CRONACHE DELLA
II^ GUERRA MONDIALE.
29 giugno
1944: Liberazione del territorio comunale di Castelnuovo di Val di Cecina,
Toscana, da parte delle truppe della V Armata degli Stati Uniti d’America.
Parte III.
In località “Piana di Sopra”, nei pressi di Castelnuovo di Val di Cecina, nel pomeriggio del 29 giugno, giorno festivo per i SS. Pietro e Paolo, incontro agli esploratori della 1^ Divisione corazzata del 349° Reggimento di fanteria americano della V^ Armata, si avvia una delegazione del CLN composta dai principali esponenti del medesimo: Aldo Cascinelli, Gino Cascinelli, Ciro Francini, Arnolfo Frasconi, Giovani Giuseppe, Igino Serenari, Groppi Algeri ed altri antifascisti.
Rassicurati i soldati che il paese era stato completamente evacuato dai tedeschi, i militari americani vi entrarono la sera del 29 giugno accampandosi presso il Canale e presso il Tommi mentre i carri armati, scendendo dalla via della Serretta, di provenienza Bruciano-Poggio Pratone si ricongiungevano al grosso delle truppe in rapida avanzata.
Dal 29 giugno ai primi giorni di luglio transitano per Castelnuovo gli uomini e i mezzi del 349° Reggimento di Fanteria comandati dal colonnello Joseph B. Crawford provenienti da Tarquinia che vanno a sostituire le truppe stremate della 1^ Divisione corazzata del Generale Harmon. Sulla rotabile polverosa è un turbinio frenetico di mezzi e di uomini: demolite con la dinamite le case che ostruivano il passaggio ai grandi camions di trasporto alla "salita di "Genesio", compresa la fonte monumentale, previo avviso alla popolazione di mettersi in sicurezza, e non uscire di casa alle ore 22, l’ora dello scoppio, passano i bulldozer e gli autocarri, i carri armati, le jeep dalle quali soldati bianchi e neri offrono caramelle e cioccolata ai ragazzi e alle donne. Gli animali fuggono ovunque spauriti, quelli razziati dai tedeschi in ritirata vengono ritrovati qua e là, abbandonati, alcuni uccisi, anche in località molto lontane dai luoghi di origine. Il trapasso dalla dittatura e dalla guerra alla democrazia ed alla pace è rapido: il 4 luglio sarà nominato il Sindaco e il 10 luglio
CRONACHE DELLA
II^ GUERRA MONDIALE.
29 giugno
1944: Liberazione del territorio comunale di Castelnuovo di Val di Cecina,
Toscana, da parte delle truppe della V Armata degli Stati Uniti d’America.
Parte IV.
Avvenuta l'avanzata delle truppe alleate nella zona i comandanti
della 23^ cercarono di stabilire subito
dei contatti. La prima presa di contatto si verificò per mezzo dell'8^ squadra
della II compagnia, che incontrò gli
avamposti americani nella zona di Montieri: queste truppe americane non erano
nemmeno informate dell'esistenza di nuclei partigiani in quei luoghi per cui i
partigiani furono perquisiti e disarmati. Armi ed oggetti personali furono
restituiti solo a situazione chiarita.
Il 29 giugno il vice comandante della 1^ compagnia sottotenente Ceccherini
Vittorio, "Enzo", insieme all'ingegnere Spartaco Muratori, un
prigioniero politico liberato dal carcere di San Gimignano e che insieme a
Salardi Ermanno, altro ex detenuto politico antifascista, fungeva da interprete
per la 23^ Brigata Garibaldi, prese contatto con l'avamposto alleato a
Gerfalco. Venne consegnata al primo
ufficiale americano una lettera in cui era illustrata la loro situazione di
partigiani e di patrioti italiani parzialmente armati ed equipaggiati dagli
stessi alleati e combattenti da diversi mesi contro i tedeschi. I partigiani
dichiararono anche di considerarsi parte
del nuovo esercito italiano e di aderire al governo Bonomi. Comunicarono di
essere ultimamente aumentati di circa un centinaio di soldati russi fuggiti
alla prigionia tedesca, di avere a fianco
nella lotta alcuni soldati inglesi e di aver catturato dei prigionieri
tedeschi. Chiesero consiglio per la lotta che stavano conducendo contro la
truppa tedesca dispersa e si dichiararono contenti di essere in contatto con
gli americani per dare una soluzione
concreta ai molti problemi di amministrazione di quel territorio.
Il giorno
successivo alla consegna di questa lettera il comandante della Brigata consegnò
all'Ufficiale americano 24 prigionieri tedeschi e gli inglesi che avevano
combattuto a fianco dei partigiani (i tedeschi uccisi in combattimento dai
partigiani assommano a 130, mentre il numero dei feriti è imprecisato). Il 1
luglio, le squadre che erano accampate presso la località della Carlina furono
condotte a Gerfalco dove chiesero al comando americano di poter cooperare con
le truppe alleate. La risposta fu che
era "...necessario attendere istruzioni dai comandi superiori". Nello
stesso tempo però gli alleati chiesero
alla Brigata delle informazioni circa la dislocazione delle forze nemiche e
le direttive principali nelle quali
avveniva in quella zona la ritirata tedesca; le informazioni furono
fornite. Il 3 luglio partirono per Roma,
ove già si era recato l'ingegnere Muratori,
il tenente Stoppa e il tenente Cassola per mettersi in contatto con il
comando superiore partigiano al fine di ottenere l'autorizzazione a continuare
a combattere a fianco degli alleati. Nell'ipotesi di non poter raggiungere
questo scopo si proponevano di ottenere almeno i mezzi di sussistenza per gli
uomini della Brigata i quali una volta smobilitati non avevano ancora la
possibilità di raggiungere le loro famiglie poste dietro le linee nemiche.
I rapporti con
gli alleati non furono però come i partigiani avevano sperato che fossero: gli
alleati, come si sa, non vedono di buon
occhio le insurrezioni. Fin dai primi proclami dopo aver assunto il comando
delle forze armate alleate in Italia, il generale Alexander detta un
susseguirsi di ordini volti al controllo militare, sociale e politico del territorio occupato temendo
una diffusa e generalizzata presa del potere da parte delle forze antifasciste
ed in primo luogo da quelle socialiste e comuniste. Nelle disposizioni generali
di polizia e di sicurezza stampate in lingua inglese ed italiana, si vieta il
possesso di apparecchi radio, si impone il divieto di fotografare, di
pubblicare senza permesso stampe e giornali, di organizzare riunioni ed
assemblee senza un apposito permesso scritto, di spostarsi da una città
all'altra, di detenere armi proprie ed improprie. La truppa che arriva in una
città italiana, dopo aver percorso combattendo migliaia di chilometri e la
trova liberata dai partigiani ha
l'impressione di essere stata in un certo modo derubata della vittoria; i
comandi non gradiscono nelle grandi città la presenza di milizie
"politiche" a sostegno di una autorità che pretende di trattare da
pari a pari con il vincitore. In genere, quindi, con l'arrivo degli alleati il
compito dei partigiani termina. Il comando alleato ordina generalmente il
disarmo delle formazioni partigiane (a Firenze, dove si era verificata una
lotta massiccia e politicamente consapevole,
i partigiani non accettarono tale imposizione), ma non fu questo il caso
della 23^ Brigata Garibaldi. A Roma i contatti presi con il comando del Governo
militare Alleato non portarono risultati confortanti e non fu raggiunto alcun
accordo. Frattanto a Gerfalco la Brigata continuava ad avere
contatti con il comandante residente a Montieri e chiedeva istruzioni a
proposito dei 19 jugoslavi che erano nella brigata e per i quali le autorità americane presero provvedimenti abbastanza rapidi facendoli partire con i prigionieri russi.
(continua)
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