PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 30.
48. Lettera a Renato Frosali,
segretario di zona del Pci, sulla situazione della Fabbrica (10 agosto 1977)
Caro
Renato,
la
recente presa di posizione del Pci di Zona della Valdicecina induce ad una
ulteriore, breve, riflessione sulla situazione della Fabbrica e su alcune cose
più vaghe che marginalmente la riguardano e ci riguardano.
Com’è avvenuto e avviene quasi ovunque,
la mancata tempestiva soluzione di vecchi problemi origina estenuanti vertenze
che, dilungandosi a dismisura nel tempo, non solo riescono a sfilacciare il
movimento per la diminuita tensione, ma contribuiscono a determinare posizioni
confuse e anche contraddittorie, sulla spinta di visioni settoriali e
corporative, che di tanto in tanto intorno ai problemi di fondo si manifestano.
Anche tra di noi e nel nostro Partito.
La “vertenza Larderello” o “vertenza
geotermia” è aperta da decenni. E non potrebbe essere altrimenti essendo questo
un settore strettamente legato alla evoluzione della tecnica e della ricerca
scientifica, nonché ad un diverso intendere la politica economica, specialmente
per la parte energetica (decentramento, autonomia nazionale, uso completo delle
risorse, ecologia...).
Ma anche se essa sarà una vertenza
infinita, per il periodo a breve e medio termine alcuni obiettivi primari sono
stati evidenziati e intorno ad essi si è creato dibattito e si sono costruite
alleanze. Gli obiettivi si possono così riassumere:
1 -
contribuire all’affermazione di una volontà politica nuova nella Direzione
dell’Ente ed in quella specificatamente inerente la geotermia;
2 -
intendere la geotermia sempre più un “bene collettivo” da gestire sul
territorio, coinvolgendo gli Enti Locali nello sfruttamento completo e
diversificato di questa risorsa, attraverso una politica di piano a livello regionale;
3 -
sviluppare la ricerca in tutte le direzioni, in una visione di stretta
collaborazione internazionale capace di consentire al nostro Paese la
esportazione di tecnologie ed impianti;
4 - lo
sviluppo e l’unitarietà della ricerca deve essere alla base di uno sviluppo
produttivo sia per quanto concerne gli usi tradizionali (elettricità) sia per
le nuove forme di utilizzazione (agricoltura-chimica-riscaldamento civile ed
industriale);
5 - la
ricerca e l’utilizzazione della geotermia deve estendersi a tutto il Paese
attraverso collaborazioni ed accordi (Enti,
Cnr,
Università) impegnando al massimo e razionalmente tutte le risorse;
6 - lo sviluppo della ricerca, le nuove tecnologie, la diversificazione nello
sfruttamento, una precisa programmazione degli investimenti, dovranno consentire
un reale sviluppo produttivo del settore geotermico, anche nell’area di
Larderello (Larderello, Radicondoli, Amiata);
7 –
realizzando una espansione produttiva sarà possibile una ulteriore crescita
della occupazione operaia e tecnica in quella visione di giusto equilibrio tra
produzione/occupazione che è alla base di ogni corretta gestione aziendale.
Se gli obiettivi sono stati individuati
abbastanza chiaramente altrettanto non si può dire dei metodi, delle forme, dei
tempi per realizzarli, ed è in parte da questo tipo di ritardi che poi nascono
le contraddizioni e i problemi, i distacchi tra vertice e base, l’apatia dei
lavoratori e delle popolazioni delle quali dirò nel seguito.
Non possiamo nasconderci che esistono
ritardi evidenti, di natura politica, risalenti all’Enel in primo luogo, al
Governo e, in varia misura, riscontrabili negli Organismi di Ricerca, negli
Enti Locali e nelle forze politiche. Ma non possiamo fare a meno di constatare
che negli ultimi cinque anni è avvenuto un cambiamento profondo nel modo di
pensare la “geotermia”, nel mondo scientifico e in quello politico, e che la
discussione aperta su questo tema ha destato un vivo interesse anche tra i non
esperti, contribuendo a favorire aggregazioni di forze tese al suo rinnovamento
e sviluppo. Ultimo esempio il Convegno Nazionale di Chianciano sul tema
“Geotermia e Regioni” svoltosi dal 14 al 16 aprile 1977 nella cittadina termale.
Io credo che all’apertura di questa
problematica nuova e di questo interesse abbia contribuito in maniera
determinante la linea delle Organizzazioni sindacali di Larderello e la lotta
dei lavoratori elettrici. Ma per il futuro occorrerà fare qualcosa di più,
intensificando le lotte, estendendo le alleanze, ponendo obiettivi ravvicinati
e verificabili.
L’Enel-Larderello è una Fabbrica
complessa, piena di problemi e di contraddizioni. A piccoli gruppi di
lavoratori politicizzati fa riscontro un vasto strato di lavoratori apatici
alle questioni generali, disimpegnati e tesi all’appagamento individuale
attraverso un carrierismo sfrenato e l’acquisizione degli ancora troppi
privilegi che una paternalistica gestione direzionale sapientemente diffonde,
per fiaccare tutto il movimento sindacale, creando contrasti e lacerazioni tra
gruppi e singoli lavoratori.
Ci sono organici “impiegatizi”,
gonfiati da anni di scelte clientelari e di prestigio, che andrebbero
ridimensionati, riqualificando il personale ed inserendolo nei Reparti
operativi, e organici di reparti operai sottodimensionati, in una fase di
espansione delle attività qual’è quella che viviamo attualmente (perforazioni
ed officine).
C’è la netta sensazione di una
organizzazione del lavoro che mortifica la professionalità, che favorisce
l’insorgere del lassismo, la ricerca del poco lavoro e del tanto guadagno e
che, accompagnandosi a un clima generale di insufficiente tensione ideale,
genera quelle note e diffuse posizioni di distacco dalla fabbrica, di disprezzo
o sottovalutazione del valore della creatività del lavoro, di fuga nel privato
(nel cosiddetto tempo libero e, in generale, nelle sue manifestazioni più
deteriori). Il desiderio più evidente è quello di "far festa". Si
comincia la giornata pensando al fischio delle cinque, la settimana pensando al
venerdì, e non è infrequente sentire giovani operai parlare di
"pensione"”
Se si manifestano in maniera diffusa
questi comportamenti è per dei motivi seri, strutturali, esistenti all’interno
della Fabbrica, che nascono da limiti, carenze, errori, passati e presenti,
compiuti dai sindacati; o insufficienze del Consiglio dei delegati, comportamenti
che vengono incessantemente alimentati dalla politica della Direzione. Ma,
probabilmente, ci sono motivi esterni alla Fabbrica avvertibili in carenze
nell’azione di politicizzazione e di orientamento che riscontriamo sul
territorio tra organizzazioni politiche e sociali, le quali sembrano più interessate al consenso
elettorale che non a determinare una più consapevole presa di coscienza sui
problemi dei lavoratori e del popolo e sulle iniziative per affrontarli in una
visione di trasformazione della società, di unità di classe e di prospettiva rivoluzionaria.
Tutto contribuisce a creare quella
sensazione strana che si prova vivendo a Larderello: cioè, che non succeda mai
niente. E nulla è più pericoloso e contagioso di questo immobilismo stagnante,
di questo clima soporifero che non si riesce a spezzare e che ci avvelena i
giorni e la vita.
Ognuno di noi può avere un’idea di
soluzione, un’idea parziale. Può essere la politica contrattuale egualitaria
che affronteremo nell’autunno (all’interno, ma soprattutto all’esterno);
l’incentivazione della professionalità operaia e tecnica; l’impegno rinnovato
per lo sviluppo produttivo e la limitazione degli sprechi (quindi rapida
realizzazione delle 5 nuove centrali elettriche, compresa quella di Radicondoli
che deve essere autonoma, modulare, deve avere personale locale da reperire
anche con concorsi di assunzione in quella zona, ripristino di quelle esistenti
con le trasformazioni e le manutenzioni indispensabili, pluriennali programmi
di ricerche e di perforazioni, quest’ultime eseguite con nuove tecnologie per
pozzi profondi e deviati e per ricarica artificiale dei bacini produttivi con
controllate reiniezioni di acque, ruolo trainante di tutte le officine in fase
costruttiva e manutentiva, unitarietà degli apparati predisposti alla geotermia
già operanti nell’Enel e sviluppo della collaborazione con l’esterno); la fine
del monopolio occupazionale dell’Enel in Valdicecina che tante contraddizioni ha
scatenato tra i giovani e sul territorio, e quindi, la diversificazione dello
sfruttamento geotermico con nuovi sbocchi per le assunzioni, comprese quelli
femminili; una vigorosa ripresa della iniziativa politica, non solo in
fabbrica, ma sul territorio, che non miri a fare da supporto alla gestione del
potere, ma che sollevi problemi, apra prospettive, maturi e faccia crescere le
coscienze nel dibattito e nel confronto con gli altri.
Questioni complesse, confuse, una
ragnatela fittissima nella quale mi sento avviluppato e, spesso, impotente a
liberarmene. Anch’io ho aggiunto confusione a confusione, altri dovranno dare
risposte più precise, individuare le questioni profonde, i centri nodali su cui
intervenire. La mia è una voce molto flebile e incerta che avverte un estremo
disagio vivendo in mezzo ai lavoratori e alla gente. Avverte una regressione
culturale, morale e politica dentro la Fabbrica, poiché sembra quasi che essa
renda peggiori e non migliori gli uomini che vi entrano. Si potrebbe dimostrare
con mille esempi quotidiani. Avverte anche che le prese di posizione su questi
problemi e su altri che ci riguardano sono spesso dettate da demagogia o da
ristretti interessi e ciò, quando viene da un partito come il nostro, mi sembra
particolarmente grave, noi, che vogliamo costruire ed inventare il nuovo e che
invece, per tanti aspetti, siamo ancora così legati al passato, al vecchio
odiato sistema del quale siamo permeati.
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