1979. Un convegno a Siena, una rosa ed
una radiolina accesa.
I maggiori responsabili della crisi energetica
italiana si sono riuniti il 27 e 28 giugno all’Hotel Garden di Siena in un
Convegno organizzato dall’Enel. Due giornate intense di meditazione alla
faticosa ricerca di salvare l’Italia da quello che viene paventato come il più
grande “disastro” dei tempi moderni nei paesi capitalistici avanzati: la
mancanza di energia elettrica e di petrolio. L’Enel ha voluto dimostrare, conti
alla mano, che non ci sono alternative al petrolio al di fuori delle centrali
nucleari. Si, ci sarà uno sforzo nell’utilizzo
di tutte le altre fonti energetiche nazionali (idroelettriche,
geotermiche, eoliche, rifiuti, solare, maree…), ci dovranno essere i risparmi,
le doppie tariffe, i razionamenti, ma questo, nel suo insieme, darà un apporto
molto limitato e comunque inferiore all’incremento della domanda. Quindi o
crisi o, sostanzialmente, ancora petrolio ed uranio.
Da un’ottica tecnocratica e
neocapitalistica poco c’è da ribattere alle cifre e alle considerazioni fornite
dagli esperti dei problemi energetici, tanto più se esaminati in riferimento a
una singola nazione come l’Italia, oppure alla sola Europa occidentale.
Esse partono dal presupposto
dell’immutabilità dei rapporti politici mondiali e quindi dal fatto che un
miliardo di uomini realizzi un “alto” livello di vita sfruttando i rimanenti
quattro-cinque miliardi della popolazione della Terra. Non a caso i consumi pro
capite di energia sono negli Usa 300 volte superiori a quelli dei cinesi…Ma
serve davvero a migliorare la qualità della vita umana accrescere continuamente
la produzione ed il consumo di energia? Per quello che sappiamo sembra di no.
Solo una piccola parte dei problemi, o forse nessuno, è fuori dall’essere
umano, dei sentimenti, dei rapporti sociali, familiari, di gruppo o di più
estese comunità e il cuore fondamentale delle questioni è di natura politica.
Dobbiamo cominciare a riflettere ed
a chiederci se la crisi energetica, fatta balenare sinistramente come un
flagello che colpisce i lavoratori e le masse degli sfruttati, non sia in
realtà l’unico grande mezzo che si offre ai popoli per trasformare, in senso
democratico, ugualitario, non consumistico e non antagonistico, la vita sulla
Terra costruendo quella società a misura dell’uomo che ci appare, altrimenti, sempre
più irraggiungibile.
***
In un mattino di luglio, stranamente
fresco e trasparente per questa stagione, mi sono recato a Villa Caggio, un ex
padiglione dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra, come membro della
Commissione d’esami per il “Corso professionale di avicoltura”, frequentato da
un gruppo di internati. Mi accompagnavano i sospetti ed i pregiudizi che una
persona “normale” ha di solito verso i “diversi”, in particolare verso gli
ammalati di mente, o, come si dice, i matti.
Ero teso, preoccupato, ansioso di
verificare le mie idee politiche sulla istituzione manicomiale, sulla necessità
o meno del suo smantellamento, sull’assoluta necessità di ridare dignità di
“uomini” a tante creature offese e abbandonate. E parlando con loro, ascoltando
le loro storie, visitando le camerette pulite ed intime, scherzando e ridendo
per qualche battuta arguta, visitando il cortile adibito all’allevamento dei
polli – “qui ci mettevano noi a prendere l’aria, ora ci sono le galline!” – di
fronte alla bontà dei loro sentimenti pensavo a quanto male è capace di fare
l’uomo ai propri simili. Le privazioni, l’istituzione totalizzante del
manicomio, avevano fatto enormi danni, ma non irreparabili se queste persone si
aprivano con tanta fiducia, tanto calore, a degli estranei, forse intuendo
l’ansia dentro di noi. Era per loro un giorno di festa, questo d’esami tanto
atteso, e il “diploma” che chiedevano era una piccola grande rivincita sulla
loro esclusione. Certo non tutti i loro problemi sono risolti e gli operatori sociali
che li hanno così amorevolmente seguiti dovranno ancora guidarli in un primo
timido tentativo di autosufficienza economica basata sull’allevamento dei
tacchini ed altri animali da cortile; guai a lasciarli soli! Guai a tradire
così ingenue speranze!
E quando sono partito per rientrare
nella mia vita di problemi, di lotte, di inganni e, talvolta, di solitudine,
violenze, superficialità, mi hanno regalato una rosa…una rosa per ognuno di
noi…una rosa cresciuta da loro, così vicini alla verità, senza usare né una
goccia di quel petrolio, né un watt di quella energia, per il cui dominio
“l’umanità sana” sembra pronta a scatenare la sua follia nel mondo intero.
***
Una settimana in campeggio, il sogno
di un breve riposo e anche di un arricchimento della vita sociale vivendo in
modo libero e aperti al contatto e alla conoscenza degli altri. Ma,
immancabilmente, la delusione di constatare che non bastano le strutture per
cambiare in così poco tempo i modelli di comportamento delle famiglie che
riproducono quelli chiusi che si riscontrano oggi nelle grandi metropoli e
anche nelle nostre zone, dove si sono avute trasformazioni profonde e negative
e dove i contatti umani e sociali si vanno progressivamente immiserendo di pari
passo all’aumento del benessere materiale.
Una giovane coppia con una bambina,
immancabilmente in ascolto della radio o della televisione, sempre, in pineta,
sul mare, nella veranda, mi ha riportato alla mente un brano di Konrad Lorenz,
il famoso etologo e premio Nobel per la medicina: “…il dilagante bisogno di
rumore, che sembra paradossale se si considera la nevrastenia degli uomini
d’oggi, si spiega solamente col bisogno di soffocare qualcosa. Durante una
passeggiata nel bosco mia moglie ed io fummo un giorno sorpresi dal rapido
avvicinarsi degli strilli di una radiolina che un solitario ciclista di circa
sedici anni portava con se sul portapacchi. Mia moglie osservò: “Questo ragazzo
ha paura di sentire cantare gli uccelli!” Penso che egli temesse soltanto il
pericolo di potere, per un attimo, incontrare se stesso”.
E per quale motivo persone anche di
notevoli pretese intellettuali preferirebbero le stupidissime trasmissioni
semi-pubblicitarie della televisione (specialmente emittenti private) o di
Radio Montecarlo, alla propria compagnia? Certamente perché questo li aiuta ad
evitare la riflessione.
Le forme lussuose di vita, che sono
il risultato del terribile circolo vizioso istauratosi tra aumento della
produzione e “crescita dei bisogni”, premiando il consumatore con il
miglioramento del suo tenore di vita, e così condizionandolo perché continui a
competere con il suo prossimo in una gara che alla fine diverrà fatale, sono
una tra le cause che minacciano di annientare l’umanità. L’americano medio ha
subito uno schok tremendo ascoltando il discorso di Carter sull’energia. Non
sono le penurie future, in senso materiale, ad allarmarlo perché il Presidente
ha ribadito il predominio dell’economia e della potenza militare Usa,
all’interno e nel mondo, ma il concetto timidamente introdotto che l’uomo deve
valere per quello che è, non per quello che ha. E su quali fondamenti potrà
durare allora la società capitalistica che al Moloch del denaro, del potere,
della competizione, della devastazione dello spazio vitale naturale,
dell’estinguersi dei sentimenti e della tradizione, dei mass-media, ha
costruito la propria identità politica e culturale? Quale futuro senza una
politica di austerità per cambiare la nostra vita?
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