giovedì 3 gennaio 2013


Il maldocchio ai maialini.

Iniziai le ricerche storiche sulla mezzadria e sulla sua scomparsa, nei primi anni ’90 del secolo scorso, dando poi alle stampe, nel 1999, il volume “Il malocchio ai maialini. Lotta politica e vita quotidiana dei mezzadri nelle Colline Metallifere Toscane (1944-1955). Precedevano il testo vero e proprio la poesia e l’introduzione che ripropongo. Non è una forma di pubblicità, in quanto questo fortunato libro, si esaurì dopo poche settimane dalla sua pubblicazione in mille copie. La sua fortuna si deve in gran parte alle “microstorie” di uomini e donne, gente umile, che mai avrebbero immaginato di contribuire alla memoria storica di una intera Comunità. Il loro tam-tam pubblicitario fu entusiasmante.

Fosini.

Or che dei cacciatori è spento il grido
e rapide scendono le brume d'autunno
un gran silenzio avvolge le vecchie mura
del castello di Fosini sulla scogliera bianca.
Non una voce, né un passo, né un lume
per miglia intorno, la tenebra azzurrina
fredda di stelle misteriose s'accende:
solo il Riponti nella valle s'ode.
Sorge la luna a oriente sui Tre Colli
e il tenue raggio fluttua tra gli abeti,
batte ai vetri del cassero,
nell'orto spoglio indugia,
di lontane veglie suscita ricordi
di volti e nomi e baci e canti
che nel gorgo del passato son spariti.
Il signor della notte apre nel vento
l'ali piumate per ghermir la sua piccola
preda; ora è lui il padrone della torre,
delle memorie antiche, dei sogni e degli
                      amori di gioventù,
quando spensierato con gli amici salivo
al rustico ballo dei contadini:
e palpitante e caldo nella timida mano
era il seno delle ragazze
che bevevano vino, dolce lo sguardo
che prometteva amore e ingenuo
il riso, sincere le parole.
Ora ha rapito con ben più forti artigli
le immagini dolcissime e innocenti
il tempo che precipita e non da scampo
ai mortali e il nulla ci spalanca
le sue porte e intorno a noi, come
a queste rovine, sarà tenebra e oblio.
Oltre il muricciolo, oltre la roccia
che domina la balza,
lancio una piastrella levigata
e scivolar leggera l'accompagno
verso il burrone, che il buio ha colmato.

 Introduzione.

       Il crollo della mezzadria avvenuto in Italia tra gli anni '50 e '60 del secolo XX° e l'annullamento di ogni nuovo patto mezzadrile con la Legge 15 settembre 1964, n. 756, hanno causato l'abbandono pressoché totale delle campagne dell'Alta Val di Cecina e delle Colline Metallifere, dato che questa forma di contratto agrario era quella più largamente diffusa, determinando una dispersione estrema dei soggetti umani e, con essa, il dissolvimento di un antichissimo patrimonio culturale, stratificatosi in lotte sociali, memorie,  parentele, usi e costumi.
      L'eccezionale ritrovamento dei verbali delle riunioni della più piccola struttura organizzativa del Partito comunista italiano (Pci). la cellula, e nel caso specifico la cellula dei mezzadri dell'area nord-ovest del paese di Castelnuovo di Val di Cecina, ci permette di rivivere, seppure molto sommariamente, il clima politico esistente nelle aree rurali, i temi discussi e le vertenze sindacali, facendoci conoscere l'attività e l'organigramma del Pci all'interno della nostra Comunità. Intorno al "quaderno" (scritto in uno stile gergale scarno e, talvolta, quasi indecifrabile), ho tentato di materializzare l'immagine di un più vasto panorama sociale ricostruendo a grandi linee lo scontro di classe nel mondo contadino (provinciale e regionale), dalla Liberazione al 1955.
      Le difficoltà incontrate nel rendere più viva e palpitante la ricerca si percepiscono nelle brevi biografie dei quattro capocellula comunisti, ormai lontani da quegli anni, con la memoria e con l'emotività, tanto che nella trama della testimonianza si avverte la perdita di coscienza  del ruolo svolto nella direzione della cellula e nel microcosmo della sezione urbana del Pci. I lettori devono accettare sulla fiducia la maggior parte delle notizie del libro e, principalmente, quelle relative alla cronologia, in quanto mi è apparso inutile sovraccaricare un volume come questo con un lungo e complesso apparato di rimandi e note specialistiche. Le fonti e la bibliografia che compaiono alla fine del tomo rappresentano l'elenco completo delle opere utilizzate e pertanto esse non vanno considerate come guida sistematica per ulteriori letture di approfondimento. L'autobiografia del dirigente comunista Steno Ferri, i ricordi e le riflessioni di vivaci personaggi: Adelmo, Tonino, Rino, Bruno e Moderino; le storie "al femminile" di Maria, Rita ed Ilva, l'intreccio tra sudore, lotta politica e poesia, nella narrazione di Eugenio, insieme alle tante altre voci che dal sottofondo si affacciano alla ribalta dell'epopea contadina di quegli anni, consentono tuttavia di gettare un piccolo fascio di luce su un mondo sempre più avvolto dall'ombra, un mondo perduto che, come cantò un poeta di origini contadine, disperato di nostalgia, non ritornerà:

"...non vedo più la rossa trebbiatrice
e quella folla mezza eretica
e mezza timorata che a Dio dice:
- Signor salvaci, troppa è la fatica! -.

Non sento più l'odore del vecciato
pan e i soavi cantici del Maggio,
quel tempo ormai lontano se n'è andato
senza ritorno, nella memoria, fu il viaggio.

      "Il maldocchio ai maialini. Lotta politica e vita quotidiana dei mezzadri nelle Colline Metallifere (1944-1955)", fa parte organicamente della ricerca storica su Castelnuovo Val di Cecina, un'opera vasta ed impegnativa che intende restituire la memoria del proprio passato ad una Comunità che rischiava di perderla definitivamente. La cronaca degli avvenimenti inizia molto prima del periodo indicato, si può dire all'alba del secolo XX° con la data di nascita di alcuni dei protagonisti, ma ho ritenuto opportuno dar maggiore risalto agli anni più rappresentativi e rappresentati ai quali si riferiscono, compenetrandosi, il diario della cellula e la cronologia. La lettura del quaderno manoscritto contenente i verbali delle riunioni di una cellula comunista negli anni 1947-1951, la cellula Pianaggello, dal nome di un podere appartenente alla fattoria del Canale di proprietà della famiglia Bresciani di Volterra, ha destato in me il forte desiderio di ridar voce  a un'epoca ed uomini che non ci sono più: il primo dopoguerra, il Partito comunista italiano, i mezzadri. La realizzazione di questo desiderio si deve, in larga misura, agli autori del libro "L'uomo e la terra. Lotte contadine nelle campagne pisane", che ha rappresentato un fondamentale punto di riferimento e di ispirazione. Il quaderno a righe di quinta con la copertina in brossura nera mi è stato fornito da Alvaro Cheli e Angelica Senesi nell'agosto 1994. L'intervista ai due ex mezzadri e le relative note biografiche risalgono a poche settimane dopo. Grazie alla loro affabile disponibilità ho potuto iniziare la ricerca, che si è snodata nel corso degli ultimi cinque anni. Ad Alvaro ed Angelica, a tutti coloro che non mi hanno negato la collaborazione fornendomi immagini, indizi e cronache (anche se, talvolta, solo in minima parte riportate nel testo); alle numerose persone intervistate, va il mio ringraziamento. In particolare desidero sottolineare l'importante contributo di: Enzo Bartoli, Ferrero Bellini, Aldo Bianciardi, Rino Cambi, Alvaro Cappellini, Marziale Cappellini, Metello Cappellini, Rita Cappellini, Adelmo Carli, Navarino Cerboneschi, Nello Cerboneschi, Antonio Cini, Renato Confortini, Steno Ferri, Primo Frosali, Ilva Gorini, Rita Guarguaglini, Nely Lisi, Ario Lolini, Wanda Masi, Mirella Pacini, Maria Pericci, Bruno Ricci, Eugenio Rossi, Erasma Salvi, Ermanno Serenari, Paola Triolo, Leonardo Viola. Con loro ringrazio l'amico Muzio Bernardini, sindaco di Castelnuovo, per aver scritto, con toni delicati e partecipati, la prefazione al volume, segno tangibile di un grande amore verso la nostra storia che onora tutta la Comunità. Le due quartine che chiudono l'introduzione appartengono alla lirica "La mezzadria", del mio coetaneo e sfortunato amico, Pier Giorgio Bianchi di Massa Marittima. La ricerca della documentazione fotografica si è rivelata assai ardua. Ho trovato, infatti, poche immagini, di incerta datazione, ed eterogenee nei soggetti. Nessun gruppo, rarissimi i ritratti, nessuna foto di manifestazioni politiche o di feste campestri locali. Per tali motivi ho ritenuto più opportuno utilizzare una serie di fotogrammi relativi ad una "trebbia" al podere "Fossoni II°" di Castelnuovo, delle quali sono l’autore, risalenti alla fine degli anni '50, che documentano le fasi del faticoso lavoro. La pubblicazione è stata possibile grazie al generoso contributo economico dell' Ente Cassa di Risparmio di Firenze ed al sostegno degli altri soggetti patrocinanti: Amministrazione comunale di Castelnuovo Val di Cecina, Comunità Montana dell'Alta Val di Cecina; Associazione culturale "Il Chiassino". Spero di non deludere la loro fiducia.
      Infine, un fugace accenno ai miei rapporti con i mezzadri: nell'autunno 1945 avevo lasciato il podere Carbonciolo e tutta la famiglia materna  per vivere in paese con quella paterna. I genitori si erano separati e una riconciliazione appariva impossibile. Eppure, quei brevi-lunghissimi anni trascorsi in campagna, in una famiglia di poveri contadini, non li ho più dimenticati ed anzi, man mano che le stagioni della vita si accumulano essi ritornano più vividi nella mia memoria. Una folla di personaggi, di animali, di stornelli, di proverbi, di fumo e di cenere, di fossi e di sorgenti, di lontane mutevoli visioni marine, di funghi e di neve, di ginepri e ginestre e di donne vecchie prima del tempo, imbacuccate ed alacri e di bambini con le scarpe sformate, mi si para continuamente innanzi. E con loro la mestizia dei magri raccolti, la gioia del rubare agnelli e formaggio al fattore, i vaghi ed incomprensibili accenni a "dare la terra a chi la lavora": perché la terra e tutto il monte, il bosco e i prati della pastura mi parevano soltanto nostri!   Questo lavoro è dunque dedicato ai mezzadri che ho conosciuto nella primissima infanzia, anche se il tema politico va oltre l'intimo e il particolare, ed insieme a loro a tutti gli uomini e alle donne che hanno lottato per un mondo nuovo, prima di arrendersi e fuggire dalla terra amara e amata, quel mondo irripetibile tradito da una speranza troppo immensa e ardita.


Carlo Groppi, 1999.

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