giovedì 3 agosto 2017



Sito archeologico del "Bagnone del Sasso", nel Comune di Castelnuovo di Val di Cecina, da identificarsi con le Acquae Populoniae" risalente al II° sec. a. C. e rimasto in attività fino al II° III° sec. d.C.

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 28.


45. Conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico della Valdicecina



         La vasta zona compresa tra le città di Massa Marittima e di Volterra, tra le ultime colline digradanti al mare e le crete senesi, non possiede quello che nelle carte turistiche viene contrassegnato “centro di grande interesse”, cioè località o singoli monumenti di eccezionale ed “universale” importanza.
         La sua ubicazione, decentrata rispetto ai principali centri urbani e quindi alle aree dello sviluppo sociale, economico, artistico, regionali e provinciali, ne ha di fatto determinato l’isolamento e l’arretratezza, non compensati dai rilevanti aspetti naturalistici o industriali, questi ultimi accentuatosi a partire dal secolo XIX.
         Molte le tracce, disseminate su vaste aree, della presenza di antiche civiltà: l’incisione di un bisonte su un ciottolo del Cornia, una tomba a più camere scavata nel tufo, una pavimentazione stradale romana, una fortificazione nedievale, le fondamenta di una torre d’avvistamento o di una intera cinta muraria, un capitello corinzio...la testimonianza che l’uomo si era addentrato in queste valli dove scorrevano fiumi dalle acque limpide e calde, tra boschi immensi ed alte colline, che aveva tratto da questa terra il suo sostentamento, costruendovi alloggi e templi, seppellendovi i morti e affrontando vittoriosamente la lotta per la sopravvivenza.
         Resti minori, insignificanti per l’uomo d’oggi  teso al consumismo più sfrenato in tutti i campi, che spesso forma la propria cultura sui modelli speculativi dettati dalla grande industria del turismo, ma che a molti di noi, abitanti di questa terra, ancora suscitano grandi emozioni, ammirazione e desiderio di approfondire le esili tracce che ci legano al passato per ricostruire la parte più profonda di una identità sempre più cancellata da un modello di vita alienante e mistificato.
         Grazie all’opera disinteressata di un esiguo gruppo di volenterosi, sta ritornando alla luce quello che forse può essere considerato uno dei più bei monumenti della nostra zona: la Pieve in stile romanico dedicata a San Giovanni Battista a Sillano (San Dalmazio). Già lo scavo della pavimentazione ha posto problemi interpretativi di notevole interesse sull’origine e lo sviluppo di ciò che lo storico d’arte Salmi aveva definito “un meraviglioso rudere di cui è impossibile ricostruire l’iconografia” e certamente, man mano che procederanno i lavori di scavo e di conservazione, non mancheranno altre notevoli sorprese.
         Ma già questo primo lavoro ci rivela come manchi ancora una coscienza negli Enti Pubblici e negli Organismi preposti alla salvaguardia del patrimonio artistico, per poter attuare interventi coordinati e ben più sostanziosi di quelli assolti oggi, in modo encomiabile, dal volontariato. E nello stesso tempo sorge spontanea la riflessione sulla funzione “nuova” che dovrebbe avere la scuola nella formazione di individui socialmente e culturalmente preparati, che vuol dire uomini proiettati nel futuro che amano, comprendono e proteggono le piccole cose emergenti dal passato, dal patrimonio collettivo dell’oscuro tendere di infinite generazioni all’immortalità.
         In questo senso intendiamo dare, come sindacato, il maggior contributo a tutte le iniziative che gli Enti Locali riterranno voler intraprendere, collegandoci con la scuola, l’associazionismo democratico e le strutture pubbliche preposte sul territorio, a partire da una sensibilizzazione dei lavoratori elettrici e del nostro Circolo Ricreativo (Cre), per salvare (come affermano gli studiosi Moretti e Stopani) “alcune opere d’arte della nostra zona dalla distruzione totale, spesso incombente date le pessime condizioni di conservazione”. Tale pericolo si è particolarmente aggravato in questi ultimi anni, caUsa lo spopolamento delle campagne che ha determinato l’abbandono di tanti poderi e spesso di interi villaggi.
         Poiché condivise integralmente riportiamo le considerazioni finali dei due studiosi citati: “...si pone con urgenza il problema della valorizzazione e della conservazione di questo nostro patrimonio storico-culturale, problema notevole la cui soluzione si presenta oltremodo complessa poiché in assoluto il valore artistico dei singoli monumenti è spesso molto limitato e neppure lontanamente confrontabile a maggiori esempi presenti in Toscana”.
         Solo nel contesto paesaggistico in cui sono inserite tali opere hanno un significato e testimoniano gli alti valori della nostra civiltà. E’ chiaro quindi che una soluzione al problema potrà essere trovata solo nella ristrutturazione socio-economica di tutto il territorio della Valdicecina e nel coordinato e costante intervento di quelle forze che ne costituiscono la base politica, economica e amministrativa, in nome di quegli stessi valori di rinnovamento e umanesimo, ai quali si richiamano.


46. Riflessioni sugli scioperi del 7 e 28 ottobre 1976


         Nessuno  ignora che è in atto nel nostro Paese un laborioso processo politico che si accompagna ad una crisi economica e sociale di vaste proporzioni. I lavoratori, in particolare, sono coscienti che oggi c’è una profonda frattura tra il “paese reale” coi suoi problemi, le sue lotte, le sue avanzate democratiche e la classe dirigente, l’attuale direzione politica espressa dal Governo in carica.
         Gravi misure economiche vengono attuate quasi ogni giorno contro la classe operaia, contro i reali produttori di ricchezza, mentre poco o nulla si fa per far pagare “chi non ha mai pagato”: i ceti parassitari, gli speculatori, i grossi pescecani dell’industria, i superburocrati, i “padroni del vapore”...I lavoratori sono convinti che occorre fare dei sacrifici, ma intendono partecipare, decidere sulle finalizzazioni di questi sacrifici, perché c’è il fondato sospetto che non si vogliano imboccare strade nuove, ma ripercorrere quelle vecchie e disastrate, che tanto danno hanno fatto al Paese.
         Si vuol imbalsamare il peso, la forza dei lavoratori organizzati, si vogliono far maturare i tempi di una “rivincita” neo-capitalistica gestendo la crisi selvaggia con l’inflazione e con la recessione.
         Il movimento sindacale ha manifestato una crescente preoccupazione di fronte  questa situazione e pertanto ha chiamato i lavoratori alla mobilitazione e alla lotta, prima con lo sciopero nazionale del 7 ottobre, poi con gli scioperi regionali (in Toscana il 28 ottobre) e, successivamente, rilanciando momenti di lotta unificante per risolvere in positivo le vertenze contrattuali dei due milioni di lavoratori del Pubblico Impiego.
         Tre settimane di lotte e iniziative, assemblee, dibattiti tra i lavoratori per precisare una linea politica, per recepire suggerimenti e critiche, per rinsaldare legami tra dirigenti e masse, per dare una continuità agli scioperi generali trovando collegamenti concreti con le vertenze zonali e aziendali, per l’occupazione e l’aumento della produzione, partendo dalla totale utilizzazione delle risorse disponibili, nell’agricoltura, nell’industria, nella geotermia...
         Eppure, nonostante queste premesse, gli scioperi non sono andati troppo bene all’Enel-Larderello e la percentuale di adesioni, inferiore al 30% al Gruppo minerario, è allarmante. Esistono ragioni non trascurabili di persistente divisione tra turnisti e giornalieri, tra addetti alla produzione e non, purtuttavia ci sembra che le cause derivino da una notevole spoliticizzazione che fa leva su strati di qualunquisti, spesso annidati in posti di lavoro improduttivi, e anche su una gestione delle lotte troppo “delicata”, che non crea quel clima di tensione morale capace di far interrogare ogni coscienza prima di compiere scelte così importanti, come la rinuncia alla solidarietà di classe.
         Oggi qualcuno si illude di trovare vie di salvezza autonome, come i promotori dell’Union Quadri, una Associazione di AS e A1 che si inserisce, forse inconsapevolmente, in un disegno più vasto di quelle forze disgregatrici della Società, molto attive in questo momento, ma noi crediamo che l’unica via ancora vincente per i lavoratori sia l’unità e la lotta. Ebbene, se veramente questo è il momento di scelte decisive per il nostro futuro, è necessario calare le scelte in ogni persona, per superare visioni fatalistiche o pessimistiche, egoismi, paure, rigenerando una forte carica ideale e sociale, ridando l’autentico significato agli atti ed alle parole, a scioperante e crumiro, a lavoratore e parassita, a sfruttato e sfruttatore, non consentendo a nessuno giustificazioni di comodo, quando, in un momento come l’attuale, lottare vuol dire essere concretamente impegnati per la salvezza dell’Italia e il suo rinnovamento. 

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