Le immagini furono scattate con una Nikkormat su pellicola e sono raccolte in un album. La loro riproduzione casalinga è pessima, ma l'insieme dell'album bellissima. Partenza in tre con Ibiza nella notte tra l'8 ed il 9 luglio 1988, ritorno nella notte del 2 agosto. Km. percorsi in auto 10.603. Il primo giorno da Castelnuovo a Lauf in una notte quieta e calda. Tappa alla locanda "I tre orsi neri", km. percorsi 918. Il giorno seguente arrivammo a Lanshan, Km. 715, con cielo azzurro e temperatura fresca. Si pensa al Nord, ancora lontano...
A Capo Nord.
Nell’agosto 1988, a bordo della mia piccola auto, ho
compiuto il terzo tour in Scandinavia, il più emozionante ed oggi ne do’ notizia
perché a distanza di quasi trenta anni, due giovani italiani si aggregarono a noi
nel tratto finale. Uno di loro si chiamava Mauro. Oggi, siamo diventati amici su FB! Il mondo s’è
fatto, per certi versi, più piccolo. Mauro ha sposato una bellissima donna di
Praga, ha due figli splendidi, e non solo perché è aviatore, gira il mondo. Ma
Praga e la Boemia sono nel suo cuore, ed anche nel mio. Sono felice di averlo
ritrovato ed anche di vedere le sue splendide fotografie, come quella del Ponte
Carlo innevato. A distanza di anni ripercorro con la memoria il lungo viaggio
nel Nord, in quelle terre dalla strana forma d’orso che tanto mi avevano
incuriosito guardandole sulla mappa appesa nell’aula delle scuole elementari.
Un viaggio intenso, indimenticabile, che non potrò ripercorre se non nel
ricordo e nella fantasia, anche sé non potrò mai cancellare l’impressione più profonda e durevole che è
rimasta in me, quella del predominio della natura, nei suoi multiformi aspetti
di acque, nevi, ghiacci, selve, rocce, cascate e cieli aperti su orizzonti
sconfinati, e luce che in estate pare eterna (e poi viene il regno delle
tenebre, per mesi, a sottolineare questo antico dualismo che è in tutte le
cose, Dio-Demonio, Morte-Vita, Ebbrezza-Malinconia…), e nemmeno quella della
fissità senza tempo di antichi giorni d’infanzia, che più corrispondente
all’anima profonda di queste terre. Lassù il segno dell’uomo altro non è che
una lieve scalfittura sul corpo immenso, ed anche dove esso appare più netto e
profondo si avverte tutta intera la fragilità, la provvisorietà. Basterebbe una
minima diminuzione della temperatura delle acque marine perché la sua presenza
fosse nuovamente respinta dalla banchisa e dalle tormente…in ogni caso, è
l’uomo che deve adattarsi all’ambiente, amarlo, propiziarselo per non
soccombere. Ed è forse in questa estrema sintesi, in questo continuo rimando
alla conoscenza di noi stessi che procurano le grandiose forme dell’ambiente
esterno, che hanno origine le malinconiche e struggenti visioni di inutilità e
transitorietà e gli eccessi più sfrenati di gioia e voglia di vivere, come ci
rivelano le magistrali opere di Munch, di Ibsen e dello scultore Vigeland al
Parco di Oslo. Si viaggia per migliaia di chilometri entro sconfinate foreste,
laghi e pianure al Sud e poi per monti modellati dalle glaciazioni che paiono
altissimi e sui quali si ergono piccole pietraie votive, tra i ghiacciai ed i
nevai eterni accerchiati dall’effimera fioritura di erbe artiche, in nebbie
veloci e improvvise che nascondono il precipitare di acque bianchissime in gole
profonde, verso fiordi sottili e intricati come scritture runiche, che portano
chiese e barche, luce, ciliegie, fragole, mele, colore e vita quando meno te lo
aspetti e già disperi di trovare un rifugio e gente ospitale. E poi la chiara
notte senza luna e senza stelle, con il carillon dei campani dei greggi erranti
su rocce aspre o stranamente rotonde dipinte dal vento e dai licheni, pecore e
renne e alci e le altre invisibili presenze fra magia e realtà che da un
immemore tempo sognavo, il tempo, anch’esso magico e fiabesco, di quando in
pace entro noi stessi si stava, senza paura dell’universo amico.
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