venerdì 14 maggio 2021
Tempi di “pandemia”.
Ma cos’è la “pandemia?” Forse più che una malattia virale universale, potrebbe
essere quel luogo, “Pandemonion” , dove i demoni han preso possesso? E se così
fosse, anche le “vaccinazioni” sarebbero totalmente inutili, perché il “male”
non sarebbe soltanto quello “fisico”, ma quello dell’anima. Ormai da più di un
anno vivo proteggendomi dal contatto col
virus, seguendo alla lettera le indicazioni dei politici e dei medici. All’inizio, oltre alla paura, c’era anche il senso di una sfida e di liberazione dall’insulso
modello sociale ed economico ed anche anaffettivo che, specialmente alla mia
età, stava prendendo campo, ma, successivamente, questo atteggiamento elitario
si è trasformato nella solitudine sociale, divoratrice del tempo residuale
della mia vita. Ho dovuto anche interrompere il mio colloquio con i defunti,
che da due o tre anni stavo frequentando in oltre cinquanta camposanti sparsi
sulle Colline Metallifere, quando me ne mancavano ormai pochi: Volterra,
Monteverdi, Canneto, Frassine, Montecatini di Val di Cecina e forse qualche
altro, di piccoli borghi. Ho scritto una decina di poesie sui morti e sui
cimiteri, anche antiche, per i miei antenati, i partigiani, alcuni amici ed
amiche, e, naturalmente, sto’ pensando anche alla mia morte, ormai non troppo
lontana. Vorrei andare nel vento, evitando il peso del terreno. Quel “peso” che,
leggendo Jaroslav Seifert, sarebbe insopportabile!
Così come l’albero ripete la sua corona
nella corona delle proprie radici
sotto, dentro il terreno,
che a lungo ancora vivono
quando l’albero tagliato è già caduto,
forse anche agli uomini dopo la morte
resta un frammento di vita
sotto, dentro la terra
sopra la quale si stavano e aprivano le braccia.
Di quella notte nulla più sappiamo
se non forse questo,
che i colori che di lì salgono
ai petali dei fiori
sono tutti neri
e l’acqua, sotto, tiene gli occhi chiusi.
Non si vuole credere
che potrebbero i morti sorgere ancora
e passeggiare sotto il peso del terreno.
Ma se fosse!
Quando me ne andrò, datemi un bastone,
null’altro.
E magari bianco.
Lì c’è buio dappertutto,
quale conoscono soltanto i ciechi,
e tenterò
per l’erba almeno di mandar notizia
sull’aspetto della morte,
questo attimo
che attendiamo tutta la vita.
Una volta posai l’orecchio a terra
e udii un pianto.
Ma forse l’acqua soltanto piangeva,
presa nella gola del pozzo,
non desiderando di salire all’uomo.
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