Il 2° Presidente, Eduard Benes.
Svoboda, Bocek, Liska e il pres. Benes.
Il 3° presidente Klement Gottwald (23/11/1896 - 14/3/1953)
Stalin, (21/12/1879 - 5/3/1953)
XI raduno nazionale a Praga (1948) della gioventù dei Sokol.
PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 63.
Cecoslovacchia: la questione è anche nostra[1]
Da Praga giungono drammatiche le
notizie sul “processo” e sulla dura condanna dei sei onesti e coraggiosi
intellettuali, membri del movimento “Charta 77” che lotta per l’avvio di un
nuovo corso di democrazia socialista in Cecoslovacchia. Le notizie, il battage
televisivo e giornalistico, durano breve tempo: la crisi politica italiana, le
preoccupazioni che sarà un inverno duro per i lavoratori e gli strati sociali
più poveri, nuove forme di violenza individuale e collettiva, ben presto
riprendono il sopravvento e lo schok emotivo delle condanne di Praga viene
riassorbito.
Da undici anni, in fondo, viviamo il
periodo di “normalizzazione”; ci siamo abituati così al sopruso e
all’ingiustizia e quando non ci colpiscono personalmente non sappiamo nemmeno
riconoscerli. Eppure non siamo di fronte ad un fatto di cronaca qualsiasi, ad
una violenza in una parte anonima del mondo. Là dove il capitalismo e
l’imperialismo seminano sfruttamento, alienazione, fame e morte. Siamo di
fronte ad un dramma nostro, che riguarda il futuro del movimento operaio, i
fondamenti dell’ideale socialista e la loro applicazione. L’esperienza della
Cecoslovacchia nel 1968, la sua invasione e occupazione da parte delle truppe
dei cinque paesi del Patto di Varsavia è infatti un avvenimento che resta fondamentale nella storia del movimento
operaio e della evoluzione democratica dei paesi socialisti e, come tale ha già
offerto occasione di dibattiti, studi, convegni, polemiche.
Anche noi vorremmo dare, dalle modeste
pagine di questo “giornalino” ciclostilato in poche centinaia di copie dentro
una fabbrica, un nostro contributo e lo avviamo pubblicando queste prime,
semplici riflessioni che toccano anche problemi minuti, di cui abbiamo
informazioni attendibili ed anche una diretta conoscenza. I cechi sono un
popolo fiero. Soggetti ad essere dominati da grandi potenze hanno maturato la
loro filosofia nella “non violenza”, come il loro eroe, “il buon soldato Svejk”,
e lo spirito mordace per mettere in ridicolo i propri oppressori, i burocrati,
i capi, proprio attenendosi scrupolosamente al rispetto delle leggi e dei
regolamenti. Hanno imparato a nuotare ed a sopravvivere nel regime, a tenerlo
in scacco. Non a caso la produttività del lavoro è bassissima, la
partecipazione alle iniziative del partito comunista scarsa mentre si ostentano
mode ed atteggiamenti dell’occidente e si traffica illegalmente di tutto.
Dilaga anche, nelle generazioni più anziane, il pessimismo e ciò si osserva in
quell’aria che impregna tutto il paese, un’aria di decadenza e di mestizia.
La “primavera di Praga” è finita, ma
verranno e fioriranno altre primavere e noi dobbiamo non attenderle
passivamente, ma favorirne il corso richiedendo in primo luogo ai nostri
partiti e sindacati, impegni più continui e pressanti, sia di conoscenza che di
analisi politica, assumendo posizioni nazionali ed internazioni più nette e
trasparenti.
Ci scriveva un amico, nel 1968,
parlando degli anni dello stalinismo: “…del tempo del culto personale potrei
scriverti molto, mi limito all’essenziale. In quel tempo lì c’era lo slogan chi
non va insieme a noi va contro di noi, oggi si dice invece: chi non va contro
di noi viene con noi. Nella vita pratica succedeva che un gran numero di uomini
qualificati erano rimpiazzati da altri meno abili, che però si davano più da
fare per l’Idolo, ma questo finiva spesso in un infarto…credimi che quel tempo
ha portato a molti uomini delusioni e sofferenze ed ha distrutto in loro molti
valori morali e materiali…ma non voglio soltanto vedere il male. Ti ho già
detto nella mia ultima lettera che questo sistema è senz’altro migliore di
quello capitalistico. Mi ricordo bene il tempo di prima della guerra e posso
confrontare tutto ciò che viene fatto per il progresso, lo sviluppo e la
contentezza di tutto il nostro popolo”.
Se queste frammentarie impressioni non
sono solo lo sfogo di un singolo, e noi sappiamo che non lo sono e che tali
avvenimenti sono iscritti ormai nella memoria e nella coscienza del popolo
cecoslovacco, viene da chiedersi come in ciò non si ravvisi l’enorme potenziale
di ottimismo, di positività, di liberazione dell’uomo che offre il socialismo.
Per questo diciamo che la questione è soprattutto nostra, dei lavoratori, dei
costruttori di una società nuova da inventare con la lotta e la fantasia e che
sia basata sul pluralismo ideale, sul
consenso, sulla piena libertà individuale e collettiva degli uomini e delle
donne.
E’ ancora presto per dirlo, ne dovremo
parlare tra noi, compagni, anche negli organismi dirigenti la Fnle-Cgil, ma
senz’altro si impongono alcune iniziative che facciano più chiarezza sulle
realtà che oggi si vivono nei paesi dell’Est e che affrontino in modo serio, lo
stato delle minoranze e del dissenso, la questione dei rapporti con l’Urss e le
difficoltà economiche che interessano i lavoratori. E dobbiamo essere noi, in
primo luogo, a promuovere questo dibattito, senza falsi pudori, né veli e
coperture che non servono più alla coscienza di un movimento che lotta per la
liberazione dell’umanità dai peggiori mali morali e materiali imposti dalla
ferrea legge dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Chi vuole farsi portatore
di valori più nobili ed alti, chi vuole trasformare il mondo, deve anche
partire da se stesso, deve interrogare la propria coscienza. Siamo veramente
maturi e pronti a farlo? Io credo di si! E’ anche questa una occasione per
dimostrarlo.
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