Le “case in affitto”.
La mia famiglia Groppi non ha mai posseduto una “casa”. Né Primo,
né Natale, né Dario, né Renzo, né Carlo…sempre case in affitto, salvo questa
dove abito dal 1965, proprietà di mia moglie. Questi Groppi provenivano, quasi
con certezza, dal Monte Groppo nell’Appennino parmense, ingaggiati all’inizio dell’’800,
per il loro basso salario, da Francesco De Larderel per avviare lo sfruttamento
dei Lagoni di Montecerboli, e così, per quattro o cinque generazioni, questo
ramo dei Groppi, ha lavorato a Larderello! Io ho cambiato molte case in affitto
a Castelnuovo e tali cambiamenti mi sono stati utili per ricostruire i passaggi
della mia vita, perché queste case ci sono ancora, e con poche o nulle
modifiche esterne, salvo una, quella di Raspino in Via Gramsci, una casa di
legno e poi totalmente rifatta in muratura. Sono nato nel Vicolo del
Serrappuccio, non so bene quando, ma all’età
di due o tre anni, andai ad abitare sopra la Chiesa di Borgo, in Via Cavour; seguii mia madre e la mia
sorellina al podere Carbonciolo, dopo la separazione dei genitori; e nella primavera del 1946, dal
Carbonciolo tornai ad abitare col babbo e i nonni in Via Cavour, restandoci
circa cinque anni; nel 1951, dopo la morte del nonno, lasciammo questa casa troppo grande per noi, andando ad
abitare in Via Repubblica 87, nella casa più alta del paese, proprio al 5°
piano, due sole stanze senza servizi igienici. E’ quella delle due finestrelle
accanto al tubo bianco del doccione, a destra. Anni felici. Perché nell’appartamento sullo stesso piano abitava la famiglia del
fratello del mio babbo, Gino Groppi, con moglie (Iris), due figlie gemelle
(Jolanda ed Eleonora), ed i genitori della moglie (Liduina Menichelli e
Garibaldo Bisogni). Garibaldo, un socialista, era stato l’ultimo sindaco di
Castelnuovo, prima dell’avvento del fascismo, aveva la sua bottega di calzolaio
al piano terra dello stesso casamento. Con la morte di Liduina e Garibaldo
vennero ad abitare in quella casa anche il fratello di Iris, Bimas, e i suoi due
figli, Mauro (mio coetaneo) e Gabriella, dopo la separazione con la moglie.
Sullo stesso piano, lato destro, abitava un’altra famiglia, quella di Luigi
Settembrini, operaio della Larderello, con a moglie Filomena (una valente pittrice)
e i figli Loredana e Sergio, quest’ultimo neonato. Diciamo pure che andavamo
tutti d’accordo, soprattutto nella gestione dell’unico “gabinetto”, uno
stanzino di passaggio per saltare la chiostra ed andare nell’orto! E qui non
entro nei particolari igienici…In più eravamo tutti social-comunisti e l’Avanti
e l’Unità entravano nelle nostre case, insieme ai primi apparecchi radio e alla
fisarmonica del mio babbo. Ma, adesso diamo uno sguardo anche ai piani
sottostanti, che facevano un unicum, date le uniche strette e buie scale
collettive. Al piano di sotto c’era un grande e bell’appartamento di proprietà
della famiglia Benucci, di Paolino, fratello di mia nonna Enélide, ormai molto
ammalato, con la moglie Dantina, la figlia Feria, il marito operaio della
Larderello SpA, e la nipotina Diana. Scendendo si trovava l’appartamento di
Pietro con moglie e tre figli grandi: Torquato, Adele e Maria, la più giovane e
bella. Al primo piano abitavano Menotti Bisogni, fratello di Garibaldo,
calzolaio, aveva avuto una vita avventurosa, e la figlia Elvira che era nata a
Parma, ma la madre era morta, mentre a Castelnuovo aveva un figlio, che però
non viveva con loro. Elvira era, per quei tempi nei quali si cresceva presto,
una “ragazza invecchiata”, in attesa dell’amore. La sua passione erano gli albi
a fumetti: Bolero, Sogno, Grand Hotel…che conservava accuratamente, i quali
costituivano la mia miniera sentimentale! Infine sul piano strada c’erano le
due botteghe di calzolaio: in una, per breve tempo, Garibaldo con Bimas, nell’altra
Menotti. Ormai le stanzette sono chiuse da decenni.
Credo che sia sufficiente questo breve riassunto per far
comprendere la vitalità umana che riempiva questa altissima casa! Poi Gino e
famiglia si trasferirono nel centro di Via Repubblica, di fronte al loro
negozio di elettricità, gas, carburo e soda caustica, vasellame, ecc…, noi tra il 1952-1953, ci trasferimmo nella casa di
legno di Raspino, Elvira si sposò, i vecchi morirono…Infine partiranno le
ragazze, i giovanotti, e tutti i vecchi andarono al camposanto. E per
decenni questo luogo, un tempo così
pieno di vita, rimarrà semivuoto, salvo un vecchio marocchino poi anche con
moglie, al primo piano, nella casa di Menotti.
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