martedì 1 aprile 2014

Roccatederighi - Auschwitz, 1943-1944 (XII).


            Gli internati e deportati verso i Campi di sterminio del Reich furono circa 7800, dei quali 6000 uccisi ad Auschwitz, come risulta dalle precise ricerche di Liliana Picciotto pubblicate nel volume “Il libro della Memoria” edito da Mursia. Soltanto poche centinaia scamparono alle camere a gas, meno di 800. E’ bene ricordare che in Italia furono allestiti 113 Campi di Concentramento, alcuni sotto la diretta supervisione nazista, gli altri gestiti dai militi italiani della RSI. 10 di questi Campi erano collocati in Toscana, tra i quali quello di Roccatderighi.

            Autunno 1943, siamo nella Maremma Toscana. Il tenente colonnello Muller è il comandante militare della provincia di Grosseto. Lo coadiuva, come capo della provincia, un tristo personaggio, che abbiamo già conosciuto, inviato a riorganizzare il Partito Fascista Repubblicano: Alceo Ercolani, già “Federale” del partito fascista di Treviso. Tra il 16 e il 17 novembre 1943, anticipando le disposizioni nazionali, Ercolani emette tre decreti che dispongono il congelamento o il sequestro dei beni di cittadini di razza ebraica. Pochi giorni dopo iniziano i lavori per l’approntamento di un “campo di internamento per gli ebrei”, nell’edificio del Seminario vescovile estivo nel villaggio di Roccatederighi, in comune di Roccastrada, provincia di Grosseto, affittato ai fascisti con regolare contratto, dal vescovo della città maremmana, monsignor Paolo Galeazzi. Prima della guerra, nella provincia gli ebrei non raggiungevano le 150 unità.  Nel 1943 si erano ridotti a circa 100 unità, delle quali la maggior parte concentrata nel paese di Pitigliano. Il 27 novembre 1943 iniziano i primi arresti di ebrei, tutti eseguiti da militi italiani.

            I primi deportati iniziarono ad arrivare nel campo il 12 dicembre 1943 e nel febbraio seguente essi erano 27. Intanto il vescovo di Grosseto, a seguito dei bombardamenti angloamericani sulla città, si trasferisce in un’ala del Seminario di Roccatederighi, venendosi a trovare quotidianamente gomito a gomito con gli internati che erano sorvegliati da militi italiani. Il vescovo dimostra simpatia, se non affetto, per gli ebrei prigionieri, ma non fa mai udire la propria voce di condanna né si attiva per  la loro liberazione o la loro fuga. Il clima, che vi regna, anche nel ricordo dei superstiti, è di una relativa calma, il trattamento è umano, ma grava pesante l’incognita del futuro. Nel campo di concentramento furono internati circa 100 persone di cui sono noti 36 Italiani e 42 stranieri. Degli Italiani 17 furono rilasciati a seguito di utilità e collaborazione.

            Avvennero due trasporti di internati, con camion, da Roccatederighi verso Fossoli, prima tappa del bestiale viaggio nei vagoni sigillati del treno via Bolzano per Auschwitz-Birkenau. Il 17 Aprile fu effettuato un  primo trasporto. Gli Italiani furono 9, gli stranieri 12. Il secondo trasporto avvenne il 7 Giugno in prossimità dell’arrivo degli Americani. Furono trasportati solo stranieri, una trentina.  
            Per l’istituzione del Campo di concentramento di Roccatederighi, che portò al massacro in Germania oltre  cinquanta  persone, di ogni età, perfino la neonata Gigliola Finzi, nata dentro il Campo, nessuno ha pagato nulla; il vescovo di Grosseto è passato per un benefattore degli Ebrei, gli stessi capi fascisti, come Ercolani, Rizziello, Ciabatti, subirono un  processo e furono condannati, ma tra i numerosi capi di imputazione, non c’era nulla che riguardasse le persecuzioni agli Ebrei. Gli imputati, dopo vari ricorsi finirono in libertà. Come ho detto, a Roccatederighi nessuno ricorda o vuol ricordare ciò che avvenne.

            Il 9 giugno 1944 il direttore del Campo e i militi che lo presidiavano si dettero alla fuga nei boschi circostanti portandosi appresso, come ostaggi, alcuni ebrei. In uno scontro coi partigiani 8 militi fascisti vennero uccisi. Cinque giorni dopo, il 14 giugno 1944, la città di Grosseto fu liberata dai soldati della V armata americana.

            Il 7 febbraio 2008, è stata inaugurata a Roccatederighi, una lapide in memoriam. Dei circa 100 prigionieri Carla e Silvano Servi, allora bambini di sette e cinque anni, erano presenti. Carla scoprì la targa e Silvano, tra i singhiozzi, tentò di rievocare i confusi ricordi di quel periodo  richiamando la sua amicizia con la piccola “Regina”, una bambina che non ha mai figurato sugli elenchi finora noti dei prigionieri, e che probabilmente  è passata per il “camino” di Auschwitz. Cattolici ed ebrei hanno pregato insieme per le vittime in un gesto carico di significato. Il gesto è stato importante,  ma la verità storica, benché nota nelle sue grandi linee, non si conosce ancora.

                                                                                                          (continua)






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