Roccatederighi - Auschwitz, 1943-1944 (XII).
Gli
internati e deportati verso i Campi di sterminio del Reich furono circa 7800,
dei quali 6000 uccisi ad Auschwitz, come risulta dalle precise ricerche di
Liliana Picciotto pubblicate nel volume “Il libro della Memoria” edito da
Mursia. Soltanto poche centinaia scamparono alle camere a gas, meno di 800. E’
bene ricordare che in Italia furono allestiti 113 Campi di Concentramento,
alcuni sotto la diretta supervisione nazista, gli altri gestiti dai militi
italiani della RSI. 10 di questi Campi erano collocati in Toscana, tra i quali
quello di Roccatderighi.
Autunno 1943, siamo nella Maremma
Toscana. Il tenente colonnello Muller è il comandante militare della provincia
di Grosseto. Lo coadiuva, come capo della provincia, un tristo personaggio, che
abbiamo già conosciuto, inviato a riorganizzare il Partito Fascista
Repubblicano: Alceo Ercolani, già “Federale” del partito fascista di Treviso.
Tra il 16 e il 17 novembre 1943, anticipando le disposizioni nazionali,
Ercolani emette tre decreti che dispongono il congelamento o il sequestro dei
beni di cittadini di razza ebraica. Pochi giorni dopo iniziano i lavori per
l’approntamento di un “campo di internamento per gli ebrei”, nell’edificio del
Seminario vescovile estivo nel villaggio di Roccatederighi, in comune di Roccastrada,
provincia di Grosseto, affittato ai fascisti con regolare contratto, dal
vescovo della città maremmana, monsignor Paolo Galeazzi. Prima della guerra,
nella provincia gli ebrei non raggiungevano le 150 unità. Nel 1943 si erano ridotti a circa 100 unità,
delle quali la maggior parte concentrata nel paese di Pitigliano. Il 27
novembre 1943 iniziano i primi arresti di ebrei, tutti eseguiti da militi
italiani.
I primi deportati iniziarono ad
arrivare nel campo il 12 dicembre 1943 e nel febbraio seguente essi erano 27.
Intanto il vescovo di Grosseto, a seguito dei bombardamenti angloamericani
sulla città, si trasferisce in un’ala del Seminario di Roccatederighi,
venendosi a trovare quotidianamente gomito a gomito con gli internati che erano
sorvegliati da militi italiani. Il vescovo dimostra simpatia, se non affetto,
per gli ebrei prigionieri, ma non fa mai udire la propria voce di condanna né
si attiva per la loro liberazione o la
loro fuga. Il clima, che vi regna, anche nel ricordo dei superstiti, è di una
relativa calma, il trattamento è umano, ma grava pesante l’incognita del
futuro. Nel campo di concentramento furono internati circa 100 persone di cui
sono noti 36 Italiani e 42 stranieri. Degli Italiani 17 furono rilasciati a
seguito di utilità e collaborazione.
Avvennero
due trasporti di internati, con camion, da Roccatederighi verso Fossoli, prima
tappa del bestiale viaggio nei vagoni sigillati del treno via Bolzano per
Auschwitz-Birkenau. Il 17 Aprile fu effettuato un primo trasporto. Gli Italiani furono 9, gli
stranieri 12. Il secondo trasporto avvenne il 7 Giugno in prossimità
dell’arrivo degli Americani. Furono trasportati solo stranieri, una
trentina.
Per
l’istituzione del Campo di concentramento di Roccatederighi, che portò al massacro
in Germania oltre cinquanta persone, di ogni età, perfino la neonata
Gigliola Finzi, nata dentro il Campo, nessuno ha pagato nulla; il vescovo di
Grosseto è passato per un benefattore degli Ebrei, gli stessi capi fascisti,
come Ercolani, Rizziello, Ciabatti, subirono un
processo e furono condannati, ma tra i numerosi capi di imputazione, non
c’era nulla che riguardasse le persecuzioni agli Ebrei. Gli imputati, dopo vari
ricorsi finirono in libertà. Come ho detto, a Roccatederighi nessuno ricorda o
vuol ricordare ciò che avvenne.
Il 9 giugno 1944 il direttore del
Campo e i militi che lo presidiavano si dettero alla fuga nei boschi
circostanti portandosi appresso, come ostaggi, alcuni ebrei. In uno scontro coi
partigiani 8 militi fascisti vennero uccisi. Cinque giorni dopo, il 14 giugno
1944, la città di Grosseto fu liberata dai soldati della V armata americana.
Il
7 febbraio 2008, è stata inaugurata a Roccatederighi, una lapide in memoriam.
Dei circa 100 prigionieri Carla e Silvano Servi, allora bambini di sette e
cinque anni, erano presenti. Carla scoprì la targa e Silvano, tra i singhiozzi,
tentò di rievocare i confusi ricordi di quel periodo richiamando la sua amicizia con la piccola
“Regina”, una bambina che non ha mai figurato sugli elenchi finora noti dei
prigionieri, e che probabilmente è
passata per il “camino” di Auschwitz. Cattolici ed ebrei hanno pregato insieme
per le vittime in un gesto carico di significato. Il gesto è stato importante, ma la verità storica, benché nota nelle sue
grandi linee, non si conosce ancora.
(continua)
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