Sito archeologico del "Bagnone del Sasso", nel Comune di Castelnuovo di Val di Cecina, da identificarsi con le Acquae Populoniae" risalente al II° sec. a. C. e rimasto in attività fino al II° III° sec. d.C.
PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 28.
45. Conservazione e valorizzazione
del patrimonio artistico della Valdicecina
La vasta zona compresa tra le città di
Massa Marittima e di Volterra, tra le ultime colline digradanti al mare e le
crete senesi, non possiede quello che nelle carte turistiche viene
contrassegnato “centro di grande interesse”, cioè località o singoli monumenti
di eccezionale ed “universale” importanza.
La sua ubicazione, decentrata rispetto
ai principali centri urbani e quindi alle aree dello sviluppo sociale,
economico, artistico, regionali e provinciali, ne ha di fatto determinato l’isolamento
e l’arretratezza, non compensati dai rilevanti aspetti naturalistici o
industriali, questi ultimi accentuatosi a partire dal secolo XIX.
Molte le tracce, disseminate su vaste
aree, della presenza di antiche civiltà: l’incisione di un bisonte su un
ciottolo del Cornia, una tomba a più camere scavata nel tufo, una
pavimentazione stradale romana, una fortificazione nedievale, le fondamenta di
una torre d’avvistamento o di una intera cinta muraria, un capitello corinzio...la
testimonianza che l’uomo si era addentrato in queste valli dove scorrevano
fiumi dalle acque limpide e calde, tra boschi immensi ed alte colline, che
aveva tratto da questa terra il suo sostentamento, costruendovi alloggi e
templi, seppellendovi i morti e affrontando vittoriosamente la lotta per la
sopravvivenza.
Resti minori, insignificanti per l’uomo
d’oggi teso al consumismo più sfrenato
in tutti i campi, che spesso forma la propria cultura sui modelli speculativi
dettati dalla grande industria del turismo, ma che a molti di noi, abitanti di
questa terra, ancora suscitano grandi emozioni, ammirazione e desiderio di
approfondire le esili tracce che ci legano al passato per ricostruire la parte
più profonda di una identità sempre più cancellata da un modello di vita
alienante e mistificato.
Grazie all’opera disinteressata di un
esiguo gruppo di volenterosi, sta ritornando alla luce quello che forse può
essere considerato uno dei più bei monumenti della nostra zona: la Pieve in
stile romanico dedicata a San Giovanni Battista a Sillano (San Dalmazio). Già
lo scavo della pavimentazione ha posto problemi interpretativi di notevole
interesse sull’origine e lo sviluppo di ciò che lo storico d’arte Salmi aveva
definito “un meraviglioso rudere di cui è impossibile ricostruire
l’iconografia” e certamente, man mano che procederanno i lavori di scavo e di
conservazione, non mancheranno altre notevoli sorprese.
Ma già questo primo lavoro ci rivela
come manchi ancora una coscienza negli Enti Pubblici e negli Organismi preposti
alla salvaguardia del patrimonio artistico, per poter attuare interventi
coordinati e ben più sostanziosi di quelli assolti oggi, in modo encomiabile,
dal volontariato. E nello stesso tempo sorge spontanea la riflessione sulla
funzione “nuova” che dovrebbe avere la scuola nella formazione di individui
socialmente e culturalmente preparati, che vuol dire uomini proiettati nel
futuro che amano, comprendono e proteggono le piccole cose emergenti dal passato,
dal patrimonio collettivo dell’oscuro tendere di infinite generazioni
all’immortalità.
In questo senso intendiamo dare, come sindacato,
il maggior contributo a tutte le iniziative che gli Enti Locali riterranno
voler intraprendere, collegandoci con la scuola, l’associazionismo democratico
e le strutture pubbliche preposte sul territorio, a partire da una
sensibilizzazione dei lavoratori elettrici e del nostro Circolo Ricreativo
(Cre), per salvare (come affermano gli studiosi Moretti e Stopani) “alcune
opere d’arte della nostra zona dalla distruzione totale, spesso incombente date
le pessime condizioni di conservazione”. Tale pericolo si è particolarmente
aggravato in questi ultimi anni, caUsa lo spopolamento delle campagne che ha
determinato l’abbandono di tanti poderi e spesso di interi villaggi.
Poiché condivise integralmente
riportiamo le considerazioni finali dei due studiosi citati: “...si pone con
urgenza il problema della valorizzazione e della conservazione di questo nostro
patrimonio storico-culturale, problema notevole la cui soluzione si presenta
oltremodo complessa poiché in assoluto il valore artistico dei singoli
monumenti è spesso molto limitato e neppure lontanamente confrontabile a
maggiori esempi presenti in Toscana”.
Solo nel contesto paesaggistico in cui
sono inserite tali opere hanno un significato e testimoniano gli alti valori
della nostra civiltà. E’ chiaro quindi che una soluzione al problema potrà
essere trovata solo nella ristrutturazione socio-economica di tutto il
territorio della Valdicecina e nel coordinato e costante intervento di quelle
forze che ne costituiscono la base politica, economica e amministrativa, in
nome di quegli stessi valori di rinnovamento e umanesimo, ai quali si
richiamano.
46. Riflessioni sugli scioperi del 7
e 28 ottobre 1976
Nessuno ignora che è in atto nel nostro Paese un
laborioso processo politico che si accompagna ad una crisi economica e sociale
di vaste proporzioni. I lavoratori, in particolare, sono coscienti che oggi c’è
una profonda frattura tra il “paese reale” coi suoi problemi, le sue lotte, le
sue avanzate democratiche e la classe dirigente, l’attuale direzione politica
espressa dal Governo in carica.
Gravi misure economiche vengono attuate
quasi ogni giorno contro la classe operaia, contro i reali produttori di ricchezza,
mentre poco o nulla si fa per far pagare “chi non ha mai pagato”: i ceti
parassitari, gli speculatori, i grossi pescecani dell’industria, i superburocrati,
i “padroni del vapore”...I lavoratori sono convinti che occorre fare dei
sacrifici, ma intendono partecipare, decidere sulle finalizzazioni di questi
sacrifici, perché c’è il fondato sospetto che non si vogliano imboccare strade
nuove, ma ripercorrere quelle vecchie e disastrate, che tanto danno hanno fatto
al Paese.
Si vuol imbalsamare il peso, la forza
dei lavoratori organizzati, si vogliono far maturare i tempi di una “rivincita”
neo-capitalistica gestendo la crisi selvaggia con l’inflazione e con la
recessione.
Il movimento sindacale ha manifestato
una crescente preoccupazione di fronte
questa situazione e pertanto ha chiamato i lavoratori alla mobilitazione
e alla lotta, prima con lo sciopero nazionale del 7 ottobre, poi con gli
scioperi regionali (in Toscana il 28 ottobre) e, successivamente, rilanciando
momenti di lotta unificante per risolvere in positivo le vertenze contrattuali
dei due milioni di lavoratori del Pubblico Impiego.
Tre settimane di lotte e iniziative,
assemblee, dibattiti tra i lavoratori per precisare una linea politica, per
recepire suggerimenti e critiche, per rinsaldare legami tra dirigenti e masse,
per dare una continuità agli scioperi generali trovando collegamenti concreti
con le vertenze zonali e aziendali, per l’occupazione e l’aumento della
produzione, partendo dalla totale utilizzazione delle risorse disponibili,
nell’agricoltura, nell’industria, nella geotermia...
Eppure, nonostante queste premesse, gli
scioperi non sono andati troppo bene all’Enel-Larderello e la percentuale di
adesioni, inferiore al 30% al Gruppo minerario, è allarmante. Esistono ragioni
non trascurabili di persistente divisione tra turnisti e giornalieri, tra
addetti alla produzione e non, purtuttavia ci sembra che le cause derivino da
una notevole spoliticizzazione che fa leva su strati di qualunquisti, spesso
annidati in posti di lavoro improduttivi, e anche su una gestione delle lotte
troppo “delicata”, che non crea quel clima di tensione morale capace di far
interrogare ogni coscienza prima di compiere scelte così importanti, come la
rinuncia alla solidarietà di classe.
Oggi qualcuno si illude di trovare vie di salvezza autonome,
come i promotori dell’Union Quadri, una Associazione di AS e A1 che si
inserisce, forse inconsapevolmente, in un disegno più vasto di quelle forze
disgregatrici della Società, molto attive in questo momento, ma noi crediamo
che l’unica via ancora vincente per i lavoratori sia l’unità e la lotta.
Ebbene, se veramente questo è il momento di scelte decisive per il nostro futuro,
è necessario calare le scelte in ogni persona, per superare visioni
fatalistiche o pessimistiche, egoismi, paure, rigenerando una forte carica
ideale e sociale, ridando l’autentico significato agli atti ed alle parole, a scioperante e crumiro, a lavoratore e parassita, a sfruttato e sfruttatore,
non consentendo a nessuno giustificazioni di comodo, quando, in un momento come
l’attuale, lottare vuol dire essere concretamente impegnati per la salvezza
dell’Italia e il suo rinnovamento.
Nessun commento:
Posta un commento