giovedì 12 aprile 2018





PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 87. (1981)

Le fatiche delle montagne e le fatiche delle pianure…
        Verso il XII° Congresso della Fnle-Cgil di Larderello

         Questo numero “speciale” di “Informazioni Fnle-Cgil Larderello” è dedicato alla pubblicazione di un raro opuscolo scritto dall’avvocato Umberto Grilli sul “Processo di Volterra per i fatti del 24 settembre 1911 a Piombino” e pubblicato a Massa Marittima nel 1912.
         E’ una pagina della dura e travagliata lotta dei lavoratori italiani contro l’autoritarismo padronale e statale, che un filo rosso di continuità lega a vicende a noi più vicine e ancora attuali: alla teorizzazione degli opposti estremismi, all’incriminazione degli anarchici Valpreda e Pinelli per la strage di Piazza Fontana, al non chiarito ruolo dei servizi segreti e di importanti apparati dello Stato nell’opera di provocazione contro il movimento operaio e studentesco, alle stragi di Portella della Ginestra, Melissa, Montescaglioso, Avola, Modena, Reggio Emilia, stragi effettuate dalla “banda Giuliano” al soldo dei latifondisti e caporioni democristiani e dalla polizia di Scelba e di Tambroni, ministri della Repubblica Italiana.
         Un filo rosso di lotte che hanno coinvolto anche le nostre zone, dai grandiosi scioperi del 1919-1920 contro la politica dei bassi salari della Società Boracifera Larderello diretta dal principe Piero Ginori Conti, fino alle lotte dei mezzadri ed alla ricostruzione degli stabilimenti con il primario apporto dei lavoratori, alle lotte per un unico contratto “elettrici” negli anni ’50, che segnarono una grave sconfitta e portarono elementi di divisione in tutto il tessuto sociale della Valdicecina, sui quali si inserì la politica di Fascetti e del dottor Bruno, fino agli anni più recenti, alle lotte per la nazionalizzazione, per l’assorbimento in organico dei lavoratori delle ditte appaltatrici e per lo sviluppo delle attività geotermiche e l’occupazione giovanile.
         Si parla oggi, a fronte di taluni atteggiamenti delle nuove generazioni, a sintomi di “imbarbarimento” della società ed anche ad elementi di disorientamento politico in chi si richiama ad ideali rivoluzionari e progressisti, di “mancanza di coscienza storica”, non solo cioè mancanza di partecipazione diretta, ma di formazione culturale, di conoscenza, di metodi organici formativi per una concezione della vita e della storia capaci di ricondurre il particolare al generale e, quindi, di ricomporre anche una identità unitaria in ogni individuo per superare la solitudine, l’angoscia, l’egoismo, l’alienazione, lo sdoppiamento tra pubblico e privato, che tanto spesso si manifestano tra i giovani e di cui il rifugio nel labirinto mortale della droga e l’identificazione in teorie dell’irrazionale e della violenza non sono che le manifestazioni più esteriori.
         Certo, è la società nel suo insieme che deve essere cambiata affinché nuovi valori, nuovi ideali si affermino. Non possiamo ignorare che viviamo in uno dei momenti nei quali – come afferma Marx nel Manifesto dei Comunisti – per alcuni paesi, e in ogni caso per l’Italia, o si avvia una trasformazione rivoluzionaria della società o si può andare incontro “alla rovina delle classi in lotta” e cioè alla decadenza di una civiltà, alla rovina di un Paese.
         Dal 1911, epoca dei fatti di Piombino, fino ad oggi, la classe operaia ha conosciuto in tutto il mondo, un grandioso sviluppo economico, sociale e politico. Anche nei paesi a capitalismo avanzato, dove esistono forme di democrazia liberale e borghese, essa appare oggi come l’unico soggetto veramente capace di una grande opera di trasformazione, quella trasformazione che tenda ad una ripartizione delle risorse su scala mondiale in modo ugualitario, all’annullamento degli sprechi e, attraverso un nuovo modello di vita individuale, alla costruzione di una società più giusta, realmente più libera, più democratica, più umana.
         Anche il sindacato italiano, con i suoi milioni di iscritti, e con la grande forza della sua tradizione e del suo patrimonio di lotte sempre a difesa dei lavoratori e dei ceti più deboli, è uno strumento fondamentale nel processo rivoluzionario del cambiamento della società. Proprio per questo principale motivo esso è sempre al centro di uno scontro di classe (che cambia forma a seconda degli orientamenti più generali dominanti in un particolare periodo storico e per il peso e la presenza di forze e correnti progressiste nel Governo), e si manifesta o con la repressione o con la frantumazione e la divisione o con il creare, attraverso il controllo dei mass-media, sfiducia tra i lavoratori stessi, intorno alle sue scelte, ai suoi dirigenti, ai suoi ideali.
         Singolare e chiaro è quanto sta accadendo proprio in queste settimane contro il sindacato e contro la Cgil in particolare, per il problema della “scala mobile” e la difesa dei redditi dei lavoratori minacciati da una politica economica dissennata e da un Governo incapace di offrire credibilità su un progetto globale di riforme e di sviluppo nazionale.
         La Fnle-Cgil di Larderello, che è parte integrante del movimento di massa progressista e riformatore e si riconosce pienamente nei valori e negli obiettivi politici della Cgil, terrà, tra pochi giorni (7 maggio 1981), il suo XII° Congresso. Un congresso che cade, per quanto attiene lo specifico della fabbrica e del territorio nel quale opera il nostro sindacato, in una fase di apertura allo sviluppo. Sviluppo che, anche per la nostra azione, è stato possibile e sul quale ci impegneremo con le verifiche per non vanificare nella pratica attuativa, nelle meschine beghe della lotta per le poltrone, degli aggiustamenti personali legati al sottogoverno e alla lottizzazione politica più che alle reali capacità professionali, i proponimenti e i contenuti politici nuovi e avanzati delle linee programmatiche dell’Enel, per la geotermia.
         Certo, il nuovo è ancora immerso nel vecchio e stenta a liberarsi di questo abbraccio che può essere fatale. E’ bene quindi meditare sulla necessità di appoggiare con ogni forza nostra le tendenze innovatrici che anche nella conduzione della geotermia si manifestano e saper dividere, allo stesso tempo, i problemi irrisolti dentro la nostra fabbrica e irrisolti per tanti lavoratori, da questi obiettivi di carattere più generale. Sui secondi deve instaurarsi un rapporto di aperta conflittualità con la Direzione perché, tra l’altro, anche la loro soluzione è legata alla positività del progetto generale. Noi misureremo la volontà politica dai fatti concreti, dai risultati, e non firmiamo e non firmeremo cambiali in bianco, come qualcuno vuol far credere, il nostro interesse è l’espansione produttiva, il giusto rapporto tra produzione e occupazione, una vita democratica dentro la Fabbrica, intesa non tanto come momento di sfruttamento e di sofferenza, ma come luogo di incontro e di maturazione. Anche per questo motivo non ci innamoriamo né delle formule organizzative, né dei Direttori: riconosciamo a loro l’importanza che hanno, ma contiamo, come classe operaia, sui cambiamenti più profondi nella mentalità democratica e tecnica di direzione aziendale e sulla forza di organizzazione e di lotta dei lavoratori.
         Il nostro XII° Congresso, che ci vede a cinque anni di distanza dal precedente, notevolmente più forti anche sul piano degli iscritti (nel 1976 = 475; nel 1980 = 591) e dell’organizzazione complessiva e, quindi, dell’influenza in tutta la vita interna ed esterna alla Fabbrica, dovrà significare un ulteriore rafforzamento e rinnovamento interno. Abbiamo la volontà e gli uomini per farlo,  e lo faremo cercando il più vasto consenso degli iscritti e dei lavoratori. Come abbiamo detto in altre occasioni, per vivere e svilupparsi ed essere sempre più vicino ai problemi e alle speranze della gente, il sindacato ha bisogno della partecipazione attiva dei giovani, delle donne, dei tecnici, di tutti gli operai con un contatto permanente fatto di critiche, suggerimenti, impegno, nelle fasi di elaborazione e solidarietà nelle lotte.
         Ha bisogno di decentrarsi dentro le fabbriche e nel territorio, di ritrovare lo slancio unitario dei Consigli superando di fronte ai problemi, gli steccati ideologici e di parte, sempre contrari, qualsiasi sia la loro matrice, ai veri interessi dei lavoratori.
         Molte illusioni, è vero, sono cadute intorno alla miracolistica conquista dell’unità del composito mondo sindacale italiano. Oggi non si parla più di “unità organica” e anche “l’unità giorno per giorno” non sempre è realizzabile. Anche molti compagni, adesso e nel passato, hanno rivolto critiche alla pratica unitaria, perché in essa vedevano un annullamento dei caratteri specifici della Cgil, un appiattimento dei valori, un verticismo che mediava continuamente i contrasti interni e che, in ultima analisi, sviliva il ruolo del sindacato.
         Questi compagni non hanno tutti i torti ad esprimere una critica così severa, soprattutto per la gestione burocratica che si è fatta dell’unità, ma è bene riflettere ancora su alcuni punti fondamentali ed essere onesti con noi stessi per dare una risposta: cosa sarebbe stato del nostro Paese, sottoposto dal 1968 ad oggi a un attacco reazionario di inaudita violenza, che si è manifestato con il terrorismo, il qualunquismo, l’inflazione, il “non governo”, la corruzione, senza la Federazione Unitaria Cgil-Cisl-Uil? Sarebbe possibile guardare ancora ad uno sviluppo democratico della nostra Società? Sarebbero state possibili le conquiste economiche e di democrazia ottenute dai lavoratori?
         La democrazia è faticosa. Ognuno di noi lascia qualcosa quando si unisce ad altri soggetti dalla provenienza culturale, sociale, umana, la più varia., e si arricchisce, allo stesso tempo, e matura una più consapevole visione dei problemi e della vita; si trasforma e trasforma insieme, in un divenire che non è, per fortuna, regolato da dotrrine immutabili ed eterne. A questo divenire, a questa unità tra diversi viandanti che ricercano il giusto cammino, bisogna ancora guardare come al principale degli obiettivi e non lasciarsi travolgere da difficoltà contingenti ma mpliate e deformate, per fini non certo di solidarietà verso i problemi della classe lavoratrice.
         E’ in tal senso che non crediamo di fare propaganda o di autoincensarci dicendo che la Fnle-Cgil è un sindacato in espansione, giovane, con la più assoluta autonomia politica e la più ampia democrazia interna, che ricerca l’unità con le altre Organizzazioni in un rapporto chiaro e costruttivo. Pubblicando con tenacia il nostro “giornalino” “Informazioni Fnle-Cgil Larderello” noi intendiamo, tra l’altro, non solo informare, ma, se è possibile, dare elementi di conoscenza e di formazione sulle più generali tematiche sociali, economiche e culturali, proprio nel senso di coprire un piccolo spazio per l’innalzamento della coscienza di classe e culturale dei compagni e dei lavoratori. Anche il “giornalino” è dunque uno strumento aperto, pluralista, che non appartiene soltanto alla Fnle o a chi lo scrive, ma che appartiene e vuole appartenere sempre più, ai lavoratori della Fabbrica e della Zona.
         E proprio per questi elementi noi lanciamo in occasione del XII° Congresso un appello ad una nuova leva di iscritti in tutti i posti di lavoro e realtà della nostra Fabbrica, superando le concezioni del falso privilegio, del facile accomodamento personale, della “paura” e dell’indifferenza, dell’estremismo sterile e settario, che talvolta allontanano da noi i giovani, le donne, i tecnici, snaturando e impoverendo la dialettica conflittuale nella Fabbrica e lasciando troppi spazi di manovra alle posizioni che ancora esistono, del paternalismo e del sottogoverno.

“le fatiche delle montagne sono alle nostre spalle
davanti a noi le fatiche delle pianure”

Sono fatiche altrettanto dure, sono prove altrettanto difficili quelle che ci attendono, ma se avremo il consenso della gente, se agiremo con intelligenza e con passione per risolvere i problemi, se manterremo questa salda e sincera amicizia nel gruppo dirigente, se non anteporremo il nostro interesse personale a quello dei lavoratori, se sapremo vedere in tempo i nostri errori e criticarli per trarre da essi insegnamenti, allora è certo, compagni, che il nostro cammino non sarà fermato. 

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