FABBRICA AMICA. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944 – 1956),
G.P.Migliorini Ed., Volterra, 1998, Pref.ne di Graziano Pacini, br. pp.370,32
ill.ni.
Pomarance 2 MAGGIO 1998,
presentazione dell’autore Carlo Groppi.
Oggi è per me una giornata di gioia e di commozione. La gioia è
vedere nelle vostre mani il frutto di
lunghi anni di ricerca e di impegno, la commozione è legata ai tanti amici e
compagni che non sono più tra noi a discutere, ancora una volta, anche da
posizioni contrapposte, dei problemi del lavoro, della democrazia, del futuro
della geotermia e del nostro territorio.
Non posso, ovviamente, richiamarli tutti, ma solo qualcuno che
ha rappresentato per me, un ideale da raggiungere, un esempio di coerenza e
rettitudine, un saggio consigliere, un amico che sapeva guardare oltre gli
steccati e le ideologie, un avversario tenace e coerente...Cesare Salvagnini,
Pietro Mori, Mauro Tanzini, Massimiliano Ciompi, Bruno Giobbi, Cherubino
Pineschi, Luigi Calvani, Ferdinando Battini, Carlo Chiavistrelli, Sergio
Beneventi, Sauro Marconi, Mario Pierattini, Baldi Valdo, Terzilio Cipriani,
Luigi Rossi, Benso Cheli, Aldo Borgianni, Lando Cellai, Aldo Batistini, Sirio
Manghetti; ma non rendo giustizia alla moltitudine che mi affolla la mente...
Fabbrica amica è un libro di memorie che si sviluppano su tre
piani: nazionale (e internazionale), locale, e personale. Non sempre c'è
fluidità nell'intreccio, ma credo che la tensione emotiva e la ricerca della
verità vi sian sempre presenti.
Si tratta della prima organica ricostruzione di un periodo
storico molto importante per la vita della fabbrica di Larderello e per tutta
la cosiddetta regione boracifera. E' un libro di storia, ma è anche un omaggio
a chi gettò le basi per lo sviluppo della democrazia e del sindacato, a chi
avviò il processo di nazionalizzazione dell'industria elettrica e della
Larderello, a chi, e sono centinaia e centinaia di lavoratori, subì
discriminazioni ed angherie per difendere la libertà di pensiero, parola,
organizzazione. Nel libro si ripercorrono le vicende di un gruppo di uomini che
fondarono il giornale I SOFFIONI, organo che fu per anni il punto di
riferimento, non solo per i socialcomunisti e per gli iscritti alla CGIL, ma per decine di impiegati e tecnici, a
sostegno del movimento di lotta per lo sviluppo della fabbrica e della
geotermia, e per l'applicazione del contratto di lavoro degli elettrici, il
migliore tra quelli allora vigenti a tutte le maestranze. Si ripercorrono i
giorni delle sconfitte, la divisione in tre contratti, l'avvento alla
presidenza della Larderello di Aldo Fascetti e il suo programma innovatore e
propulsivo. Si approfondiscono le vicende delle Cooperative appaltatrici, il
licenziamento di Luigi Calvani e Aldo Bianciardi, i successi e gli errori della
CGIL e dei partiti di sinistra, la scissione sindacale e tanti altri episodi
nella più grande fabbrica della Toscana , tra la Piaggio di Pontedera,
l'Ilva e la Magona
di Piombino, fino all'anno 1956,
l 'anno nel quale per la prima volta, la CGIL fu sconfitta dalla CISL
nelle elezioni per il rinnovo della Commissione Interna.
Non è adesso possibile analizzare più approfonditamente il
libro. Lo leggerete, lo apprezzerete o lo abbandonerete perché non gradito, lo
conserverete...come si fa con tutti i libri. Forse qualche giovane, a cui parrà
oggi noioso e inutile, vi ritornerà negli anni futuri, magari per studio o per
ritrovarvi la memoria e la traccia della sua gente, i cambiamenti della sua
terra.
La memoria storica è indispensabile all'esistenza di qualsiasi
comunità. La memoria storica arricchisce ed allarga la nostra esperienza, ci
connette invisibilmente alle generazioni passate, ci dà sempre un più o meno
saldo fondamento per inventare il nuovo e dare così una direzione alla traccia
del nostro sentiero. Nella nostra età, dove tutto è immediatamente
contemporaneo a tutti e tutto si accavalla, ogni giorno, siamo quasi costretti
a vivere nell'immediatezza, un'immediatezza senza passato e senza futuro.
Rischiamo di vivere abbandonandoci a sensazioni epidermiche - in un quotidiano
effimero - incapaci di depositarsi e di decantarsi. Ogni giorno ci offre il suo
nuovo; ma le nostre reazioni rischiano di essere solo delle emozioni indotte da
quello strumento dell'immediatezza che sono i nuovi mezzi di comunicazione di
massa. Il passato rimane oscuro, il futuro appare incerto. Da queste semplici
considerazioni nasce il mio impegno di storico della Comunità locale, il
tentativo di rifondare, o riscoprire, radici, eventi, uomini, anche semplici e
oscuri, che in misura più o meno consistente, hanno contribuito a costruire
quello che siamo e quello che saremo.
In questi giorni, cinquant'anni fa', si determinavano
avvenimenti di eccezionale importanza, ed io li racconto per come li ho vissuti
e qualche volta per come li vivo nel presente. Certo è stato un bene che la DC abbia vinto le elezioni del
18 aprile evitando all'Italia o la guerra civile o scenari di Democrazie
Popolari tragicamente fallite. La canzone che cantavo nel '48 "olè olè olè
con De Gasperi non si mangia/olè olè olè De Gasperi vuole il Re" era vera
e falsa. Si mangiava, infatti, più che nel passato. Tuttavia la DC incarnava non solo un'anima
moderata, ma un'anima reazionaria (come s'ebbe modo di verificare nel
Referendum istituzionale Repubblica-Monarachia), che soltanto la forte presenza
della sinistra all'opposizione, e in essa della cultura che contava del Paese,
riuscì a neutralizzare tenendo saldo il partito cattolico nel rispetto della
Costituzione e della democrazia. Nel giorno di ieri si sparò sui lavoratori a
Portella della Ginestra e nei mesi seguenti si continuò ad uccidere capi lega e
sindacalisti, in tutto il Paese. La situazione sociale negli anni '50 era
certamente drammatica se perfino il Governo dovette insediare una Commissione
Parlamentare d'Inchiesta per una verifica sulle condizioni dei lavoratori in
Italia e della democrazia nei luoghi di lavoro. Tra l'altro la Commissione Parlamentare
d'Inchiesta, presieduta da Leopoldo Rubinacci, venne a Larderello proprio dopo il licenziamento di
Luigi Calvani e di Aldo Bianciardi e se ne sono potute ricostruire le mosse
grazie alla ricerca che ho compiuto nell'archivio storico della Camera,
riportando alla luce materiale inedito di eccezionale valore e suscettibile di
approfondimento. Negli anni abbracciati dalla ricerca migliaia di braccianti
senza terra, di lavoratori, capo lega, sindacalisti comunisti e socialisti
furono arrestati, processati, imprigionati e molti di loro caddero uccisi
durante scioperi e manifestazioni; centinaia di migliaia furono i licenziati
per motivi politici...
Il sindacato ebbe un ruolo fondamentale in questo processo
storico. E pur da posizioni talvolta antagoniste e subordinato alle scelte
politiche dei partiti e dei governi (le famose cinghie di trasmissione), si può
dire che non tradì mai i lavoratori. Si, esistevano concezioni
economico-politiche diverse, tattiche diverse, ideologie diverse; però il
sindacalista doveva fare i conti non solo con la teoria e con i tempi lunghi
della politica, ma giorno dopo giorno con milioni di lavoratori in carne ed
ossa coi loro bisogni reali, con le loro debolezze, con la loro dignità.
Nasceva dal contatto minuto e diffuso con le masse l'umanesimo sindacale, la
sua concretezza, la sua duttilità. Non è un caso se di fronte ai tragici
avvenimenti ungheresi Di Vittorio sia entrato in rotta di collisione con il
vertice del suo partito, il PCI.
Le parole profetiche che Achille Grandi, grande leader
cattolico, pronunciò al momento della ricostituzione della CGIL dopo la
dittatura fascista, ritornano d'attualità dopo 50 anni di divisioni:
"L'unità sindacale è stato il sogno di tutta la mia vita". Alla
soglia del nuovo millennio l'unità sindacale non sembra più un sogno, ma un
obiettivo vicino e credibile.
Per me, per molti della mia generazione, la fabbrica era amica
e scuola di vita. Oggi questo termine pare vecchio e desueto. La fabbrica
espelle i lavoratori, non si fanno assunzioni; la fabbrica e il territorio non
vivono più in simbiosi, spesso si contrappongono come nemici; all'interno della
fabbrica una eccessiva gerarchizzazione e parcellizzazione delle mansioni
aliena i lavoratori rendendoli estranei ai processi produttivi. E, anche in
campo nazionale, l'espansione del terziario, il lavoro a domicilio, il
part-time, la formazione professionale, per non parlare dei cosiddetti lavori
socialmente utili, hanno contribuito alla perdita di ruolo della fabbrica vera
e propria. Insieme alla fabbrica sembra, per molti, anacronistico parlare
ancora di classe operaia.
Gli uomini del mio libro, dopo il grandioso impegno per la
ricostruzione dei danni di guerra, lottavano per la nazionalizzazione della
Larderello e dell'energia; lottavano per aumentare la produzione elettrica e
chimica; per sottrarre il potere alle holding finanziarie e ai grandi monopoli;
per un unico contratto di lavoro; per l'eliminazione dello sfruttamento
praticato a mezzo delle cosiddette "economie"; per mettere i
rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di Amministrazione; per garantire
sviluppo e occupazione alla intera zona...si pensava anche, che tutti i
proletari del mondo dovessero unirsi per costruire una società socialista e che
la "proprietà, quella che nasce e genera sfruttamento, fosse un
furto"! Oggi tutto è rovesciato, gli orizzonti sembrano angusti e nessun
forte ideale ci sospinge.
In questo senso il mio libro è un saggio di nostalgia, e non
solo per la mia gioventù così lontana. La storia offre tuttavia corsi e
ricorsi, procede per cicli, non sempre lineari, e nessuno può teorizzare con
quali mezzi politici verrà posto fine allo sfruttamento che il 10% della
popolazione del pianeta attua nei confronti del restante 90% e come verrà
programmato l'uso delle risorse, alcune in rapido esaurimento. Il vecchio Marx
resterà alfine sorpreso di sentirsi citare positivamente perfino dal Papa in
una sua imminente enciclica...
Anche per questi motivi, muovendo dalle vicende descritte in
Fabbrica Amica, si potrà prendere spunto per un confronto serio sui temi al
centro del dibattito storico-politico riguardanti il primo dopoguerra e il
1948; o sulle prospettive di Larderello e della geotermia a partire dalle
recenti dichiarazioni dei vertici dell'ENEL, per molti aspetti inquietanti,
almeno sui riflessi occupazionali; oppure sui cambiamenti etici nel rapporto dei
giovani di oggi con il lavoro e tanto più con il lavoro in fabbrica.
Si potranno rivisitare le ideologie fondamentali di questo
secolo feroce e breve e discutere se la civiltà occidentale sia all'alba o al
tramonto...o cosa rappresentò lo "sciopero per Stalin", oppure "la Messa per l'Ungheria"
mentre Francia e Inghilterra aggredivano l'Egitto. Sui carri armati russi
c'erano le falci e i martelli, sulle bombe che distruggevano città e villaggi
sul canale di Suez, i simboli della "democrazia occidentale". Ci vorrà l'avvento di un grande papa come
Giovanni XXIII a portare il vento dell'eucumenismo in una chiesa pesantemente compromessa con i
peggiori sistemi di potere del mondo, compresi il fascismo e il nazismo.
Richiamando tali concetti e valori il libro aiuterà a
riflettere a pensare. Abbiamo davanti a noi la fatica delle pianure, pianure di
cui non vediamo la fine, e la fatica è altrettanto immane, se non maggiore, di
quando abbiamo scalato le montagne.
C'erano tra noi uomini grandi e forti, in ogni schieramento
politico, in ogni organizzazione sindacale e padronale: due, in particolare
emergono dalla ricerca, Luigi Calvani e Aldo Fascetti. Del primo, che mi fu
compagno, amico e maestro, abbiamo due volumetti autobiografici che ci aiutano
ad inquadrarne la forte personalità politica ed umana e la sua figura di leader
è abbastanza nota, specialmente nell'Alta Val di Cecina e nel pisano ed io ne
parlo ampiamente. Su Aldo Fascetti è calato invece, precocemente, come precoce
fu la sua morte, il silenzio. Ci restano un libro di scritti e discorsi di
quand'era presidente dell'IRI, e gli interventi parlamentari sepolti nei
verbali della Camera o qualche editoriale sul periodico “Rassegna Larderello”;
nulla più. Sono perciò soddisfatto di averne ricostruito per la prima volta il
profilo politico ed umano. Di averne riscoperto la geniale tempra di manager,
di propulsore della geotermia. Naturalmente non fu esente da errori e difetti.
Per taluni aspetti la sua personalità apparteneva al futuro per altri, ad esempio
una visione fondamentalista cattolica della società, le sue radici erano nel
passato, nella scuola di Toniolo, nei gruppi della FUCI dell'università di
Pisa, nelle frequentazioni con i vecchi amici che appartati esercitavano la
professione forense sotto il fascismo. Per queste due ricostruzioni ringrazio
di cuore Nada-Tani Calvani, moglie di Luigi e Maria Novella Fascetti, nipote di
Aldo.
Ma i ringraziamenti, pur ampi, (5 pagine alla fine del libro),
non rendono giustizia alle centinaia di persone che hanno collaborato con me in
questi anni di ricerche, né a coloro che
mi hanno sostenuto economicamente acquistandone una copia, né agli sponsor che
mi hanno incoraggiato con un contributo economico, primi fra tutti la Comunità Montana ,
la Provincia
di Pisa, il Comune di Castelnuovo V.C., che da anni sostiene l'insieme della
mia ricerca, il Comune di Pomarance, l'UNIPOL, l'ARCI, L'AVIS, l'ICET, la CGIL , il PDS, l'Università
della 3^ età di Pomarance e la
COOP. E' proprio grazie a tali contributi che il libro
mantiene un prezzo di copertina economico, nonostante le oltre 400 pagine, le
32 illustrazioni e tavole e l'accuratezza grafica della Tipografia di Sandro
Gherardini di Peccioli che insieme all'editore Migliorini di Volterra ha curato
il libro in ogni minimo dettaglio.
Ancora una volta grazie a tutti i presenti che prego di
intervenire nel dibattito che seguirà, prima di consumare un piccolo
rinfresco e, per finire, scusatemi degli
errori e delle dimenticanze eventuali che potranno essere corretti e attenuate
in futuro.
Pomarance, 2 maggio 1998,
Teatro de Larderel.
Nessun commento:
Posta un commento