Giornata del ricordo 2013
Io ricordo... tutto!
Ricordo che in Istria fra il 1919 ed il
1922 i fascisti assaltarono
decine di centri culturali fra
"alloglotti"
Ricordo che i fascisti incendiarono e
distrussero le sedi sindacali,
le cooperative contadine, le redazioni
dei giornali operai e le
tipografie
ricordo che furono aggrediti, picchiati
e assassinati decine di
militanti politici e cittadini
"slavi"
ricordo che dopo il golpe del 1922 le
violenze fasciste divennero
"legali" e che fu pianificata
una vera e propria pulizia etnica
portata avanti attraverso la chiusura
delle scuole slovene e
croate, i licenziamenti indiscriminati,
gli espropri delle terre fino
ad arrivare all'italianizzazione
forzata dei cognomi e dei toponimi
ricordo che dal 1941, anno della guerra
italiana alla Jugoslavia,
al 1943, non ci fu villaggio dei
territori occupati che non abbia
avuto case bruciate o che non sia stato
interamente raso al suolo
ricordo che non ci fu una sola famiglia
jugoslava che non abbia
avuto uno o più membri deportati o
fucilati
ricordo che nel 1943 la repressione
nazifascista dell'insurrezione
popolare in Istria costò 13.000 vittime
fra morti e feriti
ricordo che le vittime dell'occupazione
italiana in Jugoslavia furono oltre 200.000
ricordo che 11.600 di loro, soprattutto
vecchi e bambini, morirono di inedia e malattie nei campi
di concentramento italiani
ricordo che per loro non c'è nessun
"giorno del ricordo", nessun monumento e nessuna piazza o
via a rievocarli
ricordo che fu questo a determinare
l'eliminazione di decine di fascisti e collaborazionisti, poi
gettati nelle foibe, e fu sempre questo
a determinare il clima in cui maturarono anche vendette
personali
ricordo che l'Europa fu liberata grazie
anche al sacrificio di migliaia di partigiani
ricordo che l'Italia è una repubblica
nata dalla Resistenza.
«Di fronte a una razza come la slava,
inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo
zuccherino, ma quella del bastone. Io
credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000
italiani.»
Parole esplicite,
pronunciate da Mussolini durante un viaggio nella Venezia Giulia nel settembre
del 1920
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