sabato 17 gennaio 2015



FABBRICA AMICA. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944 – 1956), G.P.Migliorini Ed., Volterra, 1998, Pref.ne di Graziano Pacini, br. pp.370,32 ill.ni.

 Pomarance 2 MAGGIO 1998,
presentazione dell’autore Carlo Groppi.


      Oggi è per me una giornata di gioia e di commozione. La gioia è vedere  nelle vostre mani il frutto di lunghi anni di ricerca e di impegno, la commozione è legata ai tanti amici e compagni che non sono più tra noi a discutere, ancora una volta, anche da posizioni contrapposte, dei problemi del lavoro, della democrazia, del futuro della geotermia e del nostro territorio.

      Non posso, ovviamente, richiamarli tutti, ma solo qualcuno che ha rappresentato per me, un ideale da raggiungere, un esempio di coerenza e rettitudine, un saggio consigliere, un amico che sapeva guardare oltre gli steccati e le ideologie, un avversario tenace e coerente...Cesare Salvagnini, Pietro Mori, Mauro Tanzini, Massimiliano Ciompi, Bruno Giobbi, Cherubino Pineschi, Luigi Calvani, Ferdinando Battini, Carlo Chiavistrelli, Sergio Beneventi, Sauro Marconi, Mario Pierattini, Baldi Valdo, Terzilio Cipriani, Luigi Rossi, Benso Cheli, Aldo Borgianni, Lando Cellai, Aldo Batistini, Sirio Manghetti; ma non rendo giustizia alla moltitudine che mi affolla la mente...

      Fabbrica amica è un libro di memorie che si sviluppano su tre piani: nazionale (e internazionale), locale, e personale. Non sempre c'è fluidità nell'intreccio, ma credo che la tensione emotiva e la ricerca della verità vi sian sempre presenti.

      Si tratta della prima organica ricostruzione di un periodo storico molto importante per la vita della fabbrica di Larderello e per tutta la cosiddetta regione boracifera. E' un libro di storia, ma è anche un omaggio a chi gettò le basi per lo sviluppo della democrazia e del sindacato, a chi avviò il processo di nazionalizzazione dell'industria elettrica e della Larderello, a chi, e sono centinaia e centinaia di lavoratori, subì discriminazioni ed angherie per difendere la libertà di pensiero, parola, organizzazione. Nel libro si ripercorrono le vicende di un gruppo di uomini che fondarono il giornale I SOFFIONI, organo che fu per anni il punto di riferimento, non solo per i socialcomunisti e per gli iscritti alla CGIL,  ma per decine di impiegati e tecnici, a sostegno del movimento di lotta per lo sviluppo della fabbrica e della geotermia, e per l'applicazione del contratto di lavoro degli elettrici, il migliore tra quelli allora vigenti a tutte le maestranze. Si ripercorrono i giorni delle sconfitte, la divisione in tre contratti, l'avvento alla presidenza della Larderello di Aldo Fascetti e il suo programma innovatore e propulsivo. Si approfondiscono le vicende delle Cooperative appaltatrici, il licenziamento di Luigi Calvani e Aldo Bianciardi, i successi e gli errori della CGIL e dei partiti di sinistra, la scissione sindacale e tanti altri episodi nella più grande fabbrica della Toscana , tra la Piaggio di Pontedera, l'Ilva e la Magona di Piombino, fino all'anno 1956, l'anno nel quale per la prima volta, la CGIL fu sconfitta dalla CISL nelle elezioni per il rinnovo della Commissione Interna.

      Non è adesso possibile analizzare più approfonditamente il libro. Lo leggerete, lo apprezzerete o lo abbandonerete perché non gradito, lo conserverete...come si fa con tutti i libri. Forse qualche giovane, a cui parrà oggi noioso e inutile, vi ritornerà negli anni futuri, magari per studio o per ritrovarvi la memoria e la traccia della sua gente, i cambiamenti della sua terra.

      La memoria storica è indispensabile all'esistenza di qualsiasi comunità. La memoria storica arricchisce ed allarga la nostra esperienza, ci connette invisibilmente alle generazioni passate, ci dà sempre un più o meno saldo fondamento per inventare il nuovo e dare così una direzione alla traccia del nostro sentiero. Nella nostra età, dove tutto è immediatamente contemporaneo a tutti e tutto si accavalla, ogni giorno, siamo quasi costretti a vivere nell'immediatezza, un'immediatezza senza passato e senza futuro. Rischiamo di vivere abbandonandoci a sensazioni epidermiche - in un quotidiano effimero - incapaci di depositarsi e di decantarsi. Ogni giorno ci offre il suo nuovo; ma le nostre reazioni rischiano di essere solo delle emozioni indotte da quello strumento dell'immediatezza che sono i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Il passato rimane oscuro, il futuro appare incerto. Da queste semplici considerazioni nasce il mio impegno di storico della Comunità locale, il tentativo di rifondare, o riscoprire, radici, eventi, uomini, anche semplici e oscuri, che in misura più o meno consistente, hanno contribuito a costruire quello che siamo e quello che saremo.

      In questi giorni, cinquant'anni fa', si determinavano avvenimenti di eccezionale importanza, ed io li racconto per come li ho vissuti e qualche volta per come li vivo nel presente. Certo è stato un bene che la DC abbia vinto le elezioni del 18 aprile evitando all'Italia o la guerra civile o scenari di Democrazie Popolari tragicamente fallite. La canzone che cantavo nel '48 "olè olè olè con De Gasperi non si mangia/olè olè olè De Gasperi vuole il Re" era vera e falsa. Si mangiava, infatti, più che nel passato. Tuttavia la DC incarnava non solo un'anima moderata, ma un'anima reazionaria (come s'ebbe modo di verificare nel Referendum istituzionale Repubblica-Monarachia), che soltanto la forte presenza della sinistra all'opposizione, e in essa della cultura che contava del Paese, riuscì a neutralizzare tenendo saldo il partito cattolico nel rispetto della Costituzione e della democrazia. Nel giorno di ieri si sparò sui lavoratori a Portella della Ginestra e nei mesi seguenti si continuò ad uccidere capi lega e sindacalisti, in tutto il Paese. La situazione sociale negli anni '50 era certamente drammatica se perfino il Governo dovette insediare una Commissione Parlamentare d'Inchiesta per una verifica sulle condizioni dei lavoratori in Italia e della democrazia nei luoghi di lavoro. Tra l'altro la Commissione Parlamentare d'Inchiesta, presieduta da Leopoldo Rubinacci, venne  a Larderello proprio dopo il licenziamento di Luigi Calvani e di Aldo Bianciardi e se ne sono potute ricostruire le mosse grazie alla ricerca che ho compiuto nell'archivio storico della Camera, riportando alla luce materiale inedito di eccezionale valore e suscettibile di approfondimento. Negli anni abbracciati dalla ricerca migliaia di braccianti senza terra, di lavoratori, capo lega, sindacalisti comunisti e socialisti furono arrestati, processati, imprigionati e molti di loro caddero uccisi durante scioperi e manifestazioni; centinaia di migliaia furono i licenziati per motivi politici...

      Il sindacato ebbe un ruolo fondamentale in questo processo storico. E pur da posizioni talvolta antagoniste e subordinato alle scelte politiche dei partiti e dei governi (le famose cinghie di trasmissione), si può dire che non tradì mai i lavoratori. Si, esistevano concezioni economico-politiche diverse, tattiche diverse, ideologie diverse; però il sindacalista doveva fare i conti non solo con la teoria e con i tempi lunghi della politica, ma giorno dopo giorno con milioni di lavoratori in carne ed ossa coi loro bisogni reali, con le loro debolezze, con la loro dignità. Nasceva dal contatto minuto e diffuso con le masse l'umanesimo sindacale, la sua concretezza, la sua duttilità. Non è un caso se di fronte ai tragici avvenimenti ungheresi Di Vittorio sia entrato in rotta di collisione con il vertice del suo partito, il PCI.

      Le parole profetiche che Achille Grandi, grande leader cattolico, pronunciò al momento della ricostituzione della CGIL dopo la dittatura fascista, ritornano d'attualità dopo 50 anni di divisioni: "L'unità sindacale è stato il sogno di tutta la mia vita". Alla soglia del nuovo millennio l'unità sindacale non sembra più un sogno, ma un obiettivo vicino e credibile.

      Per me, per molti della mia generazione, la fabbrica era amica e scuola di vita. Oggi questo termine pare vecchio e desueto. La fabbrica espelle i lavoratori, non si fanno assunzioni; la fabbrica e il territorio non vivono più in simbiosi, spesso si contrappongono come nemici; all'interno della fabbrica una eccessiva gerarchizzazione e parcellizzazione delle mansioni aliena i lavoratori rendendoli estranei ai processi produttivi. E, anche in campo nazionale, l'espansione del terziario, il lavoro a domicilio, il part-time, la formazione professionale, per non parlare dei cosiddetti lavori socialmente utili, hanno contribuito alla perdita di ruolo della fabbrica vera e propria. Insieme alla fabbrica sembra, per molti, anacronistico parlare ancora di classe operaia.

      Gli uomini del mio libro, dopo il grandioso impegno per la ricostruzione dei danni di guerra, lottavano per la nazionalizzazione della Larderello e dell'energia; lottavano per aumentare la produzione elettrica e chimica; per sottrarre il potere alle holding finanziarie e ai grandi monopoli; per un unico contratto di lavoro; per l'eliminazione dello sfruttamento praticato a mezzo delle cosiddette "economie"; per mettere i rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di Amministrazione; per garantire sviluppo e occupazione alla intera zona...si pensava anche, che tutti i proletari del mondo dovessero unirsi per costruire una società socialista e che la "proprietà, quella che nasce e genera sfruttamento, fosse un furto"! Oggi tutto è rovesciato, gli orizzonti sembrano angusti e nessun forte ideale ci sospinge.

      In questo senso il mio libro è un saggio di nostalgia, e non solo per la mia gioventù così lontana. La storia offre tuttavia corsi e ricorsi, procede per cicli, non sempre lineari, e nessuno può teorizzare con quali mezzi politici verrà posto fine allo sfruttamento che il 10% della popolazione del pianeta attua nei confronti del restante 90% e come verrà programmato l'uso delle risorse, alcune in rapido esaurimento. Il vecchio Marx resterà alfine sorpreso di sentirsi citare positivamente perfino dal Papa in una sua imminente enciclica...

      Anche per questi motivi, muovendo dalle vicende descritte in Fabbrica Amica, si potrà prendere spunto per un confronto serio sui temi al centro del dibattito storico-politico riguardanti il primo dopoguerra e il 1948; o sulle prospettive di Larderello e della geotermia a partire dalle recenti dichiarazioni dei vertici dell'ENEL, per molti aspetti inquietanti, almeno sui riflessi occupazionali; oppure sui cambiamenti etici nel rapporto dei giovani di oggi con il lavoro e tanto più con il lavoro in fabbrica.

      Si potranno rivisitare le ideologie fondamentali di questo secolo feroce e breve e discutere se la civiltà occidentale sia all'alba o al tramonto...o cosa rappresentò lo "sciopero per Stalin",  oppure "la Messa per l'Ungheria" mentre Francia e Inghilterra aggredivano l'Egitto. Sui carri armati russi c'erano le falci e i martelli, sulle bombe che distruggevano città e villaggi sul canale di Suez, i simboli della "democrazia occidentale".  Ci vorrà l'avvento di un grande papa come Giovanni XXIII a portare il vento dell'eucumenismo  in una chiesa pesantemente compromessa con i peggiori sistemi di potere del mondo, compresi il fascismo e il nazismo.

      Richiamando tali concetti e valori il libro aiuterà a riflettere a pensare. Abbiamo davanti a noi la fatica delle pianure, pianure di cui non vediamo la fine, e la fatica è altrettanto immane, se non maggiore, di quando abbiamo scalato le montagne.

      C'erano tra noi uomini grandi e forti, in ogni schieramento politico, in ogni organizzazione sindacale e padronale: due, in particolare emergono dalla ricerca, Luigi Calvani e Aldo Fascetti. Del primo, che mi fu compagno, amico e maestro, abbiamo due volumetti autobiografici che ci aiutano ad inquadrarne la forte personalità politica ed umana e la sua figura di leader è abbastanza nota, specialmente nell'Alta Val di Cecina e nel pisano ed io ne parlo ampiamente. Su Aldo Fascetti è calato invece, precocemente, come precoce fu la sua morte, il silenzio. Ci restano un libro di scritti e discorsi di quand'era presidente dell'IRI, e gli interventi parlamentari sepolti nei verbali della Camera o qualche editoriale sul periodico “Rassegna Larderello”; nulla più. Sono perciò soddisfatto di averne ricostruito per la prima volta il profilo politico ed umano. Di averne riscoperto la geniale tempra di manager, di propulsore della geotermia. Naturalmente non fu esente da errori e difetti. Per taluni aspetti la sua personalità apparteneva al futuro per altri, ad esempio una visione fondamentalista cattolica della società, le sue radici erano nel passato, nella scuola di Toniolo, nei gruppi della FUCI dell'università di Pisa, nelle frequentazioni con i vecchi amici che appartati esercitavano la professione forense sotto il fascismo. Per queste due ricostruzioni ringrazio di cuore Nada-Tani Calvani, moglie di Luigi e Maria Novella Fascetti, nipote di Aldo.

      Ma i ringraziamenti, pur ampi, (5 pagine alla fine del libro), non rendono giustizia alle centinaia di persone che hanno collaborato con me in questi  anni di ricerche, né a coloro che mi hanno sostenuto economicamente acquistandone una copia, né agli sponsor che mi hanno incoraggiato con un contributo economico, primi fra tutti la Comunità Montana, la Provincia di Pisa, il Comune di Castelnuovo V.C., che da anni sostiene l'insieme della mia ricerca, il Comune di Pomarance, l'UNIPOL, l'ARCI, L'AVIS, l'ICET, la CGIL, il PDS, l'Università della 3^ età di Pomarance e la COOP. E' proprio grazie a tali contributi che il libro mantiene un prezzo di copertina economico, nonostante le oltre 400 pagine, le 32 illustrazioni e tavole e l'accuratezza grafica della Tipografia di Sandro Gherardini di Peccioli che insieme all'editore Migliorini di Volterra ha curato il libro in ogni minimo dettaglio.

      Ancora una volta grazie a tutti i presenti che prego di intervenire nel dibattito che seguirà, prima di consumare un piccolo rinfresco  e, per finire, scusatemi degli errori e delle dimenticanze eventuali che potranno essere corretti e attenuate in futuro.


Pomarance, 2 maggio 1998, Teatro de Larderel.

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