domenica 23 maggio 2021


 

Le “case in affitto”.

La mia famiglia Groppi non ha mai posseduto una “casa”. Né Primo, né Natale, né Dario, né Renzo, né Carlo…sempre case in affitto, salvo questa dove abito dal 1965, proprietà di mia moglie. Questi Groppi provenivano, quasi con certezza, dal Monte Groppo nell’Appennino parmense, ingaggiati all’inizio dell’’800, per il loro basso salario, da Francesco De Larderel per avviare lo sfruttamento dei Lagoni di Montecerboli, e così, per quattro o cinque generazioni, questo ramo dei Groppi, ha lavorato a Larderello! Io ho cambiato molte case in affitto a Castelnuovo e tali cambiamenti mi sono stati utili per ricostruire i passaggi della mia vita, perché queste case ci sono ancora, e con poche o nulle modifiche esterne, salvo una, quella di Raspino in Via Gramsci, una casa di legno e poi totalmente rifatta in muratura. Sono nato nel Vicolo del Serrappuccio,  non so bene quando, ma all’età di due o tre anni, andai ad abitare sopra la Chiesa di Borgo,  in Via Cavour; seguii mia madre e la mia sorellina al podere Carbonciolo, dopo la separazione dei  genitori; e nella primavera del 1946, dal Carbonciolo tornai ad abitare col babbo e i nonni in Via Cavour, restandoci circa cinque anni; nel 1951, dopo la morte del nonno, lasciammo  questa casa troppo grande per noi, andando ad abitare in Via Repubblica 87, nella casa più alta del paese, proprio al 5° piano, due sole stanze senza servizi igienici. E’ quella delle due finestrelle accanto al tubo bianco del doccione, a destra. Anni felici. Perché nell’appartamento  sullo stesso piano abitava la famiglia del fratello del mio babbo, Gino Groppi, con moglie (Iris), due figlie gemelle (Jolanda ed Eleonora), ed i genitori della moglie (Liduina Menichelli e Garibaldo Bisogni). Garibaldo, un socialista, era stato l’ultimo sindaco di Castelnuovo, prima dell’avvento del fascismo, aveva la sua bottega di calzolaio al piano terra dello stesso casamento. Con la morte di Liduina e Garibaldo vennero ad abitare in quella casa anche il fratello di Iris, Bimas, e i suoi due figli, Mauro (mio coetaneo) e Gabriella, dopo la separazione con la moglie. Sullo stesso piano, lato destro, abitava un’altra famiglia, quella di Luigi Settembrini, operaio della Larderello, con a moglie Filomena (una valente pittrice) e i figli Loredana e Sergio, quest’ultimo neonato. Diciamo pure che andavamo tutti d’accordo, soprattutto nella gestione dell’unico “gabinetto”, uno stanzino di passaggio per saltare la chiostra ed andare nell’orto! E qui non entro nei particolari igienici…In più eravamo tutti social-comunisti e l’Avanti e l’Unità entravano nelle nostre case, insieme ai primi apparecchi radio e alla fisarmonica del mio babbo. Ma, adesso diamo uno sguardo anche ai piani sottostanti, che facevano un unicum, date le uniche strette e buie scale collettive. Al piano di sotto c’era un grande e bell’appartamento di proprietà della famiglia Benucci, di Paolino, fratello di mia nonna Enélide, ormai molto ammalato, con la moglie Dantina, la figlia Feria, il marito operaio della Larderello SpA, e la nipotina Diana. Scendendo si trovava l’appartamento di Pietro con moglie e tre figli grandi: Torquato, Adele e Maria, la più giovane e bella. Al primo piano abitavano Menotti Bisogni, fratello di Garibaldo, calzolaio, aveva avuto una vita avventurosa, e la figlia Elvira che era nata a Parma, ma la madre era morta, mentre a Castelnuovo aveva un figlio, che però non viveva con loro. Elvira era, per quei tempi nei quali si cresceva presto, una “ragazza invecchiata”, in attesa dell’amore. La sua passione erano gli albi a fumetti: Bolero, Sogno, Grand Hotel…che conservava accuratamente, i quali costituivano la mia miniera sentimentale! Infine sul piano strada c’erano le due botteghe di calzolaio: in una, per breve tempo, Garibaldo con Bimas, nell’altra Menotti. Ormai le stanzette sono chiuse da decenni.

Credo che sia sufficiente questo breve riassunto per far comprendere la vitalità umana che riempiva questa altissima casa! Poi Gino e famiglia si trasferirono nel centro di Via Repubblica, di fronte al loro negozio di elettricità, gas, carburo e soda caustica, vasellame, ecc…, noi  tra il 1952-1953, ci trasferimmo nella casa di legno di Raspino, Elvira si sposò, i vecchi morirono…Infine partiranno le ragazze, i giovanotti, e tutti i vecchi andarono al camposanto. E per decenni  questo luogo, un tempo così pieno di vita, rimarrà semivuoto, salvo un vecchio marocchino poi anche con moglie, al primo piano, nella casa di Menotti.

Nessun commento:

Posta un commento