Son passati 30 anni esatti da quella data. Molte cose sono cambiate, non tutte in meglio. Nelle parole c'è un po' di retorica e molto sentimentalismo, utopia, fede...Eppure, lo dovessi fare oggi, sul pentagramma scriverei le stesse note, con piccole variazioni. Lo ripropongo alla meditazione degli amici e compagni nostri rottamatori.
30 aprile 1982: assassinati a Palermo Pio La Torre e Rosario Di Salvo[1]
Compagne,
compagni, cittadini, è con grande dolore che vi parlo per commemorare Pio La
Torre e Rosario Di Salvo, assassinati
ieri a Palermo. Un ennesimo delitto di mafia e di terrorismo. Poche
parole, le mie, nello stile di modestia che ha caratterizzato la vita di
militanza e di lotta del nostro compagno La Torre. E’ oggi una giornata
particolare per i lavoratori, giornata di festa e di lotta, che richiama ogni
anno il movimento operaio, unitariamente, intorno alle Organizzazioni di classe
per fare il punto sui successi, per analizzare i problemi, per formulare
propositi e impegni. Una giornata che è costata immensi sacrifici e sangue
proletario da quel lontano 1° Maggio 1866 nel quale, durante una dimostrazione
operaia a Chicago (Usa), otto lavoratori furono arrestati e poi, benché
innocenti, impiccati. Da allora, su indicazione della II Internazionale, si
iniziò in tutto il mondo la celebrazione della Giornata del Primo Maggio e da
allora iniziò la spietata reazione delle classi dirigenti di ogni paese
capitalista per sopprimerla.
Un filo rosso
lega la storia del 1° Maggio e in questa storia, in Italia e nel mondo, i
sindacati di classe hanno assolto a un compito di primaria importanza a difesa
del lavoro, dei deboli, degli oppressi. E’ proprio 35 anni fa, per stroncare
sul nascere l’idea di una Italia democratica, che sul pianoro situato nei
pressi di Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, migliaia di uomini,
donne e bambini che si recavano alla commemorazione della Festa del Lavoro,
furono fatti segno ad un barbaro attacco da parte dei banditi della “Banda
Giuliano”, assoldati dagli agrari siciliani. Violente raffiche di
mitragliatrice si abbatterono sulla folla: rimasero sulla Piana insanguinata i
corpi senza vita di 12 compagni, un centinaio furono i feriti con donne e
bambini.
E oggi, in
Sicilia, ancora due nostri compagni assassinati, per la stessa lotta, per la
stessa causa: il rinnovamento dell’Italia, il riscatto sociale del Sud, la pace
e la democrazia.
Il compagno
Pio La Torre era uno dei più importanti dirigenti del Partito comunista italiano.
Figlio di poveri braccianti entrò giovanissimo nel Pci. Appassionato ai
problemi del Mezzogiorno diresse la lotta dei contadini siciliani per
l’esproprio del grande latifondo feudale e baronale, come dirigente della Cgil.
Negli anni di Scelba fu arrestato e incarcerato per diciotto mesi. Ricoprì
incarichi di responsabilità sempre più alti in Sicilia ed in Italia: per tre
volte deputato al Parlamento, nella Direzione e nella Segreteria del Pci, era
ritornato recentemente nella sua terra che amava per contribuire, come
Segretario della Federazione Regionale comunista, oltre che parlamentare, alla
sua rinascita, ad impedire che i missili di Comiso diventassero una minaccia
per la pace in Europa e nel mondo. Il compagno La Torre era un avversario
irriducibile di una delle più antiche e mortali piaghe dell’Italia: la “mafia”.
Ma cos’é la mafia? A chi serve? Perché non si riesce a debellarla?
La mafia è una
vasta organizzazione clandestina, di matrice criminosa, sorta nella Sicilia tra
il 1820 ed il 1848 per complesse circostanze storiche e ambientali (e in primo
luogo per difendere, indipendentemente dalla giustizia ufficiale, gli interessi
del padronato borghese e aristocratico dall’ostilità delle masse popolari e
rurali), e mantenutasi, sotto varie forme, fino ai giorni nostri. Si suddivide
in piccoli gruppi (cosche o famiglie) delimitate territorialmente e composti da
10 o 12 gregari (picciotti), legati fra loro da stretti vincoli di segretezza e
di omertà, che operano alle dipendenze di due o tre persone di condizione
sociale più elevata (padrini). La sua attività consiste nel procurarsi illeciti
guadagni mediante ricatti e soprusi d’ogni genere, e, in particolare,
nell’imporre il pagamento di contributi forzosi alle Aziende agricole,
Commerciali e Imprenditoriali, nel proteggere e sfruttare la prostituzione, nel
commerciare la droga, nell’organizzare sequestri di persona allo scopo di
estorsione, nel condizionare, mediante la coercizione o l’intimidazione, sia
l’attività delle autorità pubbliche e dell’apparato statale, sia la libertà
degli elettori come testimoniano i fatti degli ultimi 40 anni e l’intreccio,
sempre più stretto, tra mafia e potere politico in Sicilia. Dalla Sicilia la
mafia si è diffusa in altre parti
d’Italia e negli Usa ed oggi forma una vasta trama collegata con la malavita
internazionale, e con ramificazioni potenti in delicati ed importanti settori
della classe dirigente e padronale. Ebbene, è lottando contro questa tremenda
organizzazione che il compagno La Torre è stato assassinato; egli ha pagato con
la vita la coerenza e l’impegno, ma i lavoratori tutti sono e restano al suo
fianco, in prima linea e sapranno raccogliere il suo esempio e la sua bandiera.
Altri morti in
questi “anni di piombo” sono calati sulla coscienza collettiva del nostro
Paese: dalla strage di Piazza Fontana a Milano, all’assassinio di Aldo Moro,
Vittorio Bachelet e di tanti altri magistrati, agenti dell’ordine, uomini
politici, amministratori, fino a quest’ultimo orrendo crimine. Crimini compiuti
lucidamente per ricacciare indietro le conquiste democratiche dei lavoratori,
per far crollare le Istituzioni repubblicane, per allontanare ogni possibile
ipotesi di una svolta profonda nella vita politica italiana.
E non c’è
stato momento cruciale della nostra storia recente che non sia contrassegnato
dai crimini del terrorismo. Esso si definisce “rosso” e “comunista”,
“proletario”, “autonomo”, ma in realtà è reazionario, serve agli interessi del capitale,
sparge sangue per sconfiggere i lavoratori, per gettare confusione tra la
gente, per compiere un progetto autoritario e di follia.
Io voglio
ricordarli, quest’altri morti, vittime di uno scontro durissimo, insieme a Pio
La Torre e Rosario Di Salvo, perché uguale è stato il prezzo pagato, uguale la
fede nella democrazia, l’impegno pluralista per far progredire il nostro Paese.
Ma i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali sono stati e restano un
baluardo incrollabile contro il terrorismo e senza retorica viene spontaneo
chiederci cosa sarebbe l’Italia, oggi, dopo questi 13 anni tremendi, senza
l’unità, la lotta, la fermezza dei lavoratori. Cosa ne sarebbe stato della
nostra democrazia? Delle nostre conquiste sociali?
Ma il
discorso, che tende ad allargarsi, e che volutamente non tocca i nodi politici
del presente, pur così importanti, deve restare e rientrare nell’alveo dal
quale era iniziato. Altri momenti ci saranno per affrontare questi temi, e
quelli del lavoro, della pace, delle giovani generazioni che si aprono la
strada in un’epoca inquieta, fatta di perdita dei valori ideali, di
offuscamento delle coscienze, ma che al tempo stesso vede prorompere sulla
scena mondiale, in sempre maggior misura, le forze del rinnovamento sociale,
del progresso e del socialismo.
Noi
lavoratori, dalle grandi metropoli ai piccoli villaggi, dalle fabbriche a tutte
le “pieghe della società”, saremo in questa lotta e ci saremo con la nostra
storia, i compagni assassinati, i resistenti, gli oscuri uomini che ogni giorno
si sacrificano per un ideale di solidarietà e di fraternità, per la fine dello
sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per la pace e la democrazia.
Pio La Torre e
Rosario Di Salvo non sono più con noi. C’è un grande vuoto tra i lavoratori e
nel nostro cuore. Ma la vita continua e così la lotta e l’impegno del movimento
di classe, ed io voglio terminare ricordando i versi che un grande poeta
tedesco scrisse per un combattente antinazista assassinato:
…chi non si era arreso
è stato ucciso.
Chi è stato ucciso
non si era arreso.
La bocca che ammoniva
l’hanno empita di terra.
Comincia l’avventura di sangue:
sulla fossa di colui che amò la
pace
battono il passo i battaglioni.
Era inutile, allora, la lotta?
Quando a venire ucciso è chi non
da solo lottava
il nemico non ha ancora vinto.
La mafia, la camorra, il
terrorismo, la guerra, l’oppressione: compagno La Torre, non hanno ancora
vinto!
[1] 1°
Maggio 1982. Grandi manifestazioni popolari organizzate dalla Federazione
Cgil/Cisl/Uil ricordano in tutte le piazze d’Italia i compagni uccisi dalla
mafia. Carlo Groppi parla in Piazza XX settembre a Castelnuovo di Valdicecina