L'immagine è di Luca Socchi, www.lucasocchi.com Fonte di Docciola, 1244 - 2012.
Bodo
Estratto dal volume di Carlo Groppi, “Né latino né tedesco, né lombardo
né francesco. La Comunità
di Castelnuovo dalle origini alla fine del XIII secolo”; Migliorini editore,
Volterra, 1996.
814 - Morte di Carlo Magno.
817 - Ludovico il Pio, figlio
di Carlo Magno e imperatore, concede ai monasteri e alle abbazie la libera
elezione degli abati. Concede inoltre alla chiesa la libera elezione dei
vescovi.
821 - 27 ottobre. L'imperatore
Ludovico il Pio concede e riconferma al vescovo di Volterra Grippo, tutti i
privilegi dichiarando "...che nessun giudice o persona rivestita di
autorità imperiale doveva ardire di introdursi in chiese e dimore, campi e
possessioni, che la chiesa volterrana possiede " in quibusdam pagis vel
territoriis infra dictionem imperii notri" sia per tenervi cause
giudiziarie, esigere tasse o ammende o per farvi dimora, o prelevamento di
viveri, di "fideiussores", o compiervi atto qualsiasi su servi od
uomini liberi, dovendo il vescovo Grippo e i suoi successori possedere in pace
le cose predette, con tutti gli uomini legalmente a loro soggetti e con tutti i
diritti di imposizione "omnes fredos concessos". Al vescovo incombe
solo l'obbligo di obbedire fedelmente all'imperatore. E' la prima notizia della
signoria civile dei vescovi volterrani, basata sulla proprietà terriera con
uomini liberi e servi, e al tempo stesso del vassallaggio feudale vescovile
all'impero". Noi non possediamo una fonte come il libro catastale che
Irmione, abate di s. Germain-des-Pres, presso Parigi, compilò al principio del
secolo IX, ma poiché Carlo Magno aveva emesso una serie di ordinanze dirette ai
funzionari regi, per istruirli sul modo di amministrare le terre, nelle quali
diceva loro ogni cosa necessaria a conoscersi, perfino quali verdure dovevano
piantare nell'orto, trasferiremo la vicenda di Bodo, contadino medievale del
nord della Francia, quale ci è magistralmente narrata da Eileen Power, nella
vicenda coeva di un vassallo del vescovo
di Volterra o, meglio, dell'abate dell'abbazia di s. Pietro in Palazzolo,
presso Monteverdi. E quelle vicende che ci sono state fatte rivivere con
suggestiva finezza dalla ineguagliata narrazione della Power, noi le
immaginiamo in uno dei tanti "servi
della gleba", un Oddo, o Guininzello o Bonuccio o Wido, che da mane a
sera, nel suo manso e in quello del fattore e nelle terre dell'abbazia, solo o
con i piccoli figli al pungolo delle bestie da soma e da tiro, in loco Corgnia
apud le terre lagonicce, presta il proprio lavoro sui campi seminati a biade, a
prato, o nella piccola vigna, per campare la sua famiglia, fare grande l'abate
e il padrone e rendere dimostrazione a Dio della sua devozione.
"Habet Bodo colonus et
uxor eius colona, nomine Ermentrudis, homines sancti Germani, habent secum
infantes III. Tenet mansum ingenuilem I, hebentem de terre arabili bonuaria
VIII, et antsingas II, de vinea aripennos II, de prato aripennos VII. Solvit ad
hostem de argento solidos II, de vino in pascione modios II; ad tertium annum
sundolas C; de sepe perticas III. Arat ad hibernaticum perticas III, ad
tramisem perticas II. In unaquaque ebdomanda corvadas II, manuoperam I. Pullos
III, ova XV; et caropera ibi injungitur. Et habet medietatem de farinarium,
inde solvit de argento solidos II".
Bodo, colonus, e sua moglie
Ermentrude, colona, affittuari di Saint- Germain, hanno tre bambini. Coltiva un
manso che ha otto bonuaria e due antsinga di terra arabile, due aripenni di
vigna e sette aripenni di prato. Egli paga due scellini d'argento all'esercito
e due barilotti di vino per il diritto di far pascolare i suoi suini nei
boschi. Ogni tre anni deve fornire cento tavole e tre pali per gli steccati.
Ara quattro pertiche di
terreno per la semina invernale e due pertiche per la semina primaverile. Ogni
settimana è tenuto a prestare la sua opera due volte (corvèes) ed a fornire un
servizio. Paga tre polli e quindici uova e deve fare qualunque lavoro gli venga
ordinato. Egli è proprietario di mezzo mulino per cui paga due scellini di
argento".
"Dunque, villano, come va
il tuo lavoro ?" "Eh, signore, è assai faticoso. Vado fuori all'alba,
per condurre i buoi al campo, e li aggiogo all'aratro. L'inverno non è mai
tanto rigido che io non debba uscire di casa, per paura del mio signore; e ogni
giorno debbo arare un acro di terra o più, dopo aver aggiogato i buoi e fissato
il coltro e il vomere all'aratro !" "Non hai nessuno che ti aiuti
?" "Ho un ragazzo che conduce i buoi con un pungolo, e che ora è
rauco per il freddo e il gran gridare che ha fatto" (Povero piccolo Wido
!) "Beh, insomma, è un lavoro molto faticoso?" "Proprio così, è
un lavoro molto faticoso". I sentimenti di questo colono dovevano essere
molti e molto forti. Quando si alzava nel gelo di una fredda mattina per
guidare l'aratro sui campi dell'abate, o quando i suoi propri campi lo
chiamavano fuori al lavoro, spesso rabbrividiva e scuoteva la brina dalla
barba, e avrebbe voluto che la casa grande e tutta la terra si trovassero nel
fondo del mare (che forse aveva visto dall'alto di una collina e che vagamente
poteva immaginare). Oppure gli sarebbe piaciuto essere il bracconiere
dell'abate a caccia nella foresta del Gualdo; o un mercante che trasportasse
una partita di mantelli o di cinture sulla strada maestra di Volterra;
qualsiasi cosa, insomma, fuorché un povero villano che lavorava la terra
altrui.
Quid stamus? Cur non imus?
827 - Ludovico il Pio, figlio
di Carlo Magno, riconferma il decreto stabilito dal padre, che vieta effettuare
il lavoro servile o di altro genere, nella domenica e nei giorni santi:
"noi ordiniamo, secondo la legge di Dio e secondo ciò che ha comandato
nostro padre di benedetta memoria nei sui editti, che nessun lavoro servile
debba essere fatto di domenica, né gli uomini debbano eseguire i loro lavori
agricoli, curare le vigne, arare i campi, mietere il grano e falciare il fieno,
alzare staccionate o cintare boschi, tagliare alberi, o lavorare nelle cave, o
costruire case; né debbano lavorare nell'orto, né adire le corti di giustizia,
né inseguire la preda. Ma tre servizi di trasporto è legittimo compiere di
domenica, cioè i trasporti compiuti per l'esercito, il trasporto del cibo,
o il trasporto, ove occorra, del corpo
di un signore alla sua tomba. Item, le donne non dovranno fare il loro lavoro
di tessitura, né tagliare abiti, né cucirli con l'ago, né cardare la lana, né
conciare la canapa, né lavare abiti in pubblico, né tosare le pecore: così che
ci sia riposo nel giorno del Signore. Ma vadano insieme da ogni parte alla
messa in chiesa e lodino Dio per tutte le buone cose che Egli fece per noi in
quel giorno !"
Le
"Benedizioni"...che furon dette dal greco "eulogie" entrano
in uso in Toscana e sono sia pubbliche che private. Le prime consistono in
ritagli di pane benedetto, che si dispensavano a quei fedeli intervenuti
"nelle domeniche, e feste solenni, al Tremendo Divin Sacrifizio, ed
impediti per qualche causa dall'accostarsi alla Sacra Mensa". La loro
istituzione deve forse risalire ai primi
tempi della chiesa e a s. Pio I di Aquileia (158-167). Le private consistevano
non solo in pane, ma in ogni specie di commestibili benedetti, come pure ne'
fiori, che si "mandavano a Parochi, e dai fedeli ai parenti e agli amici.
Eulogie si posson dire l'ova benedette nella resurrezione del Signore, e le
rose nella Pentecoste".
Non deve far meraviglia se nel
secolo VIII e nei successivi, fin quasi alla metà del sec. XIII, si trovino
preti ammogliati, e fino le chiese passar di padre in figlio; poiché sebbene la
chiesa latina abbia fin dai tempi più remoti prescritto ai sacerdoti il voto
della castità, non ostante ha seguitato per più secoli ad ammettere agli Ordini
Sacri i coniugati "...nel qual caso sia il marito che la moglie
professavano di vivere celibi e casti. S. Gregorio Magno scrivendo a Simmaco
difensore della Chiesa in Corsica, gl'ingiunse tra l'altre cose di proibire ai sacerdoti di conversar colle
donne eccettuate solamente la madre, la sorella, o la moglie, colla quale viver
dovevano castamente" (Epistolario).
839 - In un documento redatto
in questo anno viene rammentato il "Chastello di Vecchienna". Questa
antica località, sul confine tra la provincia di Pisa e quella di Grosseto,
diede origine ad un comunello autonomo, per molto tempo compreso nella cura di
Monterotondo Marittimo, da cui dista poco meno di due chilometri, poi inserito
nel comune del Sasso. Alla unificazione
di tale comune con quello di Castelnuovo è venuta definitivamente a far parte
del medesimo. Sicuramente il castello appartenne prima alla abbazia di
Monteverdi, poi ai vescovi di Volterra, ma fu messo a ferro e a fuoco dai
soldati del comune volterrano per rappresaglia contro il vescovo. Trasformato
in una vasta tenuta agricola oggi è una importante fattoria di proprietà della
famiglia Aloisi De Larderel. Infatti il capitano di corvetta Pompeo Aloisi
prese in moglie una delle figlie di Florestano De Larderel, l'ultimo dei famosi
pionieri delle industrie boracifere, allora padrone della fattoria. Il capitano
Aloisi fu protagonista di un noto episodio di spionaggio durante la prima
guerra mondiale, conosciuto con il nome di "Operazione Zurigo".
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