venerdì 5 aprile 2019



Valentino.
                                                                                                            
“…e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità”.

Ai tempi della scuola elementare,
le poesie si imparavano a memoria;
erano musicali, non si faceva fatica.
Ricordo ancora la maestra Didi,
affacciata al mio viso,
a sussurrarmi le dolci parole
ch’io credevo l’avesse scritte per me!

Il biancospino fiorito sulle pietraie
del Carbonciolo, sulle quali,
a piedi nudi o con zoccoli
di legno, mi recavo,
cercando asilo alla pungente
brezza marzolina
in attesa della primavera
e dell’uccello che tardava
a svelarmi gli arcani dell’amore,
perch’io non conoscevo altro della vita,
oltre il beccare e il cantare.

Dell’amore  sapevo ben poco,
perché la mia famiglia
s’era spezzata presto, con dolore,
ma, tuttavia, come nelle fiabe,
la felicità arrivò.

Forse è per la nostalgia
di quegli anni lontani,
non più rischiarati dalla luce
della ricordanza, che amo ritornare
su quei poggi selvatici,
per rivedere il tremolio del mare,
il rosso sole che vi s’immerge,
i paleri fruscianti,
e ritrovare le antiche prugnolaie
e le fonti, e stupirmi del biancor dello spino,
un arbusto acuminato e imperforabile,
dietro al quale mi riposavo a sognare,
al riparo dalla tramontana
e dai venti gelidi della vita.

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