martedì 1 agosto 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 27.


43. Il voto del 20 giugno 1976 nella Valdicecina e l’iniziativa sindacale



         Quale elemento vitale della società italiana il movimento sindacale ha seguito con grande attenzione lo svolgimento delle elezioni politiche del 20 giugno. Pur non avendo fatto una scelta precisa di schieramento, le Organizzazioni sindacali hanno affermato che per affrontare con successo i difficili problemi strutturali del Paese, complicati dalla crisi economica, sociale e morale che si è abbattuta sull’Italia in conseguenza di scelte politiche errate, occorrevano larghe intese programmatiche tra le forze politiche, economiche, sociali e culturali e un profondo rinnovamento dei metodi del Governo, privilegiando il decentramento e la partecipazione, favorendo in primo luogo la politica degli investimenti produttivi e della piena occupazione.
         Il sindacato, nella sua piena autonomia, giudicherà il Governo dal suo programma e dalle priorità delle scelte atte a risolvere i problemi dei lavoratori e delle grandi masse popolari.
         Tuttavia i lavoratori sono parte determinante delle forze politiche, svolgono in esse un ruolo fondamentale, conoscono le interdipendenze che esistono tra l’appagamento delle loro richieste e la realizzazione di una intesa più avanzata e progressista di Governo, senza discriminazioni ideologiche o chiusure  settarie.
         Tutti i risultati elettorali sono oggi largamente conosciuti. Credendo di far cosa gradita ai lavoratori noi pubblicheremo i dati relativi ai nove Comuni della Valdicecina, non avendo spazio per ulteriori tabelle e comparazioni. Alle forze politiche spetterà il compito di un’analisi approfondita di questi risultati. A noi sembrano sostanzialmente confermare le linee nazionali, in una zona ove le forze di sinistra son sempre state largamente maggioritarie. Certo, la scomparsa o frantumazione di forze politiche che hanno contribuito, alcune dal Risorgimento, alla storia moderna del nostro Paese, lo riteniamo un fatto assai negativo, proprio in virtù di quel pluralismo di idee indispensabile per assicurare all’Italia una effettiva espansione della democrazia, l’avanzata sociale, economica e morale.
         Da tutte le forze politiche della Valdicecina, dagli Onorevoli della circoscrizione e della Toscana, ci attendiamo adesso non slogan propagandistici, ma fatti concreti.
         La nostra Zona ha pagato in questi trent’anni un prezzo troppo alto per una politica industriale, agricola e infrastrutturale sbagliata. Al benessere di gruppi localizzati intorno ai poli industriali (Larderello-Saline) corrispondono ancora vaste aree di sottosviluppo e degradazione socio-economica. Senza parlare dell'emigrazione che ha fatto diminuire gli abitanti dai 55.000 circa dell’anno 1951 agli attuali 39.000.
         E’ stato ripetutamente affermato e dimostrato che la Valdicecina possiede ampie risorse (energetiche, minerarie, chimiche, agricole, culturali) per conseguire un’espansione dell’occupazione, in particolare di quella giovanile e femminile, e della produzione. Le Organizzazioni sindacali hanno approntato unitariamente piattaforme rivendicative comprensoriali, credibili e selettive. Sulle questioni reali si deve aprire oggi il confronto con gli Enti Locali e con le forze politiche. Non è in palio l’interesse particolare di questa o quella persona, di questo o quel partito, ma l’interesse più generale e significativo di tutta la Valdicecina e delle zone limitrofe.
         Non ci saranno più margini di giustificazione per gli assenti, per le vuote promesse e le velleità: ancora una volta, con tenacia ed intelligenza, il movimento sindacale, i lavoratori, i giovani, le popolazioni ripropongono una vertenza che è, allo stesso tempo, zonale e nazionale, e che ci darà la misura reale di quel cambiamento, di quell’ancora troppo sognata speranza, per il quale da sempre lavoriamo e lottiamo.


44. Nota sulle dimissioni dell’Esecutivo del Consiglio Unitario dei Delegati (Cud-Larderello)

         I lavoratori avranno certamente letto (e riflettuto) il comunicato emesso dall’Esecutivo del Cud in data 2 dicembre 1976, relativo alle dimissioni dell’Esecutivo stesso. Ritorneremo su tale argomento con una analisi possibilmente più approfondita, perché, come abbiamo tante volte affermato, noi crediamo che il Cud sia uno strumento indispensabile e primario per la politica sindacale unitaria a livello di base.
         I motivi di malessere e di stanchezza non si avvertono solo tra i delegati di reparto. La situazione politica generale così incerta e nebulosa causa profonda insoddisfazione tra i lavoratori. Questi non sono i “tempi esaltanti” della contrattazione aziendale, quando c’erano da recuperare livelli salariali almeno vicini a quelli dei paesi occidentali più sviluppati e introdurre elementi innovativi nella parte economico-normativa che dassero dignità e sicurezza al lavoratore. Oggi le politiche contrattuali si scontrano, all’esterno delle fabbriche, con un tessuto sociale lacerato ed ingiusto, frutto anche di errori nostri, ma soprattutto della classe dirigente che ha governato l’Italia nel secondo dopoguerra.
         Le politiche sindacali sono politiche di respiro nazionale, difficili, non traducibili in risultati immediati, possono creare difficoltà all’interno del movimento, e in questo senso è comprensibile che il mantenimento dell’unità tra i lavoratori richieda uno sforzo da parte di tutti. I delegati non hanno trovato adeguati sbocchi fuori della Fabbrica. Sono bloccati i Consigli di Zona, strumenti importanti sui quali si discute, ma non si riesce a fare passi avanti per l’azione frenante di forze più o meno apertamente antiunitarie. Ma ci siamo impegnati veramente tutti su questo terreno? 
         Oggettivamente il comunicato dell’Esecutivo non porta chiarezza tra i lavoratori (del resto, mai chiamati nei Reparti a questa discussione), in modo da uscire da questa situazione su posizioni politiche più avanzate, ma ripropone elementi di qualunquismo contro le Organizzazioni sindacali, già in difficoltà ad instaurare un rapporto partecipato coi lavoratori. Molte delle incomprensioni tra Cud ed Organizzazioni sindacali potevano essere superate. C’era stata la volontà da parte delle Organizzazioni sindacali a lavorare in modo più unitario con il Cud. C’era stata una chiara autocritica per alcuni aspetti, crediamo marginali,  della continuità nella direzione del movimento dato che noi tutti siamo dirigenti sindacali e quindi dobbiamo essere in grado di controllare le reazioni che nascono dalle difficoltà che incontriamo ogni giorno nel nostro lavoro.
         E’ stata scelta un’altra soluzione e ormai è impossibile tornare indietro. Guardiamo comunque di far si che a farne le conseguenze non siano in ultima ipotesi proprio coloro che tutti diciamo di voler difendere, cioè i lavoratori.


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