Valentino.
“…e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità”.
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità”.
Ai tempi della scuola
elementare,
le poesie si imparavano a
memoria;
erano musicali, non si
faceva fatica.
Ricordo ancora la maestra
Didi,
affacciata al mio viso,
a sussurrarmi le dolci parole
ch’io credevo l’avesse
scritte per me!
Il biancospino fiorito
sulle pietraie
del Carbonciolo, sulle
quali,
a piedi nudi o con zoccoli
di legno, mi recavo,
cercando asilo alla pungente
brezza marzolina
in attesa della primavera
e dell’uccello che tardava
a svelarmi gli arcani
dell’amore,
perch’io non conoscevo
altro della vita,
oltre il beccare e il
cantare.
Dell’amore sapevo ben poco,
perché la mia famiglia
s’era spezzata presto, con
dolore,
ma, tuttavia, come nelle
fiabe,
la felicità arrivò.
Forse è per la nostalgia
di quegli anni lontani,
non più rischiarati dalla
luce
della ricordanza, che amo
ritornare
su quei poggi selvatici,
per rivedere il tremolio
del mare,
il rosso sole che vi
s’immerge,
i paleri fruscianti,
e ritrovare le antiche
prugnolaie
e le fonti, e stupirmi del
biancor dello spino,
un arbusto acuminato e
imperforabile,
dietro al quale mi
riposavo a sognare,
al riparo dalla tramontana
e dai venti gelidi della
vita.
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