Romanticismo
Sulla spiaggia di Viareggio un giovane forestiero assiste
meditabondo al rogo che distrugge le spoglie mortali di Percy Bysshe Shelley,
poeta inglese (1792-1822). Sale il fumo nel cielo terso sulla costiera e soffia
dal mare il vento a disperderlo. Colui che guarda bruciare il poeta è a sua
volta un poeta, un grande poeta, un suo compatriota e come lui appassionato
amante della terra d’Italia, al tempo il “paradiso dei perseguitati politici” d’Europa.
Si chiama George Byron che così parlò: “Tutto di Shelley si è consumato, tranne il cuore, che non
volle ardere”. L’artista che sta bruciando sulla pira è stato ucciso dalle onde
in tempesta nel Mar di Livorno l' 8 luglio 1822 ed il suo corpo fu rinvenuto dieci giorni dopo
sull’arenile di Viareggio. Le sue ceneri furono seppellite nel Cimitero degli
Acattolici a Roma, presso la piramide di Caio Cestio. L’artista che canta le sue ceneri non gli sopravviverà che di
due anni. Andrà a combattere per la libertà della Grecia, nel 1824, e le febbri
malariche lo stroncano a Missolungi. Questi avvenimenti ci spiegano la natura del romanticismo all’inizio
del secolo XIX: una libertà di vita e di canto da praticare sui travagli del
tempo, opponendola alla forza della natura e alla fragilità dell’uomo,
affidandola al destino, al fuoco e alla gloria.
Cimitero degli Acattolici di Roma.
Che emozione
tra i sepolcri
avviluppati nei vapori
che il sole
fa scaturire
dalle radici
dei cipressi antichi,
in quest’oasi di pura poesia!
Non qui
l’urne dei grandi
italiani
come in Santa Croce,
ma le
cancellate voci e obliate
dal mostro
consumista, Urano,
che rinnova
incessantemente
ogni mattina
il pasto della sera.
Ora cammino
e mi perdo
non alla
ricerca di storie,
ma di emozioni.
E’ la mia
parte
emotiva del cervello
che vigila,
mentre riposa
l’emisfero
cognitivo.
Carsten
Hauch, poeta danese,
e più in là
Antonio Gramsci, quarto
riquadro ad
owest, vicino
al muro,
Ales 1891 – Roma 1937
“Cinera Antonii Gramscii”
stele grezza
con ramoscello
di mirto e
fiori rossi e freschi
di una
ricordanza non sopita.
Questa
nebbiolina di calore
che sale dalle
ossa dei morti
così lontane
dalle luci
abbaglianti
della città e dai suoi
riti,
m’avvolge consolatrice,
no, non
m’impiglia in pensieri
tetri,
oscuri, m’apre al futuro,
alla
speranza.
Vedi Lu Xun:
e cos’è mai
la speranza?
Quel luogo
eletto (il
Nulla) dove nemmeno
la memoria
di disperse ceneri
turberà la
quiete eterna, né
la sorte
dolorosa dei malvagi
iscritti nei
registri a partire
dall’anno
zero di questi
due
millenni, né la consolatrice
ricompensa
per confessioni
e
conversioni tardive
o per vite intemerate
e
impenetrabili al peccato…?
<Come una
cometa che
attraversa
il cielo stellato,
sei andata
via troppo presto…>
Un bambino
chiede
della nonna,
di quel marmo,
e una donna sconosciuta
mi
s’avvicina gentile,
vedendomi
scrivere:
<scusi,
signore, lei lavora qui?>
faccio NO
con la testa, e invece
avrei dovuto
dirle <SI, lavoro
a
raccogliere il respiro dei
morti!>
Da una
lapide con un bellissimo
volto di fanciulla,
circondato
da un serto
di marmoree rose,
Brigitte
Olivia Niggli nata Martin
(25/10/1950
– 2/3/2000) mi dice:
< Grazie
per la tua visita!”
Mi commuove
che abbia
pensato a
me, vedi come sono
gentili i
morti, non invidiano
noi vivi,
loro sanno la via.
Prima di
uscire saluto un
compagno, un
comunista,
pisano come
me, che lavorò
facendo il
bene dalla parte
sbagliata,
così l’equilibrio
del terrore
nucleare ha
salvato il
Mondo, Bruno
Pontecorvo,
ragazzo
di via
Panisperna,
dimenticato.
Fuori dal
vetusto prato s’apre
lo spazio
ancestrale dei
progenitori
antichi, ai piedi
della
Piramide perfetta,
e, al di là,
la piazza
cara ai
romani a ricordo
della
Resistenza al fascismo
feroce e
agonizzante.
Antiche
stele dove i gatti
dell’eternità
prendono
languidamente
il sole
dell’ultimo
autunno.
E quante
margherite tra
il lucente
smeraldo!
Luoghi dell’anima.
Munthe, Keats, Shelley, Severn,
mentre il
cielo intanto
si copre di
barconi d’acqua,
Keats’ if thy Cheritted
Name se writh in Water.
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