Il maldocchio ai maialini.
Iniziai le ricerche storiche
sulla mezzadria e sulla sua scomparsa, nei primi anni ’90 del secolo scorso,
dando poi alle stampe, nel 1999, il volume “Il malocchio ai maialini. Lotta
politica e vita quotidiana dei mezzadri nelle Colline Metallifere Toscane
(1944-1955). Precedevano il testo vero e proprio la poesia e l’introduzione che
ripropongo. Non è una forma di pubblicità, in quanto questo fortunato libro, si
esaurì dopo poche settimane dalla sua pubblicazione in mille copie. La sua
fortuna si deve in gran parte alle “microstorie” di uomini e donne, gente
umile, che mai avrebbero immaginato di contribuire alla memoria storica di una
intera Comunità. Il loro tam-tam pubblicitario fu entusiasmante.
Fosini.
Or che dei cacciatori è spento il grido
e rapide scendono le brume d'autunno
un gran silenzio avvolge le vecchie mura
del castello di Fosini sulla scogliera bianca.
Non una voce, né un passo, né un lume
per miglia intorno, la tenebra azzurrina
fredda di stelle misteriose s'accende:
solo il Riponti nella valle s'ode.
Sorge la luna a oriente sui Tre Colli
e il tenue raggio fluttua tra gli abeti,
batte ai vetri del cassero,
nell'orto spoglio indugia,
di lontane veglie suscita ricordi
di volti e nomi e baci e canti
che nel gorgo del passato son spariti.
Il signor della notte apre nel vento
l'ali piumate per ghermir la sua piccola
preda; ora è lui il padrone della torre,
delle memorie antiche, dei sogni e degli
amori di gioventù,
quando spensierato con gli amici salivo
al rustico ballo dei contadini:
e palpitante e caldo nella timida mano
era il seno delle ragazze
che bevevano vino, dolce lo sguardo
che prometteva amore e ingenuo
il riso, sincere le parole.
Ora ha rapito con ben più forti artigli
le immagini dolcissime e innocenti
il tempo che precipita e non da scampo
ai mortali e il nulla ci spalanca
le sue porte e intorno a noi, come
a queste rovine, sarà tenebra e oblio.
Oltre il muricciolo, oltre la roccia
che domina la balza,
lancio una piastrella levigata
e scivolar leggera l'accompagno
verso il burrone, che il buio ha colmato.
Introduzione.
Il crollo della mezzadria avvenuto in Italia tra gli anni '50 e
'60 del secolo XX° e l'annullamento di ogni nuovo patto mezzadrile con la Legge 15 settembre 1964, n.
756, hanno causato l'abbandono pressoché totale delle campagne dell'Alta Val di
Cecina e delle Colline Metallifere, dato che questa forma di contratto agrario
era quella più largamente diffusa, determinando una dispersione estrema dei
soggetti umani e, con essa, il dissolvimento di un antichissimo patrimonio
culturale, stratificatosi in lotte sociali, memorie, parentele, usi e costumi.
L'eccezionale ritrovamento dei verbali delle riunioni della più
piccola struttura organizzativa del Partito comunista italiano (Pci). la
cellula, e nel caso specifico la cellula dei mezzadri dell'area nord-ovest del
paese di Castelnuovo di Val di Cecina, ci permette di rivivere, seppure molto
sommariamente, il clima politico esistente nelle aree rurali, i temi discussi e
le vertenze sindacali, facendoci conoscere l'attività e l'organigramma del Pci
all'interno della nostra Comunità. Intorno al "quaderno" (scritto in
uno stile gergale scarno e, talvolta, quasi indecifrabile), ho tentato di
materializzare l'immagine di un più vasto panorama sociale ricostruendo a
grandi linee lo scontro di classe nel mondo contadino (provinciale e regionale),
dalla Liberazione al 1955.
Le difficoltà incontrate nel rendere più viva e palpitante la
ricerca si percepiscono nelle brevi biografie dei quattro capocellula
comunisti, ormai lontani da quegli anni, con la memoria e con l'emotività,
tanto che nella trama della testimonianza si avverte la perdita di
coscienza del ruolo svolto nella
direzione della cellula e nel microcosmo della sezione urbana del Pci. I
lettori devono accettare sulla fiducia la maggior parte delle notizie del libro
e, principalmente, quelle relative alla cronologia, in quanto mi è apparso
inutile sovraccaricare un volume come questo con un lungo e complesso apparato
di rimandi e note specialistiche. Le fonti e la bibliografia che compaiono alla
fine del tomo rappresentano l'elenco completo delle opere utilizzate e pertanto
esse non vanno considerate come guida sistematica per ulteriori letture di
approfondimento. L'autobiografia del dirigente comunista Steno Ferri, i ricordi
e le riflessioni di vivaci personaggi: Adelmo, Tonino, Rino, Bruno e Moderino;
le storie "al femminile" di Maria, Rita ed Ilva, l'intreccio tra
sudore, lotta politica e poesia, nella narrazione di Eugenio, insieme alle
tante altre voci che dal sottofondo si affacciano alla ribalta dell'epopea
contadina di quegli anni, consentono tuttavia di gettare un piccolo fascio di
luce su un mondo sempre più avvolto dall'ombra, un mondo perduto che, come cantò
un poeta di origini contadine, disperato di nostalgia, non ritornerà:
"...non vedo più la rossa trebbiatrice
e quella folla mezza eretica
e mezza timorata che a Dio dice:
- Signor salvaci, troppa è la fatica! -.
Non sento più l'odore del vecciato
pan e i soavi cantici del Maggio,
quel tempo ormai lontano se n'è andato
senza ritorno, nella memoria, fu il viaggio.
"Il maldocchio ai maialini. Lotta politica e vita
quotidiana dei mezzadri nelle Colline Metallifere (1944-1955)", fa parte
organicamente della ricerca storica su Castelnuovo Val di Cecina, un'opera
vasta ed impegnativa che intende restituire la memoria del proprio passato ad
una Comunità che rischiava di perderla definitivamente. La cronaca degli
avvenimenti inizia molto prima del periodo indicato, si può dire all'alba del
secolo XX° con la data di nascita di alcuni dei protagonisti, ma ho ritenuto
opportuno dar maggiore risalto agli anni più rappresentativi e rappresentati ai
quali si riferiscono, compenetrandosi, il diario della cellula e la cronologia.
La lettura del quaderno manoscritto contenente i verbali delle riunioni di una
cellula comunista negli anni 1947-1951, la cellula Pianaggello, dal nome di un
podere appartenente alla fattoria del Canale di proprietà della famiglia
Bresciani di Volterra, ha destato in me il forte desiderio di ridar voce a un'epoca ed uomini che non ci sono più: il
primo dopoguerra, il Partito comunista italiano, i mezzadri. La realizzazione
di questo desiderio si deve, in larga misura, agli autori del libro
"L'uomo e la terra. Lotte contadine nelle campagne pisane", che ha
rappresentato un fondamentale punto di riferimento e di ispirazione. Il
quaderno a righe di quinta con la copertina in brossura nera mi è stato fornito
da Alvaro Cheli e Angelica Senesi nell'agosto 1994. L'intervista ai due
ex mezzadri e le relative note biografiche risalgono a poche settimane dopo.
Grazie alla loro affabile disponibilità ho potuto iniziare la ricerca, che si è
snodata nel corso degli ultimi cinque anni. Ad Alvaro ed Angelica, a tutti
coloro che non mi hanno negato la collaborazione fornendomi immagini, indizi e
cronache (anche se, talvolta, solo in minima parte riportate nel testo); alle
numerose persone intervistate, va il mio ringraziamento. In particolare
desidero sottolineare l'importante contributo di: Enzo Bartoli, Ferrero
Bellini, Aldo Bianciardi, Rino Cambi, Alvaro Cappellini, Marziale Cappellini,
Metello Cappellini, Rita Cappellini, Adelmo Carli, Navarino Cerboneschi, Nello
Cerboneschi, Antonio Cini, Renato Confortini, Steno Ferri, Primo Frosali, Ilva
Gorini, Rita Guarguaglini, Nely Lisi, Ario Lolini, Wanda Masi, Mirella Pacini,
Maria Pericci, Bruno Ricci, Eugenio Rossi, Erasma Salvi, Ermanno Serenari,
Paola Triolo, Leonardo Viola. Con loro ringrazio l'amico Muzio Bernardini, sindaco
di Castelnuovo, per aver scritto, con toni delicati e partecipati, la
prefazione al volume, segno tangibile di un grande amore verso la nostra storia
che onora tutta la
Comunità. Le due quartine che chiudono l'introduzione
appartengono alla lirica "La mezzadria", del mio coetaneo e
sfortunato amico, Pier Giorgio Bianchi di Massa Marittima. La ricerca della
documentazione fotografica si è rivelata assai ardua. Ho trovato, infatti,
poche immagini, di incerta datazione, ed eterogenee nei soggetti. Nessun
gruppo, rarissimi i ritratti, nessuna foto di manifestazioni politiche o di
feste campestri locali. Per tali motivi ho ritenuto più opportuno utilizzare
una serie di fotogrammi relativi ad una "trebbia" al podere
"Fossoni II°" di Castelnuovo, delle quali sono l’autore, risalenti
alla fine degli anni '50, che documentano le fasi del faticoso lavoro. La
pubblicazione è stata possibile grazie al generoso contributo economico dell'
Ente Cassa di Risparmio di Firenze ed al sostegno degli altri soggetti patrocinanti:
Amministrazione comunale di Castelnuovo Val di Cecina, Comunità Montana
dell'Alta Val di Cecina; Associazione culturale "Il Chiassino". Spero
di non deludere la loro fiducia.
Infine, un fugace accenno ai miei rapporti con i mezzadri:
nell'autunno 1945 avevo lasciato il podere Carbonciolo e tutta la famiglia
materna per vivere in paese con quella
paterna. I genitori si erano separati e una riconciliazione appariva
impossibile. Eppure, quei brevi-lunghissimi anni trascorsi in campagna, in una
famiglia di poveri contadini, non li ho più dimenticati ed anzi, man mano che
le stagioni della vita si accumulano essi ritornano più vividi nella mia
memoria. Una folla di personaggi, di animali, di stornelli, di proverbi, di
fumo e di cenere, di fossi e di sorgenti, di lontane mutevoli visioni marine,
di funghi e di neve, di ginepri e ginestre e di donne vecchie prima del tempo,
imbacuccate ed alacri e di bambini con le scarpe sformate, mi si para
continuamente innanzi. E con loro la mestizia dei magri raccolti, la gioia del
rubare agnelli e formaggio al fattore, i vaghi ed incomprensibili accenni a
"dare la terra a chi la lavora": perché la terra e tutto il monte, il
bosco e i prati della pastura mi parevano soltanto nostri! Questo lavoro è dunque dedicato ai mezzadri
che ho conosciuto nella primissima infanzia, anche se il tema politico va oltre
l'intimo e il particolare, ed insieme a loro a tutti gli uomini e alle donne
che hanno lottato per un mondo nuovo, prima di arrendersi e fuggire dalla terra
amara e amata, quel mondo irripetibile tradito da una speranza troppo immensa e
ardita.
Carlo Groppi, 1999.