PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 26
42. Geotermia, piano energetico e nuovo modello di
sviluppo. Problemi dell’Enel-Larderello[1]
I
problemi dell’energia hanno assunto negli ultimi anni un ruolo preminente, non
solo nella strategia sindacale, ma anche nelle discussioni tra i cittadini.
Rifornimenti di petrolio, di uranio, tariffe, ubicazione degli impianti,
inquinamento, geotermia: sono vocaboli venuti d’uso comune, con significati
politici precisi, sui quali la gente non solo discute in termini tecnici, ma
collega alla strategia di un nuovo modello di sviluppo dando vita a sempre più
estesi movimenti di lotta.
E’ infatti chiaramente intuibile il
rapporto che c’è tra ripresa economica e sviluppo del paese, con la necessità
di disporre di quantità sempre crescenti di energia, in particolare di energia
elettrica. Produrre energia elettrica costa. Dobbiamo oggi importare quasi
completamente i combustibili (petrolio, uranio) con notevole incidenza passiva
sulla bilancia dei pagamenti.
L’Italia è povera di altre fonti
(carbone, acqua) anche se non tutto è stato fatto per reperirle e sfruttarle
razionalmente. Anche i gas naturali e le risorse geotermiche, difficilmente,
nella pratica, potranno divenire in futuro fonti energetiche alternative a
quelle tradizionali, specialmente a quella nucleare. Tuttavia ciò non
giustifica una politica produttiva suicida verso le fonti nazionali.
In questi anni recenti la crisi
energetica e anche grandi avvenimenti politici, come l’avanzata comunista del
15 giugno 1975 nelle elezioni amministrative nazionali, hanno portato
chiarimenti sulle scelte di fondo compiute dall’Enel (con l’avallo del Governo)
e sul perché si sia privilegiato fuor di misura il consumo di petrolio. Sono
pagine nere della nostra storia moderna che testimoniano l’incapacità della
classe borghese non solo ad affrontare le grandi questioni nazionali, ma a
gestire lo Stato, le gradi Aziende, le politiche economiche. Quando ci
domandiamo perché, ad esempio, l’energia geotermica è stata e continua ad
essere emarginata, irrisa, sottovalutata, dobbiamo cercare la risposta, nella
mancanza di volontà politica e nell’asservimento ad interessi stranieri.
Certo, questo non è tutto. C’è una
serie di responsabilità che interessano livelli decisionali più bassi, dove
regna il caos organizzativo e dove spesso le cariche direttive sono coperte da
incompetenti che le utilizzano soltanto per fini di potere (e stipendio) personali. Talvolta sembra quasi che si
persegua sadicamente l’obiettivo dello sfacelo nazionale!
I mali della geotermia appartengono a queste due categorie.
In più ci sono anche altre responsabilità, di noi tutti, perché non crediamo
pienamente in un futuro geotermico. Non ci crediamo fino in fondo.
Sviluppata con successo la lotta per le assunzioni all’Enel-Larderello,
le forze sociali e politiche si sono arenate sulle secche di una notevole
elaborazione di documenti, convegni, conferenze, riunioni, non andando al di là
di una critica verbale che invece andava tradotta in un ampio e incisivo
momento di lotta e di aperta denuncia politica.
Innanzitutto c’è un problema di struttura organizzativa. E’
noto che ad occuparsi della geotermia sono tre strutture diverse, di vario
livello e che, mancando un serio coordinamento, danno origine a sprechi e
conflitti di competenza. Inoltre le strutture sono talvolta sottodimensionate perché,
come sappiamo, nell’ambito compartimentale dell’Enel la linea vincente è stata quella del gruppo di potere
proveniente dall’ ex Valdarno e dalle Società Elettriche Finanziarie (come la “Centrale”),
poi da uomini sostenuti dai partiti politici favorevoli all’uso indiscriminato
del petrolio. Per la verità non si è fatto molto per rafforzare le posizioni dei
dirigenti di Larderello. E’ vero: c’erano tra loro grosse carogne, ma non si
dovevano confondere posizioni personali con il problema di fondo, politico.
L’alleanza tra movimento sindacale e politico, quadri tecnici e direttivi della
ex Larderello avrebbe, in ultima analisi,
favorito il raggiungimento di una posizione di maggior peso nell’ambito
organizzativo dell’Enel, con indubbi vantaggi per lo sviluppo della geotermia.
Non possiamo perdere altro tempo. Occorre una struttura
adeguata a livello nazionale, con funzioni di coordinamento, tra settori
inseriti e non nel Compartimento, in modo da ottenere la più grande autonomia
funzionale nella maggior sintesi unitaria. C’é poi il problema degli sprechi.
Sotto il profilo dell’utilizzazione del personale e sotto quello della
produttività degli impianti. Il personale non è troppo: è male impiegato e male
distribuito. Ci sono chiaramente decine di posti di lavoro inutili, che
andrebbero aboliti, e reparti operativi dove il personale scarseggia, come nel
campo del servizio all’utenza. Ci sono i lavori in appalto che aumentano, anche
se molti di essi sarebbe più vantaggioso farli in proprio, e lavori che
attualmente facciamo in proprio e che andrebbero appaltati. Ci sono carenze
nella preparazione del personale. Ci sono estesi fenomeni di assenteismo e si
nota una mancanza di rigore, di moralità, nel modo con il quale si vive la
giornata di lavoro. Il tempo effettivamente lavorativo è diminuito con il
silenzio di tutti.
Apparentemente, oltre i guasti derivanti da una
deresponsabilizzazione a tutti i livelli, si potrebbero ricercare le cause nel
malessere che la dissoluzione del modello di società borghese fa filtrare dappertutto, anche tra la classe operaia.
Per quanto riguarda gli impianti, la situazione è ancora più
grave. Grandi centrali non hanno prodotto più del 50% della loro capacità. Il
trasporto di vapore da lunghe distanze caUsa notevoli perdite di energia. Studi
seri e applicazioni pratiche non vengono condotte per lo sfruttamento di fluidi
contenenti cloruri, gas o acqua. L’aggiornamento tecnologico è pressoché
inesistente, tutti i reparti risentono di una evidente dequalificazione ai
vertici. Non si acquistano nuove turbine e si va avanti solo a promesse. Il
danno economico caUsato da una gestione di questo tipo è stato enorme e la
collettività ne paga le conseguenze. Se
nel nostro Paese esistesse un minimo di moralità i responsabili ne avrebbero da
tempo dovuto rendere conto. Dunque è l’ora che tutti ci facciamo carico di
questa situazione.
Le Organizzazioni sindacali in primo luogo dovrebbero
scendere in campo richiedendo impegni di programmi e di investimenti ben
precisi, controllabili e credibili. Su questa linea impostare la lotta dei
lavoratori elettrici e delle popolazioni, altrimenti c’è il rischio che anche
la “vertenza comprensoriale” recentemente aperta, rimanga pura accademia.
C’è bisogno di chiarezza. Ad esempio: cosa fa l’Enel nella
nuova area geotermica[2] di
Travale-Radicondoli? Una centrale? Come? Quando? Cosa fa del Sesta 1 (dopo
sette od otto anni dall’esplosione “studia” il fluido!)? Cosa nella zona di
Lago? e in quella di San Martino? del Molinetto? Perché non si cominciano a
demolire le “cattedrali” (se, come si dice, non potranno più produrre a pieno
carico), utilizzando i gruppi dove ce n’é più bisogno? Perché non si fanno
sondaggi veramente profondi? Quando si accenderà la prima lampadina con il
fluido...dell’Alfina? Sono questi solo pochi interrogativi ai quali comunque
andrebbe data una risposta precisa. Inoltre, su un piano più generale, resta
insoluto il problema di uno sfruttamento diversificato e razionale del vapore,
nei settori chimico e agricolo. Si dice che Enel ed Eni siano acerrimi nemici.
Non a caso si stanno muovendo guerra per i Permessi di ricerca. Ma non è
assurdo che due Enti di Stato, anziché collaborare stiano a litigare in un
momento di crisi come questo?
Ed anche verso gli Enti Locali: basta con le promesse
generiche e gli accordi sulle questioni marginali. Se l’Enel vuol veramente
cedere il vapore che non utilizza nelle centrali, ebbene lo faccia subito! Si
potrebbe passare alla realizzazione di serre per fiori ed ortaggi, impiegare
nuova manodopera, anche femminile, diversificare il tessuto produttivo e dare
un contributo in uno dei settori (agricoltura) più importanti della Zona e del
Paese, realizzando una vasto e razionale piano.
Ma anche gli Enti Locali è bene che escano dal vago. Devono
formulare precise e motivate richieste, in collaborazione con le strutture pubbliche
della Ricerca presenti in Toscana, in modo non solo da avere maggiore
credibilità, ma di mettere in piedi, nella vertenza, insieme alle Organizzazioni
sindacali, un vasto schieramento di lotta.
Dall’allargamento produttivo della geotermia (non considero
in questa sede le possibilità di Eni, Salina, Smith...), potranno derivare
nuovi posti di lavoro per i giovani. A questi posti di lavoro si dovrà accedere
mediante concorsi pubblici e democratici, evitando gli sprechi sociali e dando
a ciascuno la possibilità di realizzarsi attraverso l’utilizzazione piena delle
capacità intellettuali e professionali. Certamente, i problemi degli sbocchi
occupazionali legati alla professionalità e al livello di studio, non si
risolveranno completamente. E’ venuta comunque l’ora di dire chiaramente che
non può essere solo l’Enel il traguardo finale. Occorrerà uno sforzo per
diversificare, per trasformare l’Istituto tecnico industriale di Pomarance, per
riformare tutta la scuola secondaria in modo da renderla all’altezza delle
necessità future nell’industria, nei servizi, in agricoltura, nell’artigianato.
Spero di aprire, su questo argomento, la discussione tra
tutti gli abitanti della Valdicecina sensibili ai problemi di fondo della
nostra Zona.
[1] Intervento di gc alla
Camera del lavoro di Pomarance, ottobre 1976. A partire dal 21 aprile 1976, con il n.
0, iniziano le pubblicazioni mensili di “Informazioni Fidae-Cgil Larderello” ed
in mancanza di indicazioni tutti gli scritti di gc ssno stati pubblicati sul
“giornalino”.
[2] Area geotermica: ampio
territorio in cui sono localizzate numerose manifestazioni termali connesse con
il calore interno della terra e tali da presentare prospettive di sfruttamento
per fini diversi.