passare il resto della nostra esistenza ad
evitare che il mondo sparisca e che i giovani non abbiano un futuro. Salviamo
per loro ciò per cui abbiamo combattuto. Restiamo Partigiani, ma Partigiani per
la VITA e per la PACE!
Viva il 25 Aprile!
Viva la Resistenza!
Viva l’Italia!
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